"La neve stagionale sta cambiando molto: valanghe tipicamente primaverili si verificano anche a inizio stagione". A tu per tu con chi studia la neve
Claudio Artoni, nivologo, divulgatore scientifico e tecnico all’Università di Milano Bicocca, è ospite della nuova puntata di "Un quarto d'ora per acclimatarsi", il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Anche se ce n’è sempre meno ed è sempre meno imprevedibile, la neve ricopre per diversi mesi all’anno le cime delle Alpi e degli Appennini, e per chi le frequenta, che sia per lavoro o per piacere, è importante imparare a capirla e a gestirla, per non esporsi a più rischi del dovuto. Nella nuova puntata di "Un quarto d’ora per acclimatarsi", il podcast de L’AltraMontagna che, con cadenza settimanale, racconta i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi li vive, le affronta e le studia, parliamo di neve con una persona che la studia, la spiega, la racconta e la vive, Claudio Artoni, nivologo e tecnico all’Università di Milano Bicocca.
"Studiare la neve vuol dire viverla - racconta Artoni - vuol dire uscire dalla cortina con lo zaino con dentro una pala, una sonda, una lente di ingrandimento e un termometro, che sono tutti strumenti che ci permettono di indagare la neve. Poi si tratta di andare in alta quota e scavare una buca e una volta che si è immersi all'interno del manto nevoso, andare a cercare i vari strati".
Leggere il manto nevoso è una passione, oltre che un lavoro: "I vari cristalli e grani mi raccontano la storia che questa neve ha avuto fino a quel momento e il mio ruolo è proprio quello di capire ciò che la neve ci racconta".
Chiaramente, si tratta di "un processo giornaliero che inizia con la stagione invernale e va avanti fino a quando la neve rimane al suolo - spiega -. Ed è un processo anche in cui è facile innamorarsi della neve perché varia continuamente di giorno in giorno, raccontando una storia nuova, ed è sempre in grado di stupirci e di sorprenderci e quindi non si smette mai di imparare".
Artoni è una di quelle persone che è riuscita nell'impresa di rendere la propria passione un lavoro: "Amo la neve e la montagna fin da piccolo e quindi una volta finito il liceo ho deciso di specializzarmi in geologia e poi ho svolto un dottorato di ricerca in Scienze Polari all'Università Ca Foscari di Venezia - racconta -. Poi ho avuto la fortuna di essere assunto dal team dell'Università Milano Bicocca come responsabile tecnico del laboratorio Eurocold, che si occupa proprio della criosfera, e quindi tutto ciò che va dalla neve al ghiaccio".
Nel corso degli anni di studio, ricerca e lavoro con l'acqua allo stato solito, Claudio Artoni è diventato un esperto di fama internazionale: "Ho realizzato diversi corsi, non solo in Italia ma anche in Svizzera, negli Stati Uniti e in Canada, sulle valanghe e ho svolto numerose attività di campo non solo sulle nostre amate Alpi ma anche in luoghi un po' più esotici - spiega -. Per esempio, ho partecipato a quattro spedizioni in Artico, alle isole Svalbard e a una spedizione in Antartide proprio per andare a cercare della neve diversa e delle caratteristiche diverse del manto nevoso".
Occupandosi di questo tema da tanti anni, e studiandolo a fondo, Artoni è la persona perfetta per rispondere a una domanda che probabilmente molti di noi si fanno durante le uscite di scialpinismo: ma il cambiamento climatico sta impattando anche l'attività valanghiva? L'esperto risponde che, in effetti, c'è una forte connessione tra questi elementi: "La neve stagionale sta cambiando molto e così valanghe di neve umida o valanghe di fondo, che prima erano tipicamente primaverili, adesso si realizzano a inizio stagione, anche a dicembre, gennaio e febbraio, quando prima la neve era principalmente secca - spiega -. Inoltre ci sono periodi in cui ci sono grandi nevicate in pochi giorni e si crea un grande sovraccarico del manto nevoso in poco tempo, che si alternano a lunghi periodi di siccità. Queste enormi differenze tra temperatura e precipitazioni rendono il manto nevoso più instabile".
Infine, Artoni spiega che in generale: "La neve sta cambiando anche semplicemente in connessione alla temperatura, con un innalzamento della quota neve che è stimato intorno ai 150 metri ogni innalzamento di grado centigrado. Questo vuol dire che dove prima un tempo nevicava, ora piove o non nevica più, e questo ha una ripercussione non solo sulle attività invernali, come lo sci, ma anche su tutti gli ecosistemi che fanno parte della montagna, perché dove prima c'era neve e quindi anche le valanghe, adesso non c'è più".
Qui è possibile ascoltare la puntata, disponibile anche su tutte le principali piattaforme podcast (Spotify, Apple e Google Podcast, Audible):