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Cultura

"Perché i nostri boschi sono un problema e non un’opportunità?" Un potente messaggio sull'utilizzo responsabile del legno in edilizia

Tornato da Klimahouse 2025, il Prof. Antonio De Rossi (Architetto, Professore ordinario del Politecnico di Torino e membro del nostro Comitato scientifico), dialoga con L'AltraMontagna di legno, edilizia e bioeconomia circolare. La valorizzazione del legno locale attraverso una gestione responsabile delle foreste, secondo l'esperto, rappresenta un’opportunità capace di: "Tenere insieme gestione di enormi spazi oggi abbandonati, nuove economie sostenibili, rigenerazione e rinnovata abitabilità della montagna"

di
Luigi Torreggiani
09 febbraio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La scorsa settimana a Bolzano si è tenuta la ventesima edizione di Klimahouse, la fiera internazionale dell’edilizia responsabile e dell’efficientamento energetico che da vent’anni rappresenta un luogo di fertile dibattito attorno ai temi dell’edilizia sostenibile.

 

Come in ogni edizione, il legno è stato anche quest’anno un assoluto protagonista, tra esposizioni, visite guidate, il premio “Wood Architecture Prize” - di cui avevamo già parlato in questo articolo lo scorso anno - e un interessante convegno organizzato da PEFC Italia, uno dei principali schemi per la certificazione della gestione forestale sostenibile, intitolato: “Legno, edilizia, sostenibilità: alla ricerca della coerenza”.

 

All’evento era presente Antonio De Rossi, Architetto, Professore ordinario del Politecnico di Torino e membro del Comitato scientifico de L’AltraMontagna. Da tempo De Rossi si occupa di trasformazioni contemporanee del territorio e del paesaggio alpino e di storia dell'architettura moderna in montagna. Abbiamo colto l’occasione della sua presenza a Kimahouse e al convegno organizzato da PEFC per porgli alcune domande sul ruolo del legno (e della gestione forestale) nel futuro dell’architettura di montagna e non solo.


Uno dei tanti momenti dedicati al legno di Klimahouse 2025 (fonte: Klimahouse)

Il tema della “ricerca della coerenza” era al centro del convegno di Klimahouse di quest'anno. Quando può definirsi “coerente” la filiera legno-edilizia oggi? Quali sono i parametri fondamentali da analizzare?

 

Iniziamo dicendo che questo incontro organizzato da PEFC Italia, col supporto di realtà importanti come Uncem, ha messo insieme esperti del settore, docenti e ricercatori universitari, forestali, pianificatori territoriali, architetti. Non capita spesso di vedere tutti questi diversi punti di vista sull’universo legno convergere in un dialogo d’insieme. Ma per costruire questa coerenza, è atto necessario.

Oggi queste differenti e specifiche angolazioni sovente risultano lontane e separate tra loro. Non è un caso che diversi relatori abbiano proiettato la nota immagine del cascading, cioè del “processo a cascata”, tratta dal libro Tomorrow’s Timber di Pablo Van der Lugt. Un processo che vede la cosiddetta endless wood regeneration - la rigenerazione senza fine del legno grazie ai boschi e alle foreste - integrata con l’impiego di materiali biobased - dai materiali per l’edilizia fino all’impiego energetico dei cascami -, il tutto dentro un contesto di economia circolare.

Oggi, soprattutto in Italia, questo approccio sistemico e integrato non c’è. Coerenza significa innanzitutto costruire questo, superando i difficili confini che oggi separano la gestione del bosco, il sistema produttivo del legno, la valorizzazione nell’edilizia.

 

Una domanda chiave che è stata discussa nel convegno è la seguente: “Ci sarà abbastanza legno per tutti in futuro?” Che risposta si è dato?

 

Il convegno ha presentato, grazie agli interventi di autorevoli relatori come Antonio Brunori - segretario generale di PEFC Italia - e Renzo Motta – professore di selvicoltura all’Università di Torino - dati ed elementi scientifici conosciuti dagli esperti, ma ancora troppo poco diffusi nel dibattito pubblico. Riporto alcuni temi.

In Italia, come in Europa, le foreste ricoprono più di un terzo delle superfici territoriali, e sono in costante crescita. In Italia più del 30% dei boschi è abbandonato e privo di gestione, mentre questo valore scende sotto il 5% in Austria, Svizzera, Slovenia.

Il settore forestale europeo è gestito in modo molto efficiente: con il 4% della superficie forestale globale, produce il 23% di tutto il legname segato a livello mondiale, utilizzando modalità di gestione forestale sostenibili. Ma più di un terzo della superficie territoriale italiana coperta da boschi e foreste produce solamente lo 0,14% del PIL nazionale, mentre è noto il costo delle importazioni da parte dell’Italia relativamente a questo settore. A questo proposito c’è una forte disparità, considerando tutti i servizi ecosistemici, tra noi e gli altri Paesi: per ogni ettaro di foresta l’Italia produce un valore aggiunto lordo di 40,9 euro/ha, mentre in Francia e Germania tale valore sale rispettivamente a 168 e 158. Perché i nostri boschi sono un problema e non un’opportunità? Un’opportunità capace di tenere insieme gestione di enormi spazi oggi abbandonati, nuove economie sostenibili, rigenerazione e rinnovata abitabilità della montagna? Basta andare nella regione austriaca del Vorarlberg per vedere tutto questo.

Alcune proiezioni scientifiche mostrano come sia possibile immaginare un forte impiego in edilizia del legname in edilizia senza intaccare il patrimonio forestale. Personalmente ho sempre negli occhi la sequenza di incendi sistemici che ha colpito il Piemonte nell’autunno del 2017 per quasi un mese, connubio di cambiamento del clima e abbandono. Un futuro assai probabile, se non lavoriamo su questi temi.


Una scuola in legno nella regione del Vorarlberg, in Austria (fonte: ArchAlp)

Dal punto di vista di chi progetta in legno, privilegiando il massiccio e la materia prima locale, quali sono le principali riflessioni che ha raccolto in questo convegno e dall'edizione 2025 di Klimahouse in generale?

 

Mi pare che anno dopo anno stia crescendo la consapevolezza della molteplice natura del materiale legno. In questo senso il convegno è stato molto importante. Non c’è più solamente la realtà dell’X-lam e delle grandi aziende produttive come quelle altoatesine. Da un lato ci sono le innovazioni e le sperimentazioni dell’augmented wood e del legno ingegnerizzato con le loro incredibili performance in termini di altezze, velocità di costruzione, prestazioni statiche e strutturali; dall’altro lato il recupero - anche in termini di estetica architettonica, che sembra un tema banale, ma non lo è - del legno massello di provenienza locale. In mezzo, una infinità di possibilità e soluzioni intermedie, ben espresse dai progetti finalisti del Wood Architecture Prize di quest’anno. Ognuna di queste possibilità si porta dietro sistemi e modalità produttive, competenze tecniche, configurazioni architettoniche, rapporti col contesto ambientale e economico locale, che sono di natura specifica. Capire che non esiste il legno, ma differenti modi di darsi a questo materiale, è oggi tema centrale, anche per poter configurare politiche di sviluppo e finanziamento in stretto rapporto con i contesti territoriali. È indubbio che il recupero del massello come materia non solo per le finiture, ma per la costruzione vera e propria, rappresenta un incredibile potenziale per nuove dinamiche di sviluppo delle aree interne e montane del nostro Paese, che costituiscono circa il 60% del territorio italiano e il 22% della popolazione nazionale, e dove insistono la quasi totalità delle foreste e dei boschi della penisola. Pensiamo alle migliaia di posti di lavoro che si potrebbero creare, favorendo una nuova abitabilità della montagna.


L'interno delle Casermette di Moncenisio, progetto premiato con menzione speciale al Wood Architecture Prize 2025 (fonte: Politecnico di Torino)

Un suo progetto è stato anche premiato al Wood Architecture Prize con la menzione speciale della giuria. Cosa la rende particolarmente orgoglioso di questa realizzazione?

 

Questo premio è solamente l’ultimo di una serie di riconoscimenti ottenuti dall’inaugurazione, nel gennaio 2024, delle Casermette di Moncenisio, che ho progettato insieme a Laura Mascino, Edoardo Schiari, Matteo Tempestini e Maicol Guiguet (ne abbiamo parlato qui, qui e qui). Credo che la ragione di questo piccolo successo, al di là delle valenze formali ed estetiche, stia nella capacità di questo progetto di tenere insieme tanti differenti aspetti: il riuso di un bene abbandonato, il suo riutilizzo a servizio della comunità locale, l’essere energeticamente autosufficiente, e soprattutto l’impiego di legname di filiera locale, proveniente dai vicini boschi di Venaus e Mompantero, anche in un’ottica di costruzione di nuove economie del luogo. Il Covid, in fondo non così paradossalmente, facendo venire meno gli approvvigionamenti consueti, ha obbligato le imprese edilizie locali a rivolgersi ai produttori di legname presenti in valle, dando vita a nuove piccole filiere. Un risvolto positivo nella tragedia pandemica. Il tutto in un comune a quasi 1.500 metri d’altitudine e a poche centinaia di metri dal confine con la Francia, che per diversi anni è stato in testa alla classifica delle municipalità più piccole d’Italia, e che oggi sta vivendo invece una promettente stagione di rinascita e rivitalizzazione.

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