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Cultura

Nei bagni delle stazioni di servizio autostradali spuntano poster di alberi, ma è un disastro botanico. Due errori incredibili, che fanno riflettere

All'interno di grandi poster appesi in giro per l'Italia nei bagni delle stazioni di servizio un olmo diventa faggio e un ippocastano si trasforma in castagno. Errori che fanno sorridere, ma anche riflettere

di
Luigi Torreggiani
04 febbraio | 06:00

Freccia a destra, stazione di servizio Aglio Est. Breve sosta “caffè + pipì”, un classico.

 

Scendo le scale e mi avvio verso i bagni, non il luogo più piacevole al mondo. Eppure, appena entrato percepisco un’atmosfera insolitamente accogliente: le toilette sono state rimodernate da poco, sembrano pulite e al posto del classico, anonimo grigiastro domina il color albicocca insieme ad un bel verde. Potrà sembrare strano, ma mi sento quasi in un ambiente familiare.

 

Capisco il perché mentre mi lavo le mani: dai grandi specchi realizzo di cos’è fatto quel verde: alle pareti sono appesi dei grandi poster che ritraggono degli alberi, in particolare degli appariscenti dettagli di foglie.

 

Scrollo la testa e sorrido. Penso che questo è davvero il momento degli alberi. Tutti ne parlano, tutti si avventurano a narrarne la bellezza, l’utilità, addirittura la presunta intelligenza, tutti li “tirano per la giacchetta” (o meglio, per i rametti): dalle “Archistar” ai pubblicitari, dai politici agli artisti. A parte alcune palesi assurdità che si leggono e si sentono in giro e che cerco spesso di decostruire, è indubbiamente un bene. Mi sento felice che anche qui, addirittura nei cessi della stazione di servizio, sia stato scelto di dare visibilità al mondo arboreo.

 

Da forestale-comunicatore assai curioso mi avvicino a uno dei poster per osservarlo meglio e… no, non ci posso credere.

 

Leggo “castagno”, ma la foglia è chiaramente quella di un ippocastano. Si tratta di due specie diversissime, anche se accumunate da un seme simile (una castagna): Castanea sativa la prima, Aesculus hippocastanum la seconda. Pianta autoctona la prima, esotica la seconda. Scoppio in una risata mentre i miei “compagni di WC” si voltano di scatto, distogliendosi dalle loro delicate operazioni.

Facendo finta di nulla passo ad analizzare il secondo poster e… se di fronte al finto castagno sono rimasto incredulo, qui mi trovo del tutto basito. C’è scritto “faggio”, ma le foglie ritratte non sono affatto di faggio! Si tratta probabilmente di olmo.

È incredibile: due specie su due completamente sbagliate! Per fortuna il terzo poster è corretto: un acero riccio chiamato semplicemente acero. 

 

Frugo allora nelle tasche, estraggo lo smartphone e mi preparo ad immortalare questa catastrofe botanica. Noto però che un uomo di origine asiatica mi fissa in modo torvo: pensa evidentemente che sia un maniaco che fotografa gli altri uomini intenti nell’espletare i propri bisogni nei vespasiani. Allora scatto in fretta due foto, rimetto in tasca il telefono ed esco rapidamente, in evidente imbarazzo (se le foto inserite in questo articolo non sono bellissime perdonatemi, ma è colpa di quel signore indignato).

 

Risalgo rapidamente le scale e ordino il caffè, senza smettere per un secondo di pensare a quei due improbabili errori consecutivi (e assicurandomi che il tizio non mi abbia seguito). Ironia della sorte, mi trovo lungo la A1, nei pressi del valico appenninico tra Firenze e Bologna. Tutt’attorno, penso, si estendono a perdita d’occhio proprio castagneti e faggete, boschi che da secoli accompagnano la vita delle comunità di questi luoghi.

 

Mentre il barista appoggia la tazzina al bancone penso che quei due errori da secca bocciatura all’esame di botanica non sono lì a caso. Si fanno metafora della frattura sempre più profonda tra la nostra società, che corre nel traffico autostradale in cui sono immerso, e quella distesa di monti silenziosi che sta là fuori, un po’ sonnecchiante nell’indifferenza generale.

 

Mentre sorseggio il caffè insieme ad altri clienti penso che in questo strano luogo, identico a tanti altri luoghi posti capillarmente in lungo e in largo per il Paese, passa ogni giorno un’umanità variegata. Una moltitudine di persone di ogni tipo che grazie a poster come quelli potrebbero capire qualcosina in più delle montagne e degli spazi naturali che circondano questi serpentoni di asfalto e cemento.

 

In quei poster potrebbero essere ritratti, ad esempio, alcuni degli Alberi Monumentali presenti nelle vicinanze, o le più belle foreste della zona, o gli scorci di parchi e aree protette limitrofe. Non un generico albero immortalato da una banale foto di stock, per di più con il nome sbagliato della specie! Ma che sensibilizzazione è questa?

 

Quegli alberi dei bagni, mi chiedo, sono stati scelti come meri elementi d’arredo utili a rendere più accogliente un luogo normalmente ripugnante? Oppure anche come simboli (ormai abusati) di un generico approccio “green” dell'azienda che li gestisce? Perché è stato scelto di mettere il nome della specie senza però poi fare un semplicissimo, banalissimo controllo? Ma soprattutto, perché nessuno, in uno studio di architettura di chissà dove, ha pensato di legare quei poster al territorio? Sarebbe stato così assurdo chiedere alle comunità delle varie zone d'Italia di scegliere cosa mostrare? Si sarebbe data loro un’enorme occasione di visibilità e, quantomeno, ci si sarebbe assicurati di non inciampare in evidenti figuracce botaniche.

 

L’uomo che mi reputa un maniaco ha risalito le scale e si dirige dritto verso di me. Corro in fretta fuori, accendo l’auto e riparto a tutto gas.

 

A destra e sinistra scorrono boschi su boschi, per chilometri e chilometri. Mi chiedo in quanti, tra i guidatori e i passeggeri di auto, bus e camion che mi ronzano attorno, sanno chiamare per nome questi luoghi, questi alberi, queste montagne. 

l'autore
Luigi Torreggiani

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato per CdF “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini. Per People ha pubblicato “Sottocorteccia. Un viaggio tra i boschi che cambiano”, scritto a quattro mani con Pietro Lacasella. 

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