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Ambiente

Dagli pneumatici alle vette più alte delle Alpi: nei ghiacciai nanoplastiche provenienti dall'usura dei copertoni delle auto

La plastica (o le sue tracce) sono ormai ovunque, anche sulle cime e sui ghiacciai. Uno studio appena pubblicato su Nature approfondisce la provenienza delle nanoplastiche nei ghiacciai d’alta quota sulle Alpi, e lo fa grazie a una ricerca sul campo condotta attraverso un approccio innovativo di "citizen science" basato sul coinvolgimento di alpinisti esperti nella raccolta di campioni di neve in zone difficilmente accessibili agli scienziati

di
Sofia Farina
08 febbraio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Siamo ormai abituati a sentire parlare della presenza di plastica (o di sue tracce) ovunque: dagli oceani alle cellule della placenta, sembra che nessun ecosistema o essere vivente sia ormai immune da questa forma di inquinamento. Per questo motivo, non stupirà scoprire che anche le cime più remote del pianeta sono caratterizzate dalla presenza di questo materiale, in diverse forme. Uno studio appena pubblicato su Nature, approfondisce il tema della presenza di nanoplastiche nei ghiacciai d’alta quota, e lo fa grazie a una ricerca sul campo condotta attraverso un approccio innovativo di "citizen science" (che vuol dire "scienza partecipata") basato sul coinvolgimento di alpinisti esperti nella raccolta di campioni di neve in zone difficilmente accessibili agli scienziati.

 

Quando parliamo di nanoplastiche, ci riferiamo a delle particelle di plastica che hanno dimensioni inferiori a un micrometro, originate dalla frammentazione di rifiuti plastici più grandi o rilasciate direttamente sotto forma di microsfere contenute in cosmetici e detergenti. Il motivo per cui queste particelle risultano particolarmente rilevanti è proprio la loro onnipresenza nell’ambiente: sono state ritrovate non solo nei fiumi e negli oceani, ma anche nell’aria e nelle precipitazioni.

 

Per quanto riguarda le montagne, il trasporto atmosferico gioca un ruolo chiave nella diffusione delle microplastiche fino alle regioni più remote: infatti, la plastica viene sollevata dai venti, viaggia per lunghe distanze e si deposita poi attraverso la pioggia e la neve, contaminando gli ecosistemi più isolati.

Sebbene già studi precedenti avessero individuato microplastiche in ghiacciai di tutto il globo, la nuova ricerca ricerca conferma che anche le particelle più piccole vengono trasportate attraverso l’atmosfera fino a depositarsi in ambienti estremi come le vette alpine. Infatti, i ricercatori hanno analizzato campioni di neve raccolti su 14 siti oltre i 3.100 metri di quota, individuando la presenza di nanoplastiche in cinque di essi. Le concentrazioni rilevate variano tra i 2 e gli 80 nanogrammi per millilitro di neve sciolta, con una prevalenza di particelle derivanti dall’usura degli pneumatici, polistirene e polietilene.

 

Per raccogliere i campioni in luoghi così remoti, i ricercatori hanno collaborato con la spedizione alpinistica High Level Route (di cui si possono trovare i dettagli qui). Questa si è snodata attraverso un percorso impegnativo che ha attraversato alcune delle aree glaciali più remote delle Alpi. Partendo dai ghiacciai di Zmutt, Stockji e Tsa de Tsan, il team ha raggiunto l'Arolla Glacier per poi proseguire attraverso il Col de l'Eveque e il Mont Collon, fino a scendere all'Otemma Glacier. La traversata ha incluso il Durand Glacier, il Plateau du Couloir e il Glacier de Corbassière, per poi toccare punti iconici come il Glacier d'Argentière, il Glacier du Geant e la Mer de Glace, terminando con la traversata dell'Aiguille du Midi.

 

La squadra di alpinisti esperti che l'ha portata avanti ha seguito un protocollo rigoroso per prelevare campioni di neve senza contaminarli con plastiche esterne: equipaggiati con kit di campionamento pre-puliti e sigillati, hanno raccolto e conservato i campioni durante la loro traversata su ghiacciai remoti, raccogliendo campioni in oltre 50 siti lungo il percorso. L'uso della citizen science in questa ricerca non solo ha reso possibile il campionamento in luoghi estremi, ma ha anche coinvolto direttamente la comunità alpinistica nella sensibilizzazione sul problema dell’inquinamento atmosferico da plastica.

Il passaggio successivo è stato realizzato dai ricercatori, che utilizzando dei modelli di dispersione atmosferica, sono riusciti a ricostruire il percorso compiuto dalle particelle raccolte, individuando le principali fonti di emissione nei paesi a ovest delle Alpi, tra cui Francia, Spagna e Svizzera. Risultato? L’inquinamento proviene principalmente dal traffico veicolare e dall’industria, le particelle emesse vengono sollevate dal vento, trasportate per centinaia di chilometri e infine depositate sui ghiacciai attraverso le precipitazioni.

 

Nonostante gli effetti delle nanoplastiche sugli ecosistemi e sulla salute umana siano ancora poco conosciuti, si teme che queste particelle possano entrare nella catena alimentare attraverso l’acqua di fusione dei ghiacciai. Inoltre, la loro presenza in zone così remote evidenzia quanto sia pervasivo l’inquinamento da plastica e la necessità di ridurre drasticamente la produzione e il rilascio di rifiuti plastici nell’ambiente.

 

Questo studio rappresenta un passaggio fondamentale per comprendere meglio il fenomeno dell’inquinamento da plastica in alta quota e per sviluppare, quindi, strategie di mitigazione e inoltre mostra, ancora una volta, come la scienza partecipata sia uno strumento prezioso per monitorare il nostro pianeta, coinvolgendo attivamente la società nella ricerca e nella protezione dell’ambiente, fornendoci così un insegnamento per il presente e il futuro: con un impegno condiviso tra scienza, istituzioni e cittadini è ancora possibile, forse, proteggere le terre alte del pianeta.

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