È l’unico alpinista in vita a poter raccontare la prima ascensione a due 8.000: "Alpinisti di pianura" ci accompagna nelle storie di tre grandi 'montanari'
L’Emilia-Romagna, per circa metà terra di pianura alluvionale e per l’altra metà convintamente appenninica, per una volta ma soprattutto con un potente esercizio di immaginazione, attraverso questo mini documentario si fa campo base di una scalata che sottoforma di racconto ci porta a rivivere le gesta di tre uomini che hanno amato la montagna alla follia
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di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Un omaggio a chi la montagna ce l’ha nel sangue pur non avendo la fortuna di avere le grandi vette vicino a casa. Un inno a chi non per forza, e a tutti i costi, ambisce al jet set alpinistico mondiale. A un giornale come il nostro, che è nato anche in risposta a un certo elitarismo di settore, con l’obiettivo di una narrazione altra e meno stereotipata delle terre alte, questo piccolo documentario, lungo appena 12 minuti, pare qualcosa di importante. Sicuramente da guardare.
“Alpinisti di pianura”, regia di Vittorio Martone, riprese e montaggio di Marco Argese, non a caso è il primo episodio del 2025 di “Traguardi! Sport e territorio in Emilia-Romagna”, il format con cui il servizio di comunicazione per la rete degli enti pubblici dell’Emilia-Romagna, LepidaTv, mette sotto i riflettori avvenimenti meno conosciuti, ad alto impatto popolare o di grande coinvolgimento emotivo.
L’alpinismo viene raccontato in modo tenue e delicato, con la voce, le fotografie, i libri, i film e i ricordi di tre uomini che, per quelle strane giravolte che la vita sa riservare, in pianura vivono da sempre, ci hanno vissuto o ci vivono lo stretto indispensabile. Ed è, in definitiva, il confronto tra due, forse tre, generazioni di appassionati della montagna. Un po’ come - ci piace pensare - potremmo essere noi.
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Sono Davide Chiesa, lo scrittore e alpinista che nel 2017 da Castel San Giovanni (Piacenza) ha raggiunto l’Everest; il 92enne austriaco Kurt Diemberger, Piolet d’Or alla carriera, da anni in quiescenza sull’appennino bolognese e a oggi l’unico alpinista in vita a poter raccontare la prima ascensione a due 8mila; Mario Fantin, l’alpinista-regista bolognese che nel 1954 partecipò alla spedizione italiana di conquista del K2 e morto suicida nel 1980.
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Nonostante la brevità e la stringatezza del documentario, che risponde a un’esigenza di format e di produzione, si apprezzano alcune scene senza tempo tratte, per esempio, dalla versione restaurata di un film come "Italia K2" del 1955 di Marcello Baldi, che racconta la storica prima conquista italiana del K2 avvenuta l’anno prima, e un’intervista esclusiva ad Andrea Meneghelli della Cineteca di Bologna, che ha restaurato questo film e sostenuto un'ampia operazione di recupero del repertorio cinematografico di Mario Fantin.
L’Emilia-Romagna, per circa metà terra di pianura alluvionale e per l’altra metà convintamente appenninica, per una volta ma soprattutto con un potente esercizio di immaginazione, attraverso questo mini documentario si fa campo base di una scalata che sotto forma di racconto ci porta a rivivere le gesta di tre uomini che come noi amano, o hanno amato, la montagna alla follia.
Per chi volesse il minidoc è disponibile per la visione online qui. Assolutamente libero e accessibile a chiunque.