“È come se ci fossero due inverni allo stesso tempo: uno nevoso in quota, e uno avaro di neve a quote medio-basse”: l'aggiornamento di Fondazione Cima sulle risorse nivali della penisola
E' stato pubblicato l'ultimo aggiornamento riguardo le risorse nivali di Alpi e Appennini realizzato da Fondazione Cima con cadenza mensile. I dati che emergono sono confortanti per la regione alpina, dove il deficit degli scorsi mesi è stato quasi colmato, ma rimangono preoccupanti per l'Appennino
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Puntuale come un orologio svizzero, con l’inizio del mese arriva l’atteso rapporto periodico della Fondazione Cima sulle precipitazioni nevose e sullo stato delle risorse idriche montane italiane. Sebbene le copiose nevicate di febbraio e marzo siano state preziose e abbiano permesso di annullare il deficit idrico a livello nazionale, è bene sottolineare che rimangono delle differenze sostanziali tra Alpi e Appennini e tra le diverse quote.
Lo snow water equivalente (SWE), ovvero l’acqua contenuta nella neve, il parametro monitorato sulle aree montuose dell’intera penisola da parte del centro di ricerca, a livello nazionale è uscito dalla situazione di deficit che aveva caratterizzato i mesi precedenti ed è per la prima volta in leggerissimo (+1%) surplus rispetto alla media degli ultimi anni. Per la prima volta dall’inizio della stagione invernale, arrivano dunque buone notizie circa la riserva d’acqua sotto forma di neve sulle nostre montagne, che sarà preziosa nei mesi più caldi.
Anche in questo caso però non è possibile tirare un sospiro di sollievo, perchè ciò che non emerge dalle medie effettuate sull’intero territorio italiano sono le differenze tra le diverse regioni, catene montuose e soprattutto quote. Infatti mentre nel nord della penisola il deficit è stato colmato, in particolare alle quote più elevate e con valori particolarmente positivi per il Po, nel sud e al di sotto dei 2000 metri di altitudine rimane marcato.
Come evidenziato nel comunicato stampa della Fondazione, citando l’idrologo Francesco Avanzi: “I dati sullo SWE sono in forte ripresa per le Alpi, ma ancora in deficit per quanto riguarda gli Appennini. La ragione di queste differenze è, come sempre, legata a precipitazioni e temperature”. In particolare, spiega Avanzi “Questo mese di marzo è stato più piovoso sia al Nord sia al Centro. Tuttavia, specialmente sugli Appennini, le temperature si sono mantenute elevate per tutta la stagione invernale: in marzo, per esempio, si sono registrati +2,5°C rispetto allo scorso decennio. Questo ha portato a una penuria di nevicate sugli Appennini, e alla fusione precoce di quella poca neve accumulatasi in quelle zone durante l’inverno”. A nord, invece, grazie alle temperature di marzo più in linea con quelle dello scorso decennio, le abbondanti precipitazioni hanno potuto dar luogo ad un accumulo di neve che non si registrava da due anni.
Una precisazione che merita di essere fatta è relativa alle differenze alle diverse quote: lo snow water equivalent è positivo sopra i 1800-2000 metri ma al di sotto di questa quota, però, il deficit rimane significativo. Avanzi ha commentato così: “È come se ci fossero due inverni allo stesso tempo: uno nevoso in quota, e uno avaro di neve a quote medio-basse”.
Il divario tra nord e sud è particolarmente evidente se si guardano i dati dei singoli bacini idrografici, infatti mentre sul Tevere si registra ancora un deficit del -80% rispetto al periodo storico, per l’Adige l’anomalia è appena del -4% e per il Po, che ha addirittura triplicato la sua risorsa idrica novale da febbraio a oggi, e l’acqua contenuta nella neve è al +29%. Sui bacini, commenta così il ricercatore: “Se e quanto l’acqua ora finalmente presente nel bacino del Po sotto forma di neve potrà sostenere i mesi primaverili ed estivi, però, dipende dalle temperature. I dati ci hanno mostrato un significativo incremento dello snow water equivalent tra l’inizio e la metà di marzo, che stava però per essere seguito da un rapido declino, interrotto solo dalle ulteriori nevicate in arrivo. In altre parole, le temperature elevate possono ancora causare, anche sulle Alpi, fusioni precoci: perché sia davvero utile nei periodi in cui l’acqua ci è più necessaria, la neve deve restare tale ancora per alcune settimane”.