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Cultura

Un viaggio eccezionale tra paesaggi ormai difficili da osservare: alla scoperta di un'Italia scomparsa o in parte mutata

È possibile esplorare il processo socio-culturale che ha portato alla formazione del paesaggio? Al Castello di Novara 70 opere d'arte ci accompagnano lungo un percorso durato quasi cento anni

di
Pietro Lacasella
23 gennaio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Immaginate di sedervi sul bordo prealpino orientato verso la Pianura padana, con le gambe incrociate sull’erba di un pascolo e lo sguardo che scivola lentamente insieme alla terra, alla ricerca di una quiete orizzontale.

 

In questo esercizio di immaginazione, i nuclei abitativi si espandono però con minore spavalderia, mentre le coperture cinerine dei capannoni, di cui oggi la Pianura è disordinatamente cosparsa (il poeta Andrea Zanzotto definì questo processo "un'erosione anche fisica del territorio attraverso forme di degradazione macroscopica dell'ambiente"), cedono il passo a una tonalità verde-bruna che sfuma lentamente all’orizzonte facendosi riflesso di una configurazione economica differente.

 

La vista si posa inoltre su un paesaggio privo dei campi regolarissimi nati dall’odierna meccanizzazione agricola che, a mo’ di scacchiera, riempiono i vuoti lasciati dall’industria.

 

Oggi si può tuttavia viaggiare tra i connotati di quest’impostazione paesaggistica - ancora salda a cavallo tra 1800 e 1900 - non solo servendosi dell'immaginazione, ma anche per merito dei capolavori artistici che hanno superato le sfide del tempo.

Una valida testimonianza la offre un quadro, intitolato Arses, di Filippo Carcano, attualmente esposto al Castello di Novara dove, fino al 6 aprile, è possibile visitare una mostra dedicata alla pittura di paesaggio tra Piemonte e Lombardia dagli anni Venti dell’Ottocento al primo decennio del Novecento.
Dall’alto delle Prealpi bergamasche Carcano coglie l’immensità della Pianura, amplificata dalle brume che la velano senza nasconderla del tutto. Nella veduta aerea si scorgono ad esempio il fiume Adda e il piccolo lago di Sartirana.

Anche grazie all’arte abbiamo dunque la possibilità di esplorare l'eccezionale stratificazione socio-ambientale su cui poggiano gli attuali paesaggi, che sono appunto il risultato dell'incessante interazione tra dinamiche antropiche e naturali. L’esposizione, che conta oltre 70 opere, concede al visitatore l’opportunità di muoversi su un doppio binario: quello artistico, attraverso l’evoluzione stilistico-espressiva della pittura, e quello geografico, che stimola un costante confronto con il passato evocato dai dipinti. Un passato storicamente non molto lontano - tant’è che alcuni elementi risuonano ancora familiari -, ma culturalmente lontanissimo, perché si è trasformato il nostro sguardo sul mondo; sono mutati i criteri con cui interpretiamo il territorio.

Da Migliara a Pellizza da Volpedo; da Fornara a Segantini: le opere ci accompagnano nei paesaggi irrequieti dell’alta montagna, con lingue glaciali ancora ampie e vigorose; tra pascoli alpini e reticoli cittadini; sui riflessi placidi dei laghi pedemontani; a pochi passi dagli sbuffi caliginosi di una locomotiva; sul crinale prealpino che, come una massicciata calcarea, sorge dalla pianura.

Le tele, finestre aperte sul passato, lanciano interrogativi sul presente: così, una volta terminato il percorso espositivo e inforcata la strada di casa, le riflessioni non perdono slancio, ma corrono invece rapide assieme ai paesaggi che avvolgono la nostra esistenza.

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