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Ambiente

Tra siccità e alluvioni: l'estate 2024 ha visto un'Italia spaccata in due. Ma cosa succede nel resto del mondo?

Mentre in Italia ci avviamo alla conclusione dell'estate più calda mai registrata, segnata (come la scorsa) da alluvioni e siccità, vi proponiamo l'esercizio di allargare lo sguardo per osservare cosa sta succedendo alla risorsa acqua nel resto del mondo

di
Sofia Farina
11 settembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

L'agosto 2024 è stato il più caldo mai registrato e gli ultimi tre mesi sono stati complessivamente l'estate più calda da quando sono iniziate le registrazioni moderne. Agosto 2024, così, diventa il quindicesimo mese consecutivo di temperature mensili da record. Queste sono le notizie divulgate oggi da Nasa Climate Change, al termine delle analisi statistiche sui dati degli ultimi mesi. 

 

E se per noi, in Italia, questa è stata l’ennesima estate del nuovo millennio caratterizzata da una penisola spaccata in due, con le Alpi sommerse da precipitazioni estreme che hanno distrutto strade, abbattuto ponti e isolato borgate e paesi, e il centro sud alle prese con i razionamenti idrici, i laghi essiccati e il settore agricolo in ginocchio a causa della loro assenza, ogni tanto è utile allargare lo sguardo per guardare cosa succede al di là dei confini nazionali. 

 

Compiendo questa operazione ci accorgiamo che, all’incirca, tanti paesi nel mondo stanno combattendo contro un’estrema siccità e circa altrettanti sono alle prese con violente alluvioni che stanno spazzando via centinaia di vite. 


Alluvione in Bangladesh. Fonte: Wikimedia Commons

Tra le situazioni che stanno destando più attenzione a livello internazionale c’è quella in cui versa il Vietnam, fortemente colpito dal tifone Yagi, la più potente tempesta a colpire il continente asiatico quest’anno, che ha provocato decine di morti nel nord del paese, a causa delle frane e delle inondazioni, e danni diffusi alle infrastrutture e alle fabbriche mentre si dirigeva verso ovest.

 

Yagi ha tolto la corrente a milioni di famiglie e aziende, ha allagato le autostrade e interrotto le reti di telecomunicazione, abbattuto un ponte di medie dimensioni e migliaia di alberi e ha bloccato l'attività economica in molti poli industriali. Le ultime notizie raccontano dell’esondazione del fiume rosso nella capitale Hanoi, che ha ucciso più di 150 persone. 

 

Notizie analoghe arrivano dal Bangladesh, dilaniato da eventi alluvionali da settimane, e incredibilmente dal continente africano, dove Nigeria, Borno, Marocco e Yemen stanno affrontando precipitazioni eccezionali.

 

Nelle province di Tata e di Errachidia, in Marocco, la quantità di pioggia misurata in due giorni è pari a quella che normalmente cade nella regione in un anno intero. Nella provincia di Ouarzazate sono caduti 47 millimetri di pioggia in tre ore e a Tagounite, vicino al confine con l'Algeria, sono caduti 170 millimetri, secondo il servizio meteorologico.


Alluvione in Bangladesh. Fonte: Wikimedia Commons

Solo in Marocco, le inondazioni hanno distrutto 40 case e danneggiato 93 strade, colpendo anche le infrastrutture per il trasporto dell'acqua potabile, l'elettricità e le reti telefoniche.

 

Numeri che, seppur spaventosi, impallidiscono di fronte ai bollettini che arrivano dal Bangladesh, dove secondo le Nazioni Unite oltre 18 milioni di persone sono state colpite da queste gravi condizioni monsoniche, con più di 1,2 milioni di famiglie intrappolate a causa delle alluvioni improvvise che hanno sommerso vaste aree della parte orientale e sudorientale del Paese. Sono stati segnalati danni ingenti anche a strade, coltivazioni e pesca, con un grave impatto sui mezzi di sussistenza. 

 

In Borno (uno degli stati della Nigeria), invece, le ingenti precipitazioni hanno portato al collasso della diga di Alau, che a sua volta ha causato l'allagamento delle comunità lungo le aree fluviali, comprese le strade principali, le scuole e gli ospedali. Le inondazioni hanno colpito gravemente diverse comunità.

 

Contemporaneamente, diverse regioni del globo si trovano alle prese con il problema opposto: la siccità. Così come la Sicilia e la Sardegna, anche altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo hanno passato un’estate alle prese con la carenza d’acqua, come la Grecia e il Portogallo

 

Racconti drammatici arrivano anche dagli Stati Uniti, in Ohio, dove pochi giorni fa è stato dichiarato lo stato di calamità naturale e dove il settore agricolo sta affrontando impatti senza precedenti nella storia recente. 

 

Una situazione analoga si sta realizzando in Brasile e in Paraguay. Proprio ieri Lula è volato in Amazzonia in un clima di crescente allarme. Parlando durante una visita a una comunità fluviale vicino alla città di Tefé, il presidente brasiliano ha detto che l'Amazzonia sta soffrendo la peggiore siccità degli ultimi 40 anni. Ha detto di essere venuto a scoprire “cosa sta succedendo a questi potenti fiumi” che in alcuni punti assomigliano ormai a dei deserti. “Mi sembra che le cose stiano peggiorando, anno dopo anno”, ha detto Lula visitando le comunità colpite dalla siccità nello Stato di Amazonas, dove tutti i 62 comuni hanno dichiarato lo stato di emergenza. Secondo quanto riferito, più di 340.000 persone sono state colpite.  


Siccità in Amazzonia. Fonte: Wikimedia Commons

Anche spostando lo sguardo al continente africano, troviamo un panorama simile. “Sudan e Ciad colpiti da inondazioni, mentre il Lesotho è colpito dalla siccità” hanno dichiarato i portavoce delle Nazioni Unite, che da settimane stanno portando aiuti umanitari in questi paesi. In Lesotho, già da due mesi il governo ha dichiarato lo stato di calamità nazionale per insicurezza alimentare a causa dell’impatto di questa storica siccità, innescata da El Niño, sui raccolti dalla stagione agricola.

 

Adottare una prospettiva globale, quando si parla di cambiamento climatico, può essere un processo complesso e può avere effetti forti sulla nostra salute mentale, generando sentimenti di eco-ansia. Tuttavia, rimane un esercizio importante e utile, per ricordarci che a subire gli impatti delle nostre scelte di vita non siamo solo noi, ma anche (e spesso soprattutto) chi vive dall’altro capo del globo.

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