"A guidare la deglaciazione è l'aumento delle temperature": il bilancio di massa 2024 al Ghiacciaio Ciardoney è negativo nonostante lo straordinario innevamento primaverile
Il gruppo di lavoro che comprende la Società Meteorologica Italiana, Arpa Piemonte e il Parco Nazionale Gran Paradiso ha recentemente eseguito le consuete misure di bilancio di massa e variazione frontale al Ghiacciaio Ciardoney in Valle Soana, in provincia di Torino
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il gruppo di lavoro che comprende la Società Meteorologica Italiana, Arpa Piemonte e il Parco Nazionale Gran Paradiso ha recentemente eseguito le consuete misure di bilancio di massa e variazione frontale al Ghiacciaio Ciardoney (Valle Soana, Torino).
Come emerge dalle analisi degli esperti, il caldo marcato e ininterrotto del bimestre luglio-agosto 2024 ha determinato la completa fusione non solo dello straordinario manto nevoso primaverile (che ammontava a 5 metri a inizio giugno), ma anche del ghiaccio sottostante per spessori variabili tra circa 55 centimetri e 220 centimetri.
"Il bilancio di massa della stagione idrologica 2023-24 è valutato in -1,04 metri di acqua equivalente, una perdita relativamente contenuta rispetto a quelle gravose degli anni recenti, tuttavia sorprende come - di fronte all'aumento delle temperature e della fusione estiva - nemmeno un'alimentazione nevosa straordinaria a scala pluridecennale sia riuscita a scongiurare un bilancio di massa negativo a fine estate" commentano gli esperti.
Come conseguenza delle perdite di massa minori rispetto al consueto e di una più lunga permanenza della neve, fino a metà agosto, in prossimità del segnale di misura, il margine frontale del ghiacciaio si è ritirato poco, di soli 2.5 metri rispetto a metà settembre 2023. Si tratta della variazione più modesta dell'ultimo decennio, da quando la fronte regredì di appena 1.5 metri nel biennio 2013-14 caratterizzato da abbondante innevamento ed estati dal caldo moderato. Ad ogni modo, il regresso cumulato dal 1971 ammonta a circa 540 metri.
Questo dato è molto significativo proprio perché dimostra che (nonostante l'ottimismo di fine primavera) emmeno una stagione di accumulo nevoso particolarmente abbondante e favorevole sia stata in grado di evitare - dopo due mesi estivi di fusione intensa e continua - l'ennesimo bilancio di massa negativo. Per pari quantità di alimentazione nevosa, la situazione sarebbe stata molto differente "nei più freschi decenni precedenti gli Anni Novanta-Duemila".
Come spiegano gli esperti di Nimbus, questo confrma che "a guidare l'attuale deglaciazione è soprattutto l'aumento delle temperature estive che accelera l'esaurimento del manto nevoso stagionale e allunga il periodo di esposizione dei ghiacciai a radiazione solare e temperature sopra 0 °C, intensificandone la fusione, mentre le precipitazioni invernali, più o meno abbondanti tra un anno e l'altro e pressoché stazionarie a lungo termine sulle Alpi, hanno un ruolo marginale in questa evoluzione.
Informazioni più approfondite sulle tendenze secolari relative alla neve si possono trovare qui, grazie a uno studio recentemente pubblicato e guidato da Michele Bozzoli di Eurac Research.
Inoltre, commentano: "L'annata 2024 ribadisce che il clima attuale, e a maggior ragione quello ancora più caldo dei probabili scenari climatici e glaciologici futuri, è del tutto ostile alla conservazione dei ghiacciai alpini soprattutto a quote inferiori a 3500 m, fossili climatici in totale disequilibrio e destinati a estinguersi nell'arco di pochi decenni al di là di temporanee situazioni un po' meno sfavorevoli che - come quest'anno - di quando in quando potranno pur sempre manifestarsi".