In gonna, jeans, scarpe da ginnastica e tacchi sull'Etna per ammirare la colata lavica. Il Soccorso: "Troppe persone impreparate salgono solo per una foto"
"Viviamo nell'epoca dei social - spiega Leonardo La Pica, presidente del Soccorso Alpino e Speleologico Siciliano -, che hanno amplificato notevolmente la cosa: lo spirito "emulativo" di chi vuole scattarsi una foto perché ha visto che l'amica o l'amico l'ha già fatto ha creato un afflusso incredibile. E, quando aumentano i "numeri", aumentano fisiologicamente anche gli interventi. Siamo stati molto impegnati, soprattutto nei primi giorni e abbiamo istituito un presidio fisso sull'Etna per facilitare il compito dei tecnici"
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di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Che sia uno spettacolo mozzafiato non vi è ombra di dubbio, che non sia uno spettacolo per tutti dovrebbe - il condizionale è d'obbligo, visto quanto sta accadendo - essere altrettanto chiaro. Scolpito a caratteri cubitali nella pietra. Lavica, il tal caso.
E, invece, la colata che si sta verificando in questi giorni sull'Etna, avvolto dalla neve (il colpo d'occhio, dunque, è oggettivamente incredibile), ha scatenato la "febbre da foto" (da pubblicare sui social) e attirato sulle pendici del vulcano siculo migliaia di escursionisti, tanti - troppi - dei quali assolutamente improvvisati.
C'è chi è salito indossando scarpe da ginnastica o, addirittura, nel caso di una ragazza, un elegante stivale con tacco alto, chi in jeans o in gonna. Il tutto per qualche scatto, un selfie da postare su Instagram, emulando così l'amico o l'amica o con il preciso obiettivo di far "invidia" a chi, invece, saggiamente, scegli di non avventurarsi di notte, in inverno, in mezzo alla neve, vicino ad una colata lavica senza l'adeguata preparazione.
Per il Soccorso Alpino e Speleologico Siciliano sono stati e sono ore di super lavoro, al tal punto è stato allestito un presidio fisso in loco per poter ridurre i tempi d'intervento in caso di chiamate. E di richieste d'aiuto ne sono arrivate tante: complessivamente sono state soccorse una trentina di persone, chi perché si era smarrito, chi per un infortunio, chi per il rischio d'ipotermia a causa di abbigliamento e calzature non adeguate al contesto.
"La colata - spiega a L'Altramontagna e Il Dolomiti Leonardo La Pica, presidente del Soccorso Alpino e Speleologico Siciliano -, tra l'altro molto ben alimentata, è scesa sino ad una quota molto bassa, circa 1.850 metri, raggiungibile in nemmeno un'ora di cammino dal parcheggio, con un dislivello di appena 150 metri. Questo ha fatto sì che tantissime persone (si parla di addirittura 2mila presenze nello scorso fine settimana, ndr), seppur prive di esperienza e non vestite nel modo adeguato per affrontare un'escursione ad alta quota, in inverno, per di più di sera o notte, si siano riversate sull'Etna, con tutti i grandi rischi del caso. Viviamo nell'epoca dei social, che hanno amplificato notevolmente la cosa: lo spirito "emulativo" di chi vuole scattarsi una foto perché ha visto che l'amica o l'amico l'ha già fatto ha creato un afflusso incredibile. E, quando aumentano i "numeri", aumentano fisiologicamente anche gli interventi. Siamo stati molto impegnati, soprattutto nei primi giorni e abbiamo istituito un presidio fisso sull'Etna per facilitare il compito dei tecnici".
Diciamocela tutta: chi si avventurerebbe di notte, in inverno, a quasi 2mila metri se non ci fosse la colata da ammirare.
"Quello senza ombra di dubbio e, infatti, stiamo assistendo ad un vero e proprio "boom" in occasione di quest'ultimo evento. E sicuramente il fatto che la colata abbia raggiunto quote basse ha indotto tante persone a salire sull'Etna perché, fosse successo in vetta, a oltre 3mila metri, praticamente nessuno sarebbe stato così folle da avventurarsi, o almeno voglio sperarlo. Non dico che non si debba salire per ammirare la colata lavica, ma se non si sufficientemente esperti, non si conoscono le insidie e le norme "base", bisogna, sottolineo bisogna, affidarsi alle guide alpine o vulcanologiche e non improvvisare pensando "ma sì da, cosa vuoi che sia". Chi agisce così mette a repentaglio la propria incolumità e, conseguentemente, anche quella di chi poi dovrà intervenire per i soccorsi".
Oltre ai rischi legati al buio, al freddo e al terreno lavico, particolarmente accidentato, vi è anche il pericolo legato a possibili esplosioni.
"Sì, assolutamente. Quando la lava entra a contatto con l'acqua, in questo caso con la neve, possono verificarsi esplosioni freatiche o idromagnetiche. Si tratta di un ulteriore rischio in un contesto già di per sé complicato. E, comunque, va sottolineato come anche un infortunio erroneamente considerato "minore", come ad esempio la distorsione di una caviglia, è tutt'altro che di semplice risoluzione, perché comporta il trasporto a mano, visto che stiamo parlando di zone non raggiungibili da mezzi e l'impiego di un gran numero di tecnici. In un ambiente impervio qualsiasi problema si amplifica".
Quanti interventi avete compiuto?
"Una decina, circa, con una trentina di persone coinvolte complessivamente. Siamo stati chiamati in causa per soccorrere sia un singolo individuo che gruppi di persone. Chi si era perso, chi aveva freddo perché non attrezzato adeguatamente, chi per un infortunio".
Non siete arrabbiati per il comportamento "sconsiderato" di tante persone che vi costringe ad un super lavoro?
"No, chi sceglie di fare il soccorritore non è animato da tali sentimenti. Se c'è qualcuno in difficoltà noi andiamo, non ci tiriamo indietro e continueremo a farlo. Certo è che un po' più di senso di responsabilità, attenzione e rispetto non guasterebbero".