Migliaia di persone in protesta per contestare la realizzazione di un'enorme miniera di litio (58.000 tonnellate all'anno) nella valle di Jadar
In Serbia si stanno svolgendo violente proteste per fermare un imminente disastro ecologico: la costruzione di un'enorme miniera di litio nella valle di Jadar per mano di Rio Tinto, la seconda più grande compagnia mineraria del mondo, chiaramente, con il sostegno del governo serbo. Si tratta di una storia che va avanti da anni, tra proteste e autorizzazioni mancate, ma che sembra aver preso una svolta negli ultimi mesi, grazie anche alle politiche comunitarie
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
In Serbia si stanno svolgendo violente proteste per fermare un imminente disastro ecologico: la costruzione di un'enorme miniera di litio nella valle di Jadar per mano di Rio Tinto, la seconda più grande compagnia mineraria del mondo, chiaramente, con il sostegno del governo serbo.
Si tratta di una storia che va avanti da anni, tra proteste e autorizzazioni mancate, ma che sembre aver preso una svolta negli ultimi mesi, grazie anche alle politiche comunitarie.
Il progetto
Rio Tinto, una multinazionale con sede a Londra ma azionisti da tutto il mondo (che comprendono anche la Royal family britannica) progetta di aprire la prima miniera di litio nella popolosa Valle dello Jadar, luogo di terre fertili, villaggi agricoli, grandi fiumi e riserve naturali di acqua sotterranea. Il litio sarebbe estratto dal minerale Jadarit, utilizzando un metodo che prevede l'impiego di migliaia di tonnellate di acido solforico e dinamite al giorno.
Citando direttamente il sito della multinazionale: "A pieno ritmo, Jadar produrrebbe annualmente circa 58.000 tonnellate di carbonato di litio, 160.000 tonnellate di acido borico e 255.000 tonnellate di solfato di sodio, che collocherebbe Rio Tinto tra i primi dieci produttori di litio al mondo. Secondo questi dati, Jadar produrrebbe 2,3 milioni di tonnellate di carbonato di litio nel corso del durata prevista della miniera di 40 anni". La quantità di litio estratta annualmente, secondo l'azienda, sarebbe sufficiente per la produzione di più di 1 milione di auto elettriche in Europa.
L'impatto sul territorio e la sua valutazione
Secondo l'epilogo degli studi portati avanti per anni dalla multinazionale, il litio sarebbe da estrarre a profondità comprese tra i 370 e i 650 metri senza conseguenze significative per l'ambiente e con molti vantaggi per la comunità locale in termini di sviluppo e posti di lavoro.
I risultati degli studi di un team di ricerca che ha approfondito i possibili impatti sull'ambiente, riassunti in un articolo pubblicato da poco su Nature, raccontano però una storia diversa. Infatti, secondo gli scienziati, l'opposizione locale all'estrazione, sorta a causa dei potenziali impatti devastanti sulle acque sotterranee, sul suolo, sull'utilizzo dell'acqua, sulla perdita di biodiversità e sull'accumulo di rifiuti, è decisamente fondata.
Le trivellazioni effettuate dalla società mineraria hanno già prodotto danni ambientali: l'acqua della miniera, contenente alti livelli di boro, è fuoriuscita dai pozzi esplorativi e ha causato l'inaridimento delle colture. Inoltre, le indagini rivelano concentrazioni sostanzialmente elevate di boro, arsenico e litio nei fiumi vicini rispetto alle regioni a monte, e che i campioni di terreno presentano ripetute violazioni dei valori limite di bonifica, con conseguenze ambientali sia sulle acque di superficie che su quelle sotterranee.
"Con l'apertura della miniera - concludono gli studiosi - i problemi saranno moltiplicati dal bacino di decantazione degli sterili, dalle acque reflue della miniera, dal rumore, dall'inquinamento atmosferico e dall'inquinamento luminoso, mettendo in pericolo la vita di numerose comunità locali e distruggendo le loro fonti di acqua dolce, i terreni agricoli, il bestiame e i beni".
Anche valutazione ambientale condotta due anni fa dall'Accademia Serba delle Scienze e delle Arti presentava una panoramica nettamente diversa dai rapporti della multinazionale, come dichiarò Velimir Radmilović, uno degli esperti: "La realizzazione del progetto porterebbe a una massiccia devastazione dello spazio circostante, a cambiamenti permanenti nel carattere del paesaggio, al degrado della biodiversità della terra, delle foreste, delle acque superficiali e sotterranee, allo sfollamento dei residenti locali, alla cessazione delle attività agricole sostenibili e redditizie".
Una storia che va avanti da anni
Per anni il gigante minerario Rio Tinto ha esercitato pressioni sul governo serbo e sulle autorità municipali della Valle dello Jadar per consentire lo sfruttamento del litio in questa fertile regione della Serbia.
Nel 2020, Rio Tinto ha fatto una donazione alle comunità locali, a ospedali, scuole e centri culturali, acquistando contemporaneamente proprietà dagli abitanti dei villaggi della Valle di Jadar. Ma solo un anno dopo, nel luglio 2021, le motivazioni del colosso sono diventate evidenti, quando le autorità locali di Loznica hanno apportato improvvisi cambiamenti alla pianificazione urbanistica della città: i terreni agricoli sono stati riclassificati come “terreni edificabili”, le linee ferroviarie sono state spostate e il gasdotto cambiato (modifiche, queste, apportate ben prima che il progetto ricevesse i permessi necessari).
Le proteste
Scienziati e attivisti da tutta Europa hanno espresso la loro preoccupazione per questo progetto e per la catastrofe ambientale che potrebbe causare, e una volta che l'opinione pubblica serba è venuta a conoscenza dei piani, sono scoppiate proteste e blocchi di massa, che sono durati per mesi nel 2021.
Gli attivisti hanno incontrato rappresentanti dell'Unione Europea, e scritto lettere alla Commissione e al Parlamento con scarso successo. Tuttavia, grazie alle forti pressioni dell'opinione pubblica, nel 2022 il governo serbo ha annunciato l'interruzione del progetto.
Gli sviluppi recenti
Purtroppo la storia non si è conclusa con questo lieto fine, infatti il governo di Belgrado nel 2024 in diverse occasioni si è mostrato orientato ad approvare il progetto (da oltre due miliardi di euro nella sua prima versione), come lasciato intendere dal presidente Aleksandar Vučić in un'intervista pubblicata dal Financial Times, sottolineando che la produzione locale di litio potrebbe portare grandi vantaggi alla Serbia.
La miccia che ha fatto esplodere la nuova ondata di proteste, tuttavia, è stata la firma, il 19 luglio 2023, da parte del Cancelliere della Germania, Olaf Scholz, e il Presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, del "Memorandum d'intesa" - un partenariato strategico tra l'Unione e la Serbia su materie prime sostenibili, catene di produzione di batterie e veicoli elettrici - dando il via libera a Rio Tinto e ad altre compagnie minerarie per continuare le loro operazioni.
La firma del memorandum ha provocato una nuova ondata di proteste: più di cinquanta azioni dimostrative sono state svolte in tutta la Serbia, fino ad arrivare ad una protesta collettiva la scorsa settimana a Belgrado con decine di migliaia persone in strada. Le proteste di massa hanno portato al blocco delle due principali stazioni ferroviarie di Belgrado e si sono concluse con l'arresto di alcuni attivisti, che sono stati interrogati e arrestati e hanno ricevuto minacce di morte per aver espresso il loro disaccordo e per aver chiesto la fine del progetto Jadar di Rio Tinto.