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Ambiente

"Gli abitanti di Ladakh consumano 10 litri al giorno d'acqua contro i 150/200 degli occidentali. Il turismo? Vorremmo restasse fonte di sostegno alle popolazioni''

Intervista a Sonam Wangchuck, ingegnere e attivista, che ha partecipato al Trento Film Festival grazie al lavoro dell'associazione Trentino for Tibet, che vi ha presentato il film dedicato agli ice stupa in Ladakh con la testimonianza diretta del loro inventore. Sonam da decenni si occupa di questioni ambientali in Ladakh, e ha da poco terminato uno sciopero della fame di 21 giorni per chiedere una maggiore autonomia decisionale per le comunità tribali della regione, ma è anche noto a livello internazionale per aver inventato i ghiacciai artificiali, che permettono a comunità rurali in Ladakh, Kirghizistan e altri paesi molto colpiti dal cambiamento climatico, di sopravvivere

di
Sofia Farina
11 maggio | 08:03
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Live simply so that we can simply live" (in italiano "vivete semplicemente in modo che noi possiamo semplicemente vivere"): questo è uno dei messaggi che Sonam Wangchuck, ingegnere e attivista, porta avanti nelle sue battaglie e nelle sue operazioni di divulgazione. Sonam da decenni si occupa di questioni ambientali in Ladakh, e ha da poco terminato uno sciopero della fame di 21 giorni per chiedere una maggiore autonomia decisionale per le comunità tribali della regione, ma è anche noto a livello internazionale per aver inventato gli ice stupa, i ghiacciai artificiali, che permettono a comunità rurali in Ladakh, Kirghizistan e altri paesi molto colpiti dal cambiamento climatico, di sopravvivere.

 

Proprio per parlare di questo progetto, Wangchuck ha partecipato al Trento Film Festival, grazie al supporto e al lavoro dell'associazione Trentino For Tibet: è grazie a loro che abbiamo avuto l'onore di intervistarlo a Trento.

 

Sonam, tu sei un noto attivista (seguito da milioni di persone sui social, ndr) che si batte per i diritti degli abitanti del Ladakh, e hai anche recentemente portato avanti uno sciopero della fame di ben 21 giorni. Per cosa protestate? Che problemi state affrontando?

 

Il Ladakh si trova sull'altopiano tibetano ed è caratterizzato da un'ecologia molto fragile perché è un deserto d’alta quota. Chiaramente, non è facile da gestire, soprattutto ora con il cambiamento climatico, con le temperature che stanno aumentando rapidamente. 

 

In Himalaya c'è la maggior parte della criosfera, i grandi ghiacciai del pianeta, le torri d'acqua dell’umanità, e il Ladakh è un deserto, quindi la nostra ancora di salvezza, a differenza della maggior parte dei luoghi, non sono le piogge o le nevicate ma è l'acqua fossilizzata da centinaia o migliaia di anni nei ghiacciai

 

Ora i ghiacciai si stanno sciogliendo molto velocemente, causando delle inondazioni, e ogni volta che queste si verificano, si toglie alle montagne la capacità di assorbire la pioggia, perché rimuovono la vegetazione. E così, la volta successiva, ci si trova di fronte a una siccità, perché non c'è nulla che trattenga l'acqua. Le inondazioni, intervallate dalla siccità, sono ormai la nostra quotidianità.

 

Questa è una regione che non può sostenere gli stili di vita stravaganti dei cosiddetti “urbani moderni”: la gente del Ladakh ha imparato a convivere con questa natura nel corso di migliaia di anni. È un'arte viverci usando pochissima acqua. Gli abitanti di Ladakh consumano appena 10 litri al giorno, nei paesi occidentali le persone hanno bisogno di 150, 200 litri al giorno. 

 

Questo tipo di salvaguardia del luogo e della sua ecologia esisteva quando eravamo parte dello Stato del Kashmir. Ma dal 2019, in seguito a una richiesta molto sentita dalla popolazione, ci siamo separati da esso. La popolazione del Ladakh, che voleva essere libera dal Kashmir, voleva però allo stesso tempo mantenere una serie di garanzie che erano disponibili in quel contesto, e per questo motivo hanno sempre guardato con interesse al sesto programma della Costituzione, che rispetta, celebra e dà potere alle comunità tribali indigene in India, ovvero, in pratica, l'autonomia delle popolazioni indigene. 

 

Nonostante le continue e diverse rassicurazioni da parte del governo indiano, anche in fase di elezioni (quelle parlamentari del 2019 e quelle comunali del 2020) in realtà questa autonomia non è mai stata garantita, lasciando la popolazione del Ladakh molto perplessa per l’inversione di marcia nonostante le tante promesse.

 

La spiegazione è che ci sono state molte pressioni da parte delle lobby dell’industria e del commercio, perché ci sono diverse aziende che vogliono sfruttare il Ladakh e le sue montagne. Noi vediamo e tocchiamo con mano questa pressione sul governo da parte loro, e riteniamo che dovrebbe esserci anche una pressione uguale e contraria da parte nostra, in modo che il governo possa agire in modo equilibrato e giusto. Se noi rimarremo in silenzio, si rispetteranno i desideri e gli interessi delle sole industrie: ecco perché il Ladakh protesta.

 

Quali sono gli interessi dei gruppi che fanno pressione sul governo?

 

Gli interessi del settore industriale sono principalmente legati all’estrazione di materie prime, infatti c’è forte interesse per l’acquisizione di terreni per l'estrazione mineraria, in particolare di uranio e litio, ma anche per la realizzazione di grandi progetti energetici, ad esempio c’è un enorme progetto per la realizzazione del parco solare più grande del mondo.  

 

Non siamo contrari alla produzione di energia solare ovviamente, il problema è il modo in cui vengono portati avanti questi progetti, senza consultare la popolazione locale, a cui si sottraggono i terreni e che non ci guadagna alla fine del processo. Ci stanno dando solo noccioline, sapete, per prendere loro tutta la terra. Noi ladakhi non siamo contrari allo sviluppo o all'industria, ma vogliamo essere consultati.

 

E per quanto riguarda il sostegno internazionale? Ritieni che la vostra battaglia sia sufficientemente conosciuta al di fuori dell'India? Vorreste maggior riconoscimento e sostegno a livello internazionale?

 

Possiamo dividere il nostro processo di protesta in tre fasi. C’è stata una prima fase della discussione e dei negoziati interni. Poi una seconda fase in cui volevamo far conoscere questo problema a tutta l'India, a tutti i cittadini indiani, e ora possiamo dire che questa fase si è conclusa con successo. Se non funziona la pressione dei cittadini indiani, passeremo alla terza fase, quella di cercare il sostegno in altri Paesi, nelle altre altre popolazioni di montagna nel mondo, negli altri movimenti e governi indigeni del pianeta che sono più progressisti per l'inclusione e l'ambiente.

 

Tu sei un ingegnere che si occupa di cambiamenti climatici, dei loro impatti sulle riserve d’acqua della regione, ti chiediamo di raccontarci il nesso tra la gestione della risorsa idrica e il settore del turismo, in termini dello sviluppo della regione stessa. Qual è la tua opinione sullo sviluppo del turismo nella vostra regione?

 

Ci sono diversi tipi di turismo. Quello massa, di lusso, commerciale, consumistico è chiaramente negativo, perché soprattutto se non ci sono leggi a tutela dell’ambiente anche i benefici del turismo saranno minori per i locali perché le catene alberghiere internazionali arriveranno e si prenderanno tutti i profitti e le popolazioni locali difficilmente otterranno qualcosa. Ma se invece si tratta di un turismo sensibile, esplorativo, itinerante, che rispetta tutele e protezioni, il turismo può effettivamente fare molto bene.  Pertanto, ciò che vorremmo è gestire molto bene il turismo e mantenerlo come sostegno alle popolazioni locali. Vorremmo stimolare un turismo rurale, che si diffonda in tutta la regione e che celebri ogni valle e le storie che ha.

 

La nostra speranza è quella di non puntare su quel tipo di turismo a cinque stelle, sul turismo di massa cieco, ma dedicarci ad un turismo che porta benefici economici ai villaggi, dando alle persone che ci abitano una ragione per rimanere, perché l'economia arriva a loro, non sono loro a dover andare verso l'economia. 

 

Sul tema dell’acqua, il turismo può essere anche educativo. Ad esempio, se scegliamo di non soddisfare tutte le richieste del turista, convertiamo la vacanza in un'esperienza educativa alla sostenibilità. Quando mi reco in Ladakh, so già che non farò le stesse cose che faccio a Milano o a Mumbai: userò pochissima acqua, userò tutto in modo molto efficiente. E questo può far capire che si tratta di un'ecologia molto fragile e che è un'esperienza di educazione per le persone che vengono qui. 

 

Se riusciamo a trasformare la visita al Ladakh in un'esperienza di sostenibilità, allora possiamo forse cambiare i turisti secondo gli standard ladakhi, al posto di cambiare i ladakhi in base agli standard dei turisti, come sta accadendo ora. Perché tutti i turisti volevano bagni con lo sciacquone, docce con la vasca da bagno, e ora anche i ladakhi vorranno le stesse cose.

 

Pensi che nella popolazione del Ladakh ci sia consapevolezza relativamente al cambiamento climatico in atto? La popolazione della regione chiede azioni precise per limitare gli effetti del cambiamento climatico?

 

In questo momento, con questo movimento, il livello di consapevolezza dell'informazione sta aumentano nettamente. Inizialmente si trattava di salvaguardare la terra, il suo possesso, ma cosa significa terra se non c'è acqua, se non c'è ecologia o ecosistema, è solo un deserto

 

Questo movimento ha aumentato la comprensione della fragilità del Ladakh e quindi possiamo dire che adesso sì, c'è una grande consapevolezza. Tutti considerano la salute della terra, delle risorse idriche, come alcune delle ragioni per cui chiedere la salvaguardia della regione, mentre prima lo si faceva solo per i posti di lavoro e per la terra. Ora gli abitanti del posto chiedono di salvare i ghiacciai per assicurarsi che le valli e i torrenti rimangano sani. Quindi è diventata un'esperienza educativa, e vorremmo che continuasse a esserlo per il resto del Paese e del mondo. 

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