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Ambiente

Eventi climatici estremi e agricoltura di montagna: la necessità di uno sforzo collettivo per aumentare la resilienza del settore

Gli agricoltori sono i fanti della lotta alla crisi climatica, come si è visto nelle recenti proteste in tutta Europa. Connettere la scienza all'esperienza di chi lavora sul territorio, e trovare nuove strategie di adattamento all’innalzamento delle temperature e a tutto ciò che ne consegue, è essenziale per affrontare un clima nuovo, soprattutto quando si parla di agricoltura di montagna. Questa sera approfondiremo questo tema nella rubrica Un'Ora per Acclimatarsi, nell'ambito del Trento Film Festival, insieme a Lavinia Laiti, Matteo Bortolini, Loris Bonato e Alessia Felicetti. Ore 19:00 in piazza Duomo, Trento, nel Salotto Letterario del Trento Film Festival (partecipazione gratuita)

di
Sofia Farina
02 maggio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Gli agricoltori sono i fanti della lotta alla crisi climatica, come si è visto nelle recenti proteste in tutta Europa. Connettere la scienza all'esperienza di chi lavora sul territorio, e trovare nuove strategie di adattamento all’innalzamento delle temperature e a tutto ciò che ne consegue (come gli eventi estremi), è quanto mai essenziale per affrontare un clima nuovo, senza lasciare indietro nessuno.

 

Gli impatti degli eventi estremi sul mondo dell’agricoltura

 

Fenomeni come ondate di calore, ondate di freddo, piogge intense, mareggiate, inondazioni, frane, siccità, incendi e tempeste intense (vento, grandine) possono essere definiti eventi estremi. Un termine questo che da qualche anno riempie la nostra quotidianità, a causa della connessione con il cambiamento climatico in atto, che può influenzare la frequenza e la gravità degli eventi estremi. 

 

Le tendenze storiche e le tendenze previste per quanto riguarda la frequenza e la gravità degli eventi estremi convergono verso immagini simili: un aumento delle temperature estive estremamente calde su tutta l'Europa, condizioni progressivamente più secche progressivamente più secche nel Sud dell'Europa e un aumento degli episodi di precipitazioni intense nell'Europa settentrionale e centrale. 

 

L'entità di questi aumenti è preoccupante. Il numero di giorni di calore climatologico aumenterà di almeno cinque volte entro la fine del secolo nei climi più freddi e fino a trenta volte nei climi più caldi. La gravità della siccità nell'Europa meridionale potrebbe triplicare entro la fine del secolo. Le perdite specifiche del settore agricolo rappresentano oltre il 60% delle perdite legate alla siccità, ovvero circa 5 miliardi di euro all'anno. Secondo le proiezioni, questo dato è destinato ad aumentare in futuro. 

 

Gli eventi estremi hanno chiaramente conseguenze a cascata sulle funzioni ecologiche e sull'economia agricola. I settori più vulnerabili includono i cereali non irrigui, in particolare il mais, gli alberi da frutto e le piante perenni; tuberi coltivati in regioni con forti precipitazioni estreme; e il bestiame per la sua dipendenza dal foraggio verde.

 

Agricoltura di montagna 

 

L’impatto delle modifiche del clima del presente e del futuro è particolarmente importante per l'agricoltura di montagna, che svolge un ruolo centrale nel conservare il paesaggio tradizionale alpino, le razze e le specie regionali e nel preservare la cultura locale, il patrimonio e le tecniche tradizionali. L'agricoltura di montagna è tuttavia molto sensibile all'ambiente e alle sue modifiche, e quindi particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici, che la portano ad affrontare numerose sfide. 

 

Innanzitutto, le condizioni naturali e la struttura del territorio alpino rappresentano una sfida. Le Alpi sono caratterizzate da una limitata disponibilità di terreni coltivabili, da forti pendenze che rendono l'agricoltura particolarmente impegnativa e dalla scarsità di infrastrutture nelle aree più remote. Allo stesso tempo, le tendenze allo spopolamento che caratterizzano le aree montane a favore delle città e delle zone pianeggianti mettono ulteriormente a dura prova l'agricoltura alpina.

 

Questa caratteristica e la posizione di mercato dei prodotti alimentari alpini come prodotti di alta qualità e "di nicchia" aprono la strada a ulteriori sforzi per il cambiamento climatico da parte degli agricoltori di montagna. Oltre a ridurre le emissioni di gas serra dell'agricoltura di montagna, questi sforzi possono anche contribuire ad aumentare il valore aggiunto e il reddito del settore agricolo nelle Alpi.

 

Obiettivi della Convenzione delle Alpi

 

La Convenzione delle Alpi è un trattato internazionale sottoscritto da Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Principato di Monaco, Slovenia, Svizzera e dall’Unione Europea nel 1991. Il suo obiettivo è quello di garantire una politica comune per l'arco alpino, un territorio sensibile e complesso in cui i confini sono determinati da fattori naturali, economici e culturali che raramente coincidono con le frontiere degli Stati nazionali. 

 

La Convenzione identifica ben quattro target per l’adattamento del settore dell’agricoltura di montagna in un clima che cambia: l’autosufficienza energetica delle fattorie alpine, la catena di valore regionale e lo sviluppo dell’economia circolare per i prodotti agricoli, l’obiettivo di rendere la regione alpina come un modello per la coltivazione biologica e infine quello di arrivare ad una agricoltura di montagna resiliente e “climate-friendly”.

 

Le soluzioni disponibili

 

Per sostenere gli agricoltori e mantenere la produttività, esistono diverse opzioni di adattamento. "Dall'alto verso il basso" includono strumenti di gestione del rischio (assicurazioni, fondi comuni di investimento, coperture o pooling del rischio), osservatori del cambiamento climatico e sistemi di allerta rapida implementati dalle autorità locali, osservatori del cambiamento climatico e sistemi di allerta precoce implementati dalle autorità locali. Gli agricoltori possono anche adattarsi autonomamente ("dal basso verso l'alto") adottando una o più strategie di adattamento: stabilizzazione del reddito aderendo a schemi di gestione del rischio o diversificando le fonti di reddito, di resilienza attraverso il miglioramento della salute del suolo e del sano funzionamento degli agroecosistemi, o la protezione protezione dei beni attraverso investimenti in attrezzature specifiche (reti antigrandine, serre, irrigazione, ecc.).

 

Di agricoltura, eventi estremi e futuro parleremo questa sera con Lavinia Laiti (Agenzia Provinciale di Protezione dell’Ambiente), Matteo Bortolini (Sant’Orsola), Loris Bonato (Itas assicurazioni) e Alessia Felicetti (pastificio Felicetti). L’appuntamento, in programma alle 19:00 in Piazza Duomo, all'interno del Salotto Letterario, rientra nella programmazione del Trento Film Festival e nella rassegna “Un’ora per acclimatarsi” curata da L’AltraMontagna.

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