Cosa sono quelle macchie rosse che si vedono tra i boschi attraversati dal Giro d'Italia? Le fotografie aeree del coleottero che sta trasformando i paesaggi delle Dolomiti
Abituati a vederle dal basso, le immagini riprese dall'elicottero che segue le tappe del Giro d'Italia mostrano con chiarezza quanto larga e diffusa sia l'epidemia di bostrico che affligge diverse aree boschive del Nord-Est
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Distogliendo lo sguardo dai fuggitivi, dal gruppo e dalla maglia rosa di Tadej Pogačar, molti di voi avranno sicuramente notato che tra il verde scuro e omogeneo delle distese di abete rosso che i ciclisti hanno attraversato in quella che è stata la diciassettesima tappa del Giro d’Italia (da Selva di Val Gardena a Passo Brocon), vinta dal tedesco Georg Steinhauser, si aprono nel bosco ampie macchie color ruggine. Una tonalità ferrosa, molto simile a quella del filo spinato steso da anni a guardia dei pascoli.
La causa è un piccolo coleottero, l'Ips typographus o più comunemente conosciuto come bostrico.
Il bostrico trova nel peccio le condizioni ideali per soddisfare i suoi fabbisogni riproduttivi. Scavando cunicoli sottocorticali, si accoppia, deposita le uova e offre alle larve un ambiente sicuro dove svilupparsi.
Tuttavia, l’articolato intreccio di gallerie interrompe il flusso della linfa, provocando un repentino disseccamento della pianta colonizzata.
Per soddisfare le sue necessità, generalmente il bostrico sfrutta alberi deboli o malati, ma in situazioni di sovrabbondanza di legname schiantato può proliferare in maniera incontrollata, iniziando a infestare anche le piante sane.
È proprio quanto si è verificato in seguito a Vaia: la massiccia quantità di piante danneggiate - spesso non facili da rimuovere - ha permesso alle popolazioni di bostrico di passare da una presenza endemica a una presenza epidemica, causando impatti non indifferenti sugli ecosistemi montani e sui servizi che essi garantiscono alla società; provocando disturbi di natura economica; influenzando il Turismo; ma anche coinvolgendo la nostra sensibilità, alterata dalle trasformazioni di paesaggi su cui avevamo cucito un legame emotivo.
I focolai di bostrico sono favoriti dal cambiamento climatico che, oltre a rendere più frequenti e gravi eventi estremi come appunto Vaia, facilita lo sviluppo del bostrico e rende più fragili gli abeti e quindi più vulnerabili agli attacchi.
Tornando ai paesaggi delle Dolomiti trasformati dall’infestazione e oggi attraversati dal Giro, un’interessante descrizione, capace di cogliere l’atmosfera dei boschi colpiti dal coleottero, si può incontrare in un passaggio del libro fresco di uscita Sottocorteccia (per chi fosse interessato è acquistabile qui):
«Dino Buzzati, il grande giornalista e narratore amante di queste montagne, ha scritto delle Dolomiti: “Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?”
Eccole, lassù, le Dolomiti, con le vertiginose pareti dalle tinte calde in un magnifico tramonto da cartolina, mentre di fronte a noi qualcosa di gonfio, di ovattato, avvolge i versanti solcati dal Torrente Cismon.
“Sono boschi o sono nuvole?” dico tra me e me, mentre metto a fuoco la montagna sfidando l’oscurità imminente.
Non c’è ombra di dubbio: l’intero versante, per centinaia di metri, forse per chilometri, è stato disseccato dal coleottero, che non ha risparmiato neppure un peccio. L’attacco è abbastanza recente, gli abeti non hanno più aghi, ma tutti i rami, anche i più sottili, resistono attaccati al tronco. Accarezzate dal bagliore del crepuscolo, quelle chiome spoglie formano così un insieme morbido, leggero, etereo ma cupo: sembrano nuvole basse, dense, che soffocano il fondovalle».