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Ambiente

"Cercare il proprio ruolo nell'azione climatica è il miglior antidoto all'eco-ansia". Maria Da Re per il podcast Un quarto d'ora per acclimatarsi

Maria Da Re, medica specializzanda in psichiatria e curatrice della pagina Instagram "climaticansia", dove fa divulgazione sul legame fra crisi climatica e salute mentale, è ospite dell’ultima puntata di Un quarto d'ora per acclimatarsi, il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia

di
Sofia Farina
02 settembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Stiamo ormai giungendo al termine di un’altra estate di record climatologici, in cui ci siamo più o meno abituati a sentire notizie di temperature mai raggiunte, crolli di seracchi e frane che ne conseguono. Molti e molte di noi, spesso si trovano a essere sopraffatti da queste notizie e, conseguentemente a sperimentare l’eco-ansia.

 

Questa, infatti, rappresenta un fenomeno sempre più diffuso. In sondaggio di YouTrend di aprile 2024 rilevava che il 42% degli italiani aveva provato sentimenti di eco-ansia almeno una volta nell’ultima settimana e il dato saliva al 58% considerando la fascia d’età fra 18 e 34 anni, rispecchiando un fenomeno catturato dai principali istituti di ricerca in tutto il mondo.

 

Nella nuova puntata di "Un quarto d'ora per acclimatarsi" capiamo di cosa si tratta insieme alla dottoressa Maria Da Re, medica specializzanda in psichiatria e curatrice della pagina Instagram "climaticansia", dove fa divulgazione sul legame fra crisi climatica e salute mentale.

 

Come spiega Da Re "il termine eco-ansia in realtà è potenzialmente ingannevole perché nel è un termine a ombrello che non ha ancora una definizione chiara e condivisa neanche in ambito accademico", tuttavia possiamo dire che si utilizza per riferirsi generalmente a "un'ansia legata alla crisi ecologica", ma "c'è anche chi la definisce come una paura cronica del disastro ambientale".

 

Ad ogni modo, secondo la medica, è fondamentale "sottolineare che l'ecoansia non è una patologia, non è una malattia mentale, non è una risposta patologica ma sana del nostro sistema nervoso che di fronte ad un cambiamento, ad una crisi della portata della crisi ecoclimatica e con un sostanziale potenziale traumatico, reagisce con una congrua preoccupazione". Essenzialmente, spiega Da Re, si tratta di un "sano campanello di allarme".

 

L'ecoansia è un'emozione, una "risposta psicologica orientata al futuro" che può essere vissuta anche da chi non vive un evento traumatico legato alla crisi climatica in prima persona: "Questa emozione ha la caratteristica molto particolare che non bisogna essere stati vittime dirette di un evento climatico estremo come un incendio, come una frana, un'alluvione per poter provarla, ma può essere stimolata anche solo dall'accorgersi di quello che succede intorno a noi in altre parti del mondo. È stata definita un po' come una forma di ansia pratica, nel senso che dovrebbe, il suo significato adattivo sarebbe quello di stimolarci a fare qualcosa per toglierci da questa situazione di potenziale pericolo".

 

Riconoscere di provare questa emozione è il primo passo per affrontarla, e i passi principali per farlo, secondo la medica, sono proprio quelli di "non ignorarlo e cercare un senso di comunità, trovare altre persone che hanno dei vissuti magari simili per qualche aspetto ai nostri e iniziare un percorso di condivisione. Questo ci permette di sentirci meno soli, meno impotenti, che è un po' la grande trappola dell'ecoansia poi all'ecoparalisi per cui restare fermi".

Qui è possibile ascoltare la puntata, disponibile anche su tutte le principali piattaforme podcast (Spotify, Apple e Google Podcast, Audible):

 

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