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Alpinismo

"Oggi tocca divincolarsi tra disparità di genere, rischio di pinkwashing o 'finte' spedizioni femminili". Linda Cottino racconta il contributo delle donne alla storia dell'alpinismo

Linda Cottino, giornalista e scrittrice, si è a lungo dedicata alla ricerca storica sull'alpinismo praticato dalle donne, una ricerca che oggi si concretizza in un nuovo libro intitolato "Una parete tutta per sé". Cottino racconta le radici della sua ricerca, il processo di scrittura e le sfide di far parlare un mondo che ha spesso relegato le donne a ruoli marginali, portandoci a riflettere non solo sulla storia della figura femminile nel mondo dell'alpinismo, ma anche sul presente, con uno sguardo critico alla narrazione contemporanea

di
Sofia Farina
21 ottobre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Linda Cottino, giornalista e scrittrice, si è a lungo dedicata alla ricerca storica sull'alpinismo praticato dalle donne, una ricerca che oggi si concretizza in un nuovo libro intitolato "Una parete tutta per sé", edito da Bottega Errante Edizioni.

 

Cottino racconta a L'AltraMontagna le radici della sua ricerca, il processo di scrittura e le sfide di far parlare un mondo che ha spesso relegato le donne a ruoli marginali, portandoci a riflettere non solo sulla storia della figura femminile nel mondo dell'alpinismo, ma anche sul presente, con uno sguardo critico alla narrazione contemporanea.

 

 "Il libro è il frutto di tanti anni di ricerche e di scritti - racconta Cottino - Ho iniziato a raccogliere materiale sin dai primi anni duemila e ho trascorso intere giornate in biblioteca consultando documentazione pubblicata per lo più in altri paesi europei e negli Stati Uniti, soprattutto dalle riviste dei club alpini”.

 

La scintilla che ha acceso l’interesse per una pagina ignorata della storia dell’alpinismo, quella scritta dalle donne, si deve a un reportage sulle montagne dell’Asia Centrale realizzato per la rivista Alp. In Pamir, infatti, le accadde di imbattersi in una storia che l'ha toccata profondamente: quella di otto alpiniste sovietiche che nel 1974 rimasero intrappolate in una bufera a settemila metri di quota, sotto la cima del Pik Lenin. Poiché si trattava di una tragedia assoluta (morirono essenzialmente in diretta, comunicando via radio con il campo base), nell’Urss di allora vi fu il divieto di parlarne, e pochi furono gli alpinisti occidentali lì presenti che ne portarono testimonianza nei propri scritti.

 

Cottino spiega che fu il lavoro per ricostruire quella vicenda a far crescere il suo interesse per la storia dell'alpinismo femminile, alimentato anche da una specifica formazione universitaria e dalla possibilità di accedere a fonti preziose come quelle conservate nella Biblioteca Nazionale del Club Alpino Italiano a Torino. La ricerca ha poi avuto una progressione graduale: "Quando sono tornata dall'Asia e ho raccontato questa storia a Marco Albino Ferrari, al tempo direttore di ALP, lui mi ha incoraggiata ad approfondirla, ed è così che ho iniziato a concentrarmi sempre di più su questi argomenti, a conoscere molte alpiniste contemporanee e figure significative della seconda metà del 900. Una su tutte, Silvia Metzeltin, una grande alpinista ma anche una vera maestra, che mi ha insegnato tanto e che è stata una vera combattente per il diritto alla parità anche sulle montagne". La prima battaglia la condusse nel 1968, quando, insieme a Bianca Di Beaco, presentò la sua candidatura al Club Alpino Accademico: l’ingresso fu loro impedito, e dovettero passare dieci anni prima che l’Accademico, confluito ormai nel club alpino ordinario, fosse costretto ad accettare le donne. 

 

In “Una parete tutta per sé” Linda Cottino racconta le storie di sette alpiniste: "Non è stato semplice selezionarle - confessa -. Volevo partire dall'inizio, dalle pioniere, le prime che hanno affrontato le montagne, come per esempio Meta Brevoort o le sorelle Pigeon, e poi Elizabeth Aubrey Le Blond, la fondatrice del Ladies’ Alpine Club". 

 

Tra le donne di cui si racconta c'è Micheline Morin, una figura chiave, non solo per le sue imprese in montagna, ma anche per aver scritto quello che è forse il primo libro sull'alpinismo femminile, “Encordées”, pubblicato nel 1934: “Nel mio compare alla fine, come a chiudere un cerchio - spiega l'autrice – perché la stessa Morin, compone un bel ritratto della fondatrice del Ladies’ Alpine Club, una protagonista assoluta che anche io ho voluto raccontare".

 

Cottino sottolinea come il titolo del libro sia un omaggio a Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf: "Il saggio della scrittrice inglese uscì nel 1929, lo stesso anno in cui veniva compiuta da parte di una cordata di sole donne l’ascensione più difficile dell’epoca, la salita del Grépon lungo la fessura Mummery, nel Monte Bianco; quella cordata era composta proprio da Micheline Morin con Alice Damesme. Secondo l’idea di Woolf, una donna doveva disporre di almeno di una stanza tutta per sé per poter creare letteratura, secondo me anche le alpiniste, per poter essere veramente tali, avevano bisogno di una parete tutta per loro! Ed è così che il titolo si è imposto da solo, naturalmente”.

 

La narrazione delle imprese femminili alle quote più alte del pianeta si è sicuramente molto evoluta nel corso dei decenni, e ripercorrerla con Linda Cottino permette di soffermarsi anche su alcuni punti critici: "Paradossalmente, potremmo spingerci a dire che le donne dell'epoca vittoriana erano più libere di fare ciò che volevano - afferma -. È pur vero che si trattava di un’élite, in quanto tutte appartenevano all’aristocrazia o alla ricca borghesia; in sostanza potevano decidere per se stesse, in libertà, in barba alla rigida morale vittoriana. Oggi, invece, tocca divincolarsi tra la disparità di genere, rischio di pinkwashing o “finte” spedizioni femminili, com’è accaduto di recente sul K2”. 

 

Per Cottino, il futuro dell'alpinismo femminile risiede nella capacità delle donne di tracciare le proprie vie, senza adeguarsi a modelli che inevitabilmente sono stati pensati a misura d’uomo e si rivelano impermeabili a contaminazioni che scalfiscano la cultura patriarcale in cui tutti siamo immersi.  "Le donne devono trovare le proprie strade e vie, e se riescono a farlo il loro alpinismo sarà non solo una sfida sportiva, ma si riverbererà in una narrazione più ricca e profonda, capace di raccontare storie che vanno oltre la vetta. In fondo, tornando un po’ allo spirito delle donne vittoriane, che nelle loro osservazioni erano più rotonde, vedevano la montagna non solo come un campo di battaglia dove conquistare la cima, ma anche come un luogo di riflessione umana e personale. Questo è il valore aggiunto che le donne possono portare all'alpinismo". Ed è forse questo il messaggio di “Una parete tutta per sé”.

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