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Il fascista intransigente: la parabola del ras Roberto Farinacci, dalla conversione allo squadrismo alla costruzione del suo "feudo"

Roberto Farinacci fu uno dei più noti esponenti del fascismo. Fanatico e spregiudicato, fu il massimo rappresentante dell’ala intransigente, tanto che più volte non mancò di scontrarsi con Mussolini. Prosegue con un altro importante profilo del Ventennio la rubrica “Cos’era il fascismo”, alla scoperta dei processi, degli eventi e dei personaggi che, seminando violenza, imposero la dittatura che cambiò per sempre la storia

Farinacci in camicia nera assieme a Mussolini (Foto tratta dal web)
Di Davide Leveghi - 17 luglio 2022 - 14:14

TRENTO. Quando, attorno alla metà del luglio 1922, si concluse l’assedio di Cremona (QUI l’articolo), il ras dello squadrismo locale Roberto Farinacci raccoglieva finalmente i frutti del suo lungo lavoro. Quella città, in cui s’era trasferito da piccolo a seguito del padre, commissario di pubblica sicurezza, l’aveva visto compiere la parabola dal riformismo socialista al più intransigente fascismo e ora era nelle sue mani. Autoproclamatosi sindaco, venne pertanto interpellato dall’autorità per la nomina di un commissario prefettizio in sostituzione della dimissionaria giunta socialista.

 

Ferroviere avvicinatosi in giovane età al socialista Leonida Bissolati, Farinacci mostrò da subito una certa nota polemica. Dai giornali del socialismo cremonese, infatti, non mancava di attaccare gli avversari politici, in particolare cattolici – su tutti quel Guido Miglioli, deputato popolare e organizzatore delle leghe bianche, oggetto negli anni a venire delle angherie fasciste. Convinto interventista, non si risparmiò nemmeno negli scontri coi neutralisti, distinguendosi come agitatore dapprima sulle pagine del foglio socialista e interventista La Squilla e poi come corrispondente da Cremona del Popolo d’Italia, nuovo giornale fondato da Mussolini.

 

Scoppiata la guerra, Farinacci si arruolava nell’esercito, raggiungendo i gradi di caporale e ottenendo una decorazione. Congedato e tornato a Cremona, dove riprese il lavoro di ferroviere, s’allontanò sempre più da Bissolati giungendo infine a abbracciare completamente la causa fascista. Sansepolcrista, s’impegnò alacremente per organizzare il fascismo in tutta la provincia cremonese, divenendone segretario federale. La sua grande capacità organizzativa, nondimeno, gli fece guadagnare posizioni anche nel movimento nazionale, tanto che già dal ’19 fece parte del comitato centrale fascista.

 

Pubblicista arrembante e instancabile, Farinacci fu in grado di sfruttare al meglio il suo ruolo di giornalista, attirando verso il fascismo locale un seguito sempre più importante. In particolare, ad alimentarne il successo fu il quotidiano Cremona nuova, fondato nel marzo 1922 e diretto da lui stesso.

 

Il 1921, tuttavia, sembrò frenarne l’ascesa: eletto deputato per il collegio di Mantova-Cremona nelle liste del Blocco nazionale, Farinacci venne estromesso dal Parlamento perché troppo giovane. Ormai distintosi per l’atteggiamento estremista, fu nondimeno tra i protagonisti dello scontro interno al movimento fascista in occasione del Patto di pacificazione coi socialisti, promosso dal governo Bonomi con l’avallo delle dirigenze del Psi e dei Fasci, compreso Mussolini (QUI l’articolo). Fu questo uno dei primi momenti in cui emersero i dissidi con il capo del fascismo, riesplosi più volte negli anni a venire.

 

La sua carriera nel fascismo, però, trovò nel ’22 la rampa di lancio decisiva: animatore delle azioni squadristiche in tutto il Cremonese, attraverso le pagine del suo giornale cominciò nel lavorio necessario per la conquista della città, ancora in mano socialista. A maggio impediva la riunione del Consiglio provinciale; a luglio, invece, organizzava la marcia sulla città. Espugnato il municipio, costringeva la giunta a dimettersi. Mentre a Roma i deputati Miglioli e Giuseppe Garibotti (Psi) denunciavano in Aula le violenze fasciste – le loro abitazioni a Cremona verranno per questo date alle fiamme – le squadre di Farinacci occuparono il centro. Dopo uno scontro con i carabinieri, arrivarono perfino a mettere le mani sulla prefettura.

 

Questo episodio, nondimeno, si ripeté con ben altri esiti nei giorni della Marcia su Roma. Dopo aver partecipato in prima linea, a inizio mese, all’occupazione di Bolzano e Trento (QUI l’articolo), Farinacci anticipò le operazioni sulla capitale ordinando ai suoi uomini a Cremona la conquista di tutti i gangli di potere. Già nella serata del 27 ottobre, gli squadristi locali ingaggiavano degli scontri a fuoco con i carabinieri e le guardie regie schierati a difesa della prefettura e delle caserme. I colpi sparati dai militari e dagli agenti lasciavano sul terreno una decina di fascisti, facendo del centro lombardo una delle città con il “tributo di sangue” più alto pagato alla “rivoluzione fascista”.

 

Laureatosi in giurisprudenza nel 1923 con una tesi ricopiata da un altro laureando, nei primi anni di regime si distinse come difensore di diversi squadristi portati alla sbarra per violenza politica – su tutti Amerigo Dumini durante il processo per il delitto Matteotti. Propugnatore dell’intransigentismo fascista, a seguito dell’omicidio del deputato socialista polesano espresse a gran voce la necessità di scatenare una “seconda ondata” squadristica per cancellare definitivamente ogni opposizione (QUI un approfondimento).

 

Segretario del Partito nazionale fascista tra il febbraio 1925 e il marzo 1926 – periodo in cui sempre più evidenti apparvero le divergenze di veduta fra il suo estremismo e la normalizzazione auspicata da Mussolini – ebbe un ruolo decisivo nell’avviare con più compiutezza la fascistizzazione della società italiana, consolidandone al tempo stesso la svolta autoritaria. Allontanato dalle cariche politiche più influenti, Farinacci continuò a comportarsi – nella “sua” Cremona – come un vero e proprio satrapo, accumulando ricchezze e provvigioni. Sostenitore dell’alleanza con la Germania nazista, giocò nella caduta di Mussolini un ruolo alquanto ambiguo. Aderente alla Repubblica sociale, verrà catturato e fucilato dai partigiani il 28 aprile ’45 mentre cercava di riparare in Svizzera.

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