Olio, ottima annata: raddoppiata la produzione nell'Alto Garda ma la 'resa' è bassa
In tutto il Nord Italia le rese sono state basse, a causa dell'andamento meteorologico sfavorevole. I dati sono emersi durante la quinta giornata tecnica delle regioni produttive del Nord Italia e della Slovenia, che si è svolta ieri all'auditorium dell'oratorio di Arco, organizzata dalla Fondazione Edmund Mach
ARCO. Il 2024 sarà ricordato in provincia di Trento per una ottima produzione di olive, olio di buona qualità, ma scarsa quantità anche se paragonata all'anno precedente, il 2023, non c'è stata partita. Nel 2024, infatti, sono state conferite nei frantoi dell’Alto Garda trentino 2.845 tonnellate di olive, che hanno prodotto 311,4 tonnellate di olio, con una resa del 10,95% quando la resa 'buona' dovrebbe stare tra il 12 e il 13%. L'anno precedente nell'Alto Garda trentino erano state circa 1.220 le tonnellate di olive conferite e l'olio extravergine ottenuto era stato circa 156 tonnellate con una resa media del 12,8%, comunque inferiore al 2022, che aveva visto una produzione elevata, attestandosi sulle 2.975 tonnellate di olive e la produzione in olio a 456 tonnellate, con una resa media del 15%.
In tutto il Nord Italia le rese sono state basse, a causa dell'andamento meteorologico sfavorevole. I dati sono emersi durante la quinta giornata tecnica delle regioni produttive del Nord Italia e della Slovenia, che si è svolta ieri all'auditorium dell'oratorio di Arco, organizzata dalla Fondazione Edmund Mach. Nel corso dell'incontro si è fatto il punto su gestione e difesa in campo, sono stati illustrati i principali aiuti disponibili per il settore olivicolo su bandi provinciali e l’analisi economica della coltura.
Sono intervenuti in apertura Maurizio Bottura, dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico FEM, e a seguire con la moderazione di Lanfranco Conte, Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Sostanze Grasse, Marco Stocco dell’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale - Friuli Venezia Giulia, Stefano Zanoni, C3A Università degli Studi di Trento, Marko Devetak dell’Istituto Agrario e Forestale di Nova Gorica, Federico Grillo del Settore Servizi alle imprese agricole e florovivaismo della Regione Liguria, Rolando Del Fabbro, Tommaso Pantezzi, Michele Morten, Stefano Pedò del Centro Trasferimento Tecnologico e Davide Bertolini dell’Ufficio Agricolo Periferico di Riva del Garda - Pat.
Relativamente alle malattie fungine del nord Italia si segnala un aumento del cicloconio e della piombatura. L’occhio di pavone si è diffuso sulle varietà maggiormente sensibili; la tignola non ha determinato problemi, mentre la margaronia ha causato danni, anche significativi. Nell’areale sloveno si stanno conducendo importanti studi sugli acari eriofidi e su come possano influire in maniera significativa sull’allegagione nell’oliveto. Anche nell’area litoranea giuliana italiana ne è stata appurata la presenza.
Sono stati presentati anche alcuni studi in tema di difesa sostenibile con polveri di roccia, (caolino e zeolite), riconosciute in campo olivicolo per il loro effetto mitigatore contro agenti di danno, tra cui la Mosca dell’olivo e cimice asiatica, e per i loro benefici nel contrastare gli stress abiotici, migliorando in alcuni casi la resa e le proprietà nutrizionali dell’olio.
Focus anche sul ritrovamento tre anni fa in Slovenia di Aculus olearius Castagnoli, acaro della famiglia degli eriofidi, precedentemente già trovata in Italia e Spagna e in alcuni altri paesi del Mediterraneo, che porta a imbrunimento dei boccioli fiorali, essiccamento dei fiori, deformazione delle foglie e dei germogli, contribuendo alla cascola prematura delle olive.
Spazio poi alla cecidomia dell’olivo in Liguria, un dittero le cui larve penetrano nei tessuti vegetali, compromettendo l'attività delle foglie, limitando così la produzione. Le infestazioni hanno riguardato diverse regioni del centro Italia, solo in alcuni casi contenute dal contestuale aumento dei parassitoidi specifici.
Presentate, infine, le prove in campo contro Pseudomonas savastanoi pv savastanoi, chiamato comunemente rogna dell’olivo, una patologia di origine batterica in forte espansione in tutto l’areale olivicolo del nord Italia. Le recenti restrizioni europee nell’impiego del rame hanno stimolato l’attivazione di una prova di campo, allo scopo di trovare sostanze alternative. Sono stati testati prodotti corroboranti, preparati microbiologici e prodotti a base di microelementi. I risultati, dopo due anni di sperimentazione, evidenziano una minore incidenza di cancri sulle piante trattate.
Spazio anche alle prove di potatura per contrastare l’alternanza produttiva, ai costi di produzione con la presentazione della indagine Fem che ha coinvolto 35 aziende olivicole e ai finanziamenti disponibili per il settore su bandi provinciali, che puntano a limitare l’abbandono delle aree olivicole coltivate e a sostenere i giovani in agricoltura.