Grandi falò, campanacci, canti, balli e sfilate: tornano gli antichi rituali per "scacciare" l'inverno
Sull'Alpe Cimbra a febbraio e marzo gli antichi rituali per “scacciare” l’inverno nel segno delle tradizioni millenarie di una terra che oggi vuole preservare gli usi e costumi di un tempo quali patrimonio della sua identità e unicità
TRENTO. A fine mese torna a ripetersi un rituale che ha radici lontane, che affondano nell’antichità, e che tra febbraio e marzo è considerato un momento di passaggio tra l’inverno e la primavera: come da tradizione sull'Alpe Cimbra ogni anno gli abitanti si riuniscono per "scacciare" insieme l'inverno. Come? Facendo un gran baccano con campanacci e accendendo grandi falò.
A San Sebastiano a Folgaria il 28 febbraio e a Lusérn l’1 marzo prendono così vita due eventi per ricordare le antiche tradizioni di una terra che ha una storia millenaria e che oggi vuole preservare gli usi e costumi di un tempo quali patrimonio della sua identità e unicità
Fora febraro
A San Sebastiano a Folgaria il 28 febbraio, un gioioso momento di riscoperta del passato, unico nel suo genere per originalità e suggestione.
Sui prati spesso ancora innevati veniva eretta un'alta catasta di legna che nella notte tra l'ultimo giorno di febbraio e il primo giorno di marzo veniva data alle fiamme: attorno al fuoco che ardeva nel buio si ballava e si cantava, chiamando a gran voce la primavera e la bella stagione. È un rito molto antico della gente di montagna che stanca del freddo inverno invocava con impazienza il calore del sole.
A quei tempi nei paesi della zona si parlava comunemente il cimbro, detto slambròt, un antico idioma tedesco del quale oggi rimane solo qualche vago ricordo.
E dunque in cimbro slambròt l'ultimo giorno di febbraio i giovani più vivaci e burloni, accompagnandosi ancora con campanacci, campanelle, vecchie pentole e coperchi giravano tra le case avvolte dal buio fino a oltre mezzanotte recitando e gridando in coro filastrocche rivolte alle coppie di fidanzati; a coloro che si frequentavano da molto tempo ma che non si decidevano a sposarsi; a coloro che si sapeva si piacevano ma che non avevano il coraggio di dichiararsi e, spesso, burlescamente, a persone giovani e adulte che non si avevano in simpatia. Era un modo allegro, spiritoso e rumoroso di chiamare marzo, la primavera, la stagione degli amori.
L’evento avrà inizio alle 17 con la merenda, proseguirà con la sfilata per le vie del paese con corni, strozeghe e campanacci e si concluderà alle 19 con l’accensione del fuoco, canti e balli.
Vorprennen in Martzo
Bruciamo il marzo, in programma l’1 marzo a Luserna. Antica tradizione di origine pagana ricca di significati: con il fuoco si brucia la cattiva stagione e, nel contempo, il calore delle fiamme riscalda madre terra.
Si tratta in sintesi di un rito di fertilità e fecondità. Il grande fuoco rappresenta l’apice di una serie di eventi che iniziano già parecchi giorni prima quando i ragazzi, girando per le vie del paese con strumenti atti a produrre rumore (in genere campanacci), raccolgono dalle famiglie legna per preparare la grande catasta. Anche in questo caso i campanacci servono per risvegliare madre natura e la legna che ogni famiglia offre rappresenta il “sacrificio” personale affinché il rito abbia una buona riuscita.
Il calore delle fiamme scaldava madre natura (la terra) e nel contempo bruciava la cattiva stagione. A Lusérn ogni contrada accendeva il suo “martzo” e tutta la gente del paese partecipava all’evento per festeggiare la fine del rigido inverno, cantando e raccontando storie seduti intorno al falò.
Oggi come ieri, sull’altura a monte dell’abitato, denominata Kraütz, l’ultimo sabato di febbraio si rinnova l’accensione del falò che coinvolge l’intera comunità. E questa antica tradizione come ogni anno si ripete nel piccolo villaggio di Lusérn, dove il tempo si è fermato, dove si parla l'antica lingua cimbra e dove il confine tra le leggende e realtà è di difficile comprensione per chi è immerso nella frenesia della vita moderna.