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Referendum, la parola agli ex della politica. Grisenti: "Io voto No", Caterina Dominici: "Io invece Sì"

Diego Mosna vota No ma vuole che Renzi continui a governare, Margherita Cogo vota Sì per paura che Renzi si dimetta

Di Donatello Baldo - 23 novembre 2016 - 06:46

TRENTO. Ormai siamo all'ultimo miglio di campagna elettorale, il voto del 4 dicembre è vicino e i politici degli opposti schieramenti cercano di convincere gli indecisi, viaggiano in lungo e in largo il Paese e spuntano in ogni talk-show. Lasciamoli dunque alla loro febbrile propaganda, abbassiamo i toni, lasciamo a voi lettori la possibilità di farvi un'opinione autonoma leggendo direttamente il testo della Costituzione comparata (CONSIGLIAMO) e sentiamo quali sono le posizioni degli ex, di coloro che la politica l'hanno fatta ad alti livelli ma che oggi non sono nella mischia.

 

Caterina Dominici ha lasciato il Consiglio provinciale la scorsa legislatura. Avrebbe voluto che il suo partito, il Patt, la ricandidasse ma così non è andata. Il veto su di lei lo calò il segretario Franco Panizza, senatore. “Voto sì – afferma l'ex consigliera – voto sì perché sono favorevolissima all'abolizione del bicameralismo perfetto. E se aboliscono il senato meglio – afferma – così qualche senatore che lì è seduto e che lì non ci dovrebbe essere se ne rimane a casa”. Ogni riferimento personale è mera casualità: “Non faccio nomi, chi ha orecchie per intendere intenda”, afferma simpaticamente, e tutti avranno inteso.

 

Più seriamente, Caterina Dominici è convinta che “il bicameralismo sia un doppione, che produca una lungaggine eccessiva alla formazione delle leggi e che la differenziazione dei poteri tra Camera e Senato sia la soluzione migliore, come peraltro avviene in tutto il resto d'Europa”. E pensa che il nuovo Senato “ridurrebbe i costi della politica”.

 

Sull'autonomia e sui dubbi che la riforma possa indebolirla dice questo: “In tutti e due i casi, vinca il Sì o vinca il No, dovremo difendere la nostra specialità resistendo ad ogni tentativo di metterci mano”. Ricorda l'esistenza della clausola di salvaguardia, ma secondo Dominici “si tutelerebbe di più con il riconoscimento dello status di minoranza linguistica anche alle popolazioni della Val di Non e della Val di Sole”.
 

Dunque l'ex consigliera Caterina Dominici è per il Sì. La pensa diversamente il suo collega, il potentissimo assessore ai lavori pubblici Silvano Grisenti, anche lui ex.

 

Io voto no, questa riforma è un disastro, e il clima di questa campagna referendaria è un tutti contro tutti insopportabile”. Questa l'opinione dell'ex super-assessore, del ras di Povo che qualche bel voto ancora lo sposta: “I partiti non informano sui temi di questo referendum ma si occupano soltanto dello scontro feroce tra opposti schieramenti, fanno politica invece che una seria informazione di natura istituzionale”.

 

Grisenti è demoralizzato: “Questa è una riforma accentratrice contraria ad ogni federalismo. E parlo da ex amministratore e da cittadino di una realtà autonoma com'è il Trentino: mi dispiace vedere i partiti locali che si dicono territoriali, quelli che  affermano di difendere l'autonomia, tutti schierati per il Sì. Ma io dico – si chiede l'ex - se alle Regioni ordinarie si toglie quel briciolo di autogoverno e invece alle Speciali si lascia autonomia, succede una rivoluzione: non si può fare una riforma rischiando di spaccare il Paese.
 

Stessi dubbi anche per Margherita Cogo, ex assessora alla cultura della scuderia del Pd, consigliera provinciale di lungo corso. Ma comunque voterà Sì: “E' una legge pasticciata, il Senato non si capisce come verrà eletto, nella nostra Provincia poi c'è incompatibilità tra le cariche di senatore e di consigliere”.

 

“Ma questo ormai non è più un referendum sul merito – afferma l'ex assessora – ma un referendum su Renzi. E se devo scegliere scelgo lui anche se non mi piace più di tanto la sua arroganza – ammette – perché non oso immaginare chi posso venire dopo”.

 

Ora passiamo agli indecisi. Diego Mosna e Mario Malossini. Il primo ha cercato di sfidare Ugo Rossi nella scorsa elezione provinciale. Ha perso e per un po' è rimasto in Consiglio, poi se n'è andato: il mondo dell'impresa è più appassionante e la Trentino Volley, di cui è presidente, dà più soddisfazioni.

 

“In linea di principio è giusto modificare la Costituzione e dare incremento allo sviluppo ma non si può in un colpo solo modificare così tanti articoli”, afferma dubbioso. L'ideale per lui sarebbe la vittoria del No: “Così Renzi si prende una bella sberla e la smette con quel suo modo di fare. Però non si deve dimettere – afferma – deve continuare a governare anche perché altri leader in giro non ce ne sono”.

 

L'ultimo esponente della Prima repubblica trentina, Mario Malossini, non ci vuole dire nulla. Poi qualcosa dice: “Sono in dubbio e cercherò di capire meglio e di decidere nel modo migliore”. Buono studio allora.

 

Anche Michele Nardelli era in Consiglio provinciale e ora non c'è più. Lui voterà No: “Io sono federalista, e lo sono da tanto tempo, molto prima della Lega per capirci – afferma Nardelli – e di fronte al fatto che con questa riforma si demolisce quel poco di federalismo introdotto nel 2001, ecco: voto No”. “Certo che se ascoltiamo il dibattito elettorale – afferma avvilito – quando senti i politici a favore del No ti viene da votare Sì e quando senti quelli del Sì ti viene da votare No”.
 

Ora scopriamo cosa voterà Giorgio Postal, deputato e poi senatore, un ex di spessore se si pensa che ha rappresentato il Trentino a Roma dal 1972 fino al 1984. “Io voto Sì – afferma – e lo faccio convintamente”.

 

“Da un lato il mio voto c'entra con il contesto politico generale – spiega l'ex parlamentare – dall'altro con la valutazione sull'impatto della nuova Costituzione sulla nostra Autonomia.”. E il politico navigato rassicura: “Siamo salvaguardati dalla clausola di salvaguardia, non rischiamo niente”.
 

Più in generale, Postal dice che questa riforma “mette in moto il Paese, mette mano a un sistema che andava aggiustato. E se non passa questa riforma ora – dice convinto – non ci sarà nessun'altra riforma per lunghi decenni”. Si chiede quando mai potrà tornare la possibilità di togliere lo strumento del bicameralismo perfetto: “Quando mai un senato abolirà se stesso? Questa occasione non tornerà più”. 

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