Rivalutazione delle indennità dei consiglieri, si tira la verità da una parte all'altra. Poi ci si appiglierà agli ''obblighi'', alla beneficienza oppure si farà spallucce
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Uno dei modi di dire più efficaci recita più o meno così: “La verità è come la pelle, la puoi tirare dove ti pare”. Devid Moranduzzo, giovane ma rapidamente “sgamato” consigliere provinciale della Lega, deve essersi innamorato della metafora anatomica.
Sulla sua pagina Facebook, con un post datato “poche ore fa”, cioè “sul pezzo”, offre la sua versione dello scempio della decenza perpetrato mercoledì 21 luglio in consiglio regionale. Scempio operato da lui medesimo, il suo partito, l’Svp altoatesina e Forza Italia (che vai indietro).
La suddetta maggioranza si è aumentata e non di poco il misero stipendio mensile che ammonta a 9.800 euro. Lo ha fatto nel segreto di un’urna che nel caso ha emanato un fastidioso puzzo di cialtroneria. Ma in politica anche il puzzo deve essere opinabile. Per qualcuno profuma più della goccia di Chanel che rese ancora più famosa Marilyn.
Lo schiaffo al buongusto ha accomunato chi parla l’italiano, chi il trentino e chi il tedesco. Non c’è di che stupirsi. L’esperanto sarà anche stato un fallimentare esperimento unificante ma se si riferisce al portafoglio è un idioma tutt’altro che in disuso. Ebbene, come svicola dalla legittimità delle critiche il prode Moranduzzo? Così: “Stop all’aumento delle indennità fino a fine legislatura – scrive a caratteri cubitali nella cornice di un video dove parla il suo collega Paccher, vicepresidente del consiglio regionale.
Non pago, forse perfino dubbioso che qualcuno possa far di conto e incazzarsi di conserva, Moranduzzo dà pure la sua spiegazione: “Grazie al voto di oggi in consiglio regionale c’è lo stop all’aumento delle indennità per la retribuzione dei consiglieri regionali. La legge, votata nel 2012, imponeva l’adeguamento annuale delle indennità dei consiglieri. Oggi abbiamo detto no ad un aumento che non ci sembrava giusto”.
Delle due l’una. O Moranduzzo è sovrano nel regno dei “faccia di tola” oppure occorre tornare all’inizio, a famosa “pelle da tirare…eccetera”.
De Gregori, in un brano che ha fatto storia, che cantava “Il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette”. Par di capire che le spalle del longilineo Moranduzzo siano già abbastanza larghe: sopportano senza fatica apparente il carico di una furbizia forse utile nell’interloquire con i propri fans ma piuttosto debole di fronte alla realtà.
Una realtà che è incontestabile tanto nelle cronache giustamente scandalizzate del voto in consiglio regionale quanto nella sostanza matematica della decisione. Moranduzzo, Paccher e chissà chi altro – in italiano, in trentino, in tedesco e magari anche in ladino - possono arrampicarsi su qualsiasi versione delle loro scempiaggine ma quando sul conto corrente si troveranno lo stipendio gli euro saranno molti di più. Euro meritati? Forse un diritto? Può anche essere.
Ma se un presunto diritto legato a incomprensibili arzigogoli di legge va in rotta di collisione con la fatica dello sbarcare il lunario di gran parte dei trentini e degli altoatesini, beh allora non è un più un diritto. È il rovescio inquietante della logica, coerente solo con l’assurdità di privilegi economici che erano anacronistici ed esagerati ben prima del voto scandaloso in consiglio regionale.
Sarebbe – è – fin troppo semplice allinearsi alle reazioni esterrefatte delle minoranze che non sono riuscite a bloccare lo sblocco di soldi che speravano si potessero spendere per far stare un minimo più bene chi sta male. Sarebbe – è – scontato rilanciare le accuse del sindacato che fa presente come sia in Trentino che in Alto Adige i diritti della popolazione più debole vengono prima di quelli dei consiglieri regionali. Di questo, del ribrezzo, si continuerà giustamente a parlare anche nei prossimi giorni e sarà curioso (divertente no) annotare le iperboli giustificazioniste che certo verranno.
Qualcuno – ci si scommette – si appiglierà goffamente a chissà quale “obbligo” di ulteriore “scatto” sullo stipendio lauto. Qualcuno altro sarà ancora più ipocrita e di fronte al ludibrio giurerà di essere pronto al rimedio della beneficienza (che, si sa, non lava via i peccati quando è dura). Ci sarà anche chi farà spallucce e si godrà senza vergogna quei cinquecento e più euro utili a far fronte al rincaro della benzina che pesa sul pieno del suo Cayenne.
Su tutta questa miseria toccherà sorvolare per salvarsi lo stomaco. Dalle miserie, infatti, siamo sopraffatti. Così come dall’impotenza di non poter replicare con uno sberleffo a chi beatamente magnifica – ad esempio – sé stessa e la sanità trentina nel momento in cui è più facile prendere un appuntamento con il Santo Padre che con uno specialista chiamando la Cup.
Se è impossibile tutelarsi da una più che discutibile amministrazione della cosa pubblica, ci si potrà almeno ribellare alla fandonia? Come può passare per la testa del giovane leghista Moranduzzo di spacciare per una conquista un tonfo incontrovertibile della morale? Come può intestarsi un “blocco delle indennità” nello stesso momento in cui vota tra vane proteste per aumentare la sua busta paga?
Chi riuscisse a spiegarsi il salto mortale – in questo caso la morte della verità - ci dia per favore un fischio. Con umiltà mista a rabbia meglio limitarsi a qualche consiglio non richiesto.
Il primo: a volte è meglio tacere perché se è insopportabile che un consigliere regionale si aumenti lo stipendio è ancora più difficile accettare che lo faccia provando a far credere di aver compiuto un gesto nobile e perfino lungimirante. Per di più a favore della comunità. Volendo esagerare con le citazioni scomodiamo Woody Allen: “Prendi i soldi e scappa”. Caro Moranduzzo, faccia così che è meglio. E si astenga dal “tirare la verità come la pelle".
Il secondo consiglio? Sarebbe troppo lunga. Ma per favore si eviti almeno l’elogio delle differenze qualitative tra politici trentini e altoatesini quando gli uni e gli altri – non tutti per fortuna - scelgono di lavorare assieme per un comune portafoglio.
Eccola la regione che crede nell’autonomia. L’autonomia sì, ma dalla ragione.