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Ricalcolo indennità per i consiglieri, bene Verdi-Futura che restituiscono, meno bene il Pd che ci prova ma non ci riesce. E gli altri che fanno?

Se i consiglieri del Pd un po' di quei soldi carichi di vergogna hanno deciso di darli al partito ''a sostegno di un progetto alternativo a questo governo regionale'' c’è chi dentro Lega, Svp e Forza Italia reagisce con la stizza barricadiera degli “io son io e voi non siete un c…”. Per fortuna non tutti. I più furbi – è successo quando gli inviati di un programma della Tv trash li hanno incalzati – se la danno a gambe levate. Correndo, forse, a controllare la crescita del conto corrente
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Di Carmine Ragozzino - 30 settembre 2021

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

C’è chi non ha mandato l’etica all’ammasso. C’è chi non si metterà in saccoccia un aumento di paga tanto sostanzioso quanto immotivato. Aumento immeritato, ingiustificato, anacronistico, irritante ed offensivo. È una buona notizia. Ai consiglieri regionali di Verdi e Futura va riconosciuto di essere passati per primi dalle parole frustranti e frustrate – (la vana opposizione in aula) – ai fatti. I consiglieri del Pd sono arrivati dopo. Ma anche loro sono arrivati, seppure con qualche “ma” di cui si dirà in seguito.

 

Il ricco “adeguamento al costo della vita” ad appannaggio dei consiglieri regionali è un arzigogolo legislativo. È il prodotto di un’arroganza che appare perfino inconsapevolmente masochistica. La combriccola mistilingue che alcuni mesi fa impose a maggioranza gli aumenti dei già satolli emolumenti dei consiglieri regionali si abbarbicò maldestramente sugli specchi di una presunta “obbligatorietà”. Nulla è peggio di chi dice “non vorrei arricchirmi ma mi tocca”. Ebbene, la sacrosanta opposizione sociale all’eccesso di privilegio è trasversale alle appartenenze politiche. Frotte di votanti di sinistra, centro e destra dicono “vergogna”. All’unisono.

 

Per rispetto di un’istituzione che non senza fatica bisogna accettare come rappresentativa, non bisognerebbe perdere la speranza. Chissà che prima o poi si affacci negli “unti dal Signore del menefreghismo” un minino di senso della misura, un rigurgito di dignità. Cinquecento euro (a spanne) di aumento mensile e circa 17 mila euro di arretrati sono null’altro che un insulto. (E per favore, lor signori si astengano dal puntualizzare adesso la cifra esatta con gli spiccioli facendo le pulci all’approssimazione). Trattasi di pernacchia incravattata a chi sbarca a fatica il lunario tra paghe minime, mutui, figli da crescere, bollette in esplosione e tutto il resto della normale fatica di vivere.

 

Il Trentino e l’Alto Adige della politica – diversi in tutto – se si tratta di soldi possono diventare indistinguibili quanto a immoralità. Perorando tesi improponibili tanto in italiano quanto in tedesco, Svp, Lega e Forza Italia vararono la norma che alza i “miseri” stipendi da consigliere per adattarli al costo della vita: la loro. Una vita che proprio grama non deve essere con cinquemila quattrocento e più euro netti al mese (raddoppiare per il lordo e aggiungere una variabile quantità di rimborsi). Chi si oppose in aula annuncia oggi di voler rimediare al misfatto con nuove proposte di legge. Ma gli oppositori erano e sono chiamati “subito” alla coerenza: rinunciare ad aumenti ed arretrati. Dare un segno, ma concreto.

 

Così è stato per Verdi e Futura, (accomunati in un sol gruppo regionale i trentini e gli altotesini). Coppola, Zanella, Dello Sbarba, Foppa e Staffler hanno firmato un mandato permanente che riguarda l’aumento mensile, la montagna di arretrati e il rimborso spese. Tutto andrà al Fondo Regionale per la famiglia e l’occupazione. È una opzione trasparente perché prevede la tracciabilità degli interventi che saranno attuati attingendo anche al denaro dei cinque consiglieri regionali.

Diversa la scelta del gruppo regionale del Pd. Rinunciano anche loro ma lo faranno in una forma ibrida che se nulla toglie alla serietà del gesto lascia aperto qualche piccolo dubbio di linearità.

 

Ferrari, Manica, Zeni, Tonini. Olivi e Repetto hanno spiegato in un comunicato che “destineranno i soldi alle realtà territoriali che si occupano di contrasto alla povertà. Un impegno – recita la nota – al netto della quota da destinare al partito a sostegno di un progetto alternativo a questo governo regionale”. Rei confessi di puntigliosità ci si permetta una domanda: “Che c’entra il partito?”. Se i soldi dell’aumento sono per il Pd “inaccettabili “quale è la logica che ne destina una parte alle attività di partito? Ogni consigliere eletto versa la sua quota “alla casa” ed è giusto che sia così. Ma un conto è la quota legata allo stipendio “pre scandalo” – lo scandalo degli aumenti mensili e degli arretrati – ed un altro conto è l’eventuale scorporo di un contributo al partito da un gruzzolo al quale si dice di voler pubblicamente e saggiamente rinunciare.

 

Se non si è capito, cenere sul capo da subito: decida il Pd la quantità. Se invece si è dedotto correttamente dalla frase del comunicato, (scripta manent, specie se si scrive male), beh allora ci si ripensi e non si trattenga un euro di quegli aumenti. Né per sé stessi né, tantomeno, per il partito. Bene, anzi benissimo che il Pd si mobiliti, (e mica solo il Pd) per costruire l’alternativa al governo provinciale nelle elezioni del 2023. Ma non senza imbarazzo ripetiamo: che c’azzecca l’uso improprio di una quota di quel maledetto aumento. Se si rinuncia - e si deve rinunciare - sarà il caso di dire no anche all’ultimo centesimo, devolvendo l’intero ammontare che va oltre il normale stipendio. Quel “al netto della parte destinata al partito” stride e un poco pure inquieta.

 

Sono due strade diverse quelle imboccate da Verdi-Futura e Pd. Altrettanto nobili e significative, ma diverse. Nel primo caso c’è una intera restituzione, attraverso il fondo regionale per casa e povertà. Coppola e gli altri girano in automatico aumenti ed arretrati ad una realtà della quale si possono controllare facilmente le uscite. Nel secondo caso par di capire che ogni consigliere Pd incasserà gli aumenti per poi “destinarli” a chi ha bisogno. Tutto il destinato alla solidarietà – non si dubita – sarà rendicontato nei tempi e nei modi. Ma la “destinazione” al partito si poteva e di doveva evitare. La strategia, insomma, appare piuttosto contorta. Verdi-Futura e Pd, in ogni caso, non hanno menato il can per l’aia su una vicenda – gli aumenti – che giustamente fa girare gli zebedei agli onesti di ogni latitudine politica.

 

Di quel che farà il Patt, blando oppositore agli aumenti, fino ad oggi non si sa. Di Fratelli d’Italia non c’è notizia di rinuncia ai soldi anche se Claudio Cia ha annunciato che ''li restituirò ai cittadini a chi ne ha bisogno, ai tanti che vengono a chiedermi un aiuto'', anche se resta da capire il come, il perché e il quando ma anche in questo caso, siamo sicuri, avremo notizia. Sull’Onda della polemica che accomuna negli strali sia destra che sinistra viaggia Degasperi. Ne ha per tutti ma fino ad ora non ha detto se gli aumenti odiati li terrà sul conto corrente oppure no. Di certo farà sapere. Fatti e non parole. Possibilmente fatti chiari, trasparenti, non equivocabili: di questo c’è urgenza. E sulla faccenda – lo sappiano consiglieri e partiti – la pubblica opinione è tutt’altro che disattenta. Quanto a coloro che incasseranno senza fare una piega non resta che un appello. Che andrà a vuoto. Scartata l’idea di uno scatto di coscienza dai consiglieri di Lega, Svp e Forza Italia gli si invoca almeno a smetterla di giustificare la loro ingordigia con tesi maldestre.

 

Li si sono sentiti argomentare che “un aumento oggi evita di stanziarne altri ancor più corposi domani”. Hanno sproloquiato di demagogia con la protervia di qualche slogan stantio. C’è chi s’è financo stupito del “can can”, autoproclamandosi “lavoratore meritorio di aumento, votato dal popolo”. Che il consiglio provinciale e regionale si lavori nessuno lo mette in dubbio (a parte qualche legittimo dubbio). Ma in fabbrica, in miniera o pedalando con una sacca di cibo sulla schiena, non ci sono la bouvette, i rimborsi chilometrici altamente forfettari, i tempi elastici, le diverse indennità di carica, le gite quasi scolastiche pagate che in gergo politico si chiamano “missioni”. E, soprattutto, non c’è possibilità di alzarsi per legge lo stipendio.

 

Di fronte a queste quisquilie c’è chi dentro Lega, Svp e Forza Italia reagisce con la stizza barricadiera degli “io son io e voi non siete un c…”. Per fortuna non tutti. I più furbi – è successo quando gli inviati di un programma della Tv trash li hanno incalzati – se la danno a gambe levate. Correndo, forse, a controllare la crescita del conto corrente.

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