L'ottimismo (o la disperazione, fate voi) di stampo elettorale che spinge Fugatti a farmi diventare ''No Vasc'' e la mega-Arena a Trento Sud
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Che maledetto destino. Passi una vita nella convinzione che senza musica non è vita. Fai macchina indietro – retromarcia anagrafica con rischiosa accelerazione nostalgica – e ti rivedi meno bolso tra i novantamila di Marley in un San Siro che pare un immenso calumet. Soffi via la polvere dall’indimenticabile e ti pare che quei “giorni gloriosi” urlati in migliaia con Springsteen non siano mai passati. Sfogli l’album del “C’ero anch’io” e Bowie non è mai morto. Cerchi disperatamente una ragione per credere che l’Italia è bella “nonostante” troppi italiani e la ritrovi nelle canzoni di De Andrè, Dalla, Daniele, Jannacci, Gaber, Jovanotti e moltissimi altri. Ti consola l’Italia vera, quella raccontata spesso inutilmente dagli inarrivabili: gli artisti che nei dischi e nei concerti ti hanno regalato un infinito vocabolario di parole giuste.
Eh sì, è un destino maledetto quello che oggi ti costringe a dichiararti “No Vasc”. Non lo fai a cuor leggero. Lo fai nel rispetto e nell’affetto per Sally e per tutto quello che il signor Rossi meno anonimo che si possa conoscere ha scritto, cantato, stonato e condiviso con un popolo che alterna la bandana al doppiopetto. Strana situazione. Scomodissima situazione quella che ti esporrà all’insulto socialmente inutile o, al contrario, a peana non richiesti e sinceramente nemmeno apprezzati. Che si esponga chi conta – in politica e nella società – che noi non contiamo nulla. Sono sicuro, arcisicuro, che la musica - tutta la buona musica - sia il vaccino più efficace contro ogni solitudine. Dunque dovrei continuare a richiederne non una dose ma un’overdose. Se ti fai iniettare “collettività” e “comunanza” – (che altro è la musica?) – forse non ti immunizzi da ogni negatività ma di sicuro stai più in salute. Chissà, forse ti attrezzi per fregare l’età.
E allora perché battagliare con la propria indole, perfino con la propria storia? Perché “No Vasc”? Semplice, per una banalissima ragione di buon senso. Magari anche di buon gusto che non annulla il gran gusto nel sentire Vasco. Sua Presidenza della Provincia, quel pacioso eroe della toccata e Fuga..tti dai problemi veri della Provincia che troppe volte sgoverna, ha deciso di usare una notevole quantità di soldi pubblici – (anche i miei, senza chiedere parere) – per portare Vasco a Trento. Nel maggio del prossimo anno. Deve leggere nella sfera di cristallo sua Presidenza che a maggio del prossimo anno di Covid non si sentirà più parlare anche se tutto, purtroppo, lascia immaginare che il virus potrebbe non andare in letargo e che stringersi fiato a fiato in centoventimila potrebbe non essere una festa.
Ma tranquilli, non è che Fugatti sia un virologo. È che si è fidato del Covid nel momento in cui il virus gli ha giurato che quando sente “Bollicine” smette di infettare. Se dovesse variare – ha garantito a Fugatti – darà la colpa ad Alfredo. Non certo al presidente. Forte di un ottimismo – (o di una disperazione, fate voi) – di stampo elettorale, sua Presidenza ha deciso di scoprire “l’effetto che fa”. L’intera popolazione di Trento andrà concentrata in un’area stretta tra ferrovia, aeroporto, una provinciale che si intasa anche per un centinaio di auto di vaccinandi. Un’area che potrebbe forse anche essere adatta, (ma non così com’è, ne serve il doppio), ma solo con un investimento dove gli zeri non sono preventivabili.
Ma per il nostro toccata e Fuga..tti la matematica deve essere materia fastidiosa. I conti – ha dichiarato – li faremo “a tempo debito”. Sarà, ma se tra poco ci si dovesse accorgere che non ci sarà tempo per dare soluzione ad una montagna di incognite e che resterà solo il debito?
In epoca di vacche grasse – (ce ne sono state, ma sono ormai un ricordo) – i soldi non sono mai stati un problema dell’Autonomia. In epoca di lunari al lumicino, di servizi che peggiorano, di cerca lavoro che aumentano, anche gli spiccioli sono un problema. Se la logistica di Vasco costa milioni – (e porca vacca, dite almeno quanti con meno vaghezza) – qualcuno ci rimetterà più di quanto non ci abbia già rimesso. Chiedere al mondo della cultura o della scuola, così tanto per citare. Che poi non è nemmeno la metratura di San Vincenzo, (così si chiama l’area destinata a Vasco). Che poi è il sistema dell’emergenza, dei trasporti, dei parcheggi, della protezione civile, eccetera. Ce l’avrà un pallottoliere sua Presidenza? Può essere che sì. Ma se sì, non l’ha voluto usare. Usano, al contrario, tutti i più sofisticati strumenti di calcolo i bravissimi organizzatori della rodata Vascomania che dalla Provincia otterranno il massimo della resa con il minimo della spesa. Alla Provincia le spese, (tutte o quasi), a loro i guadagni tra biglietti, ristorazione “sul posto”, ricca “mercanteria” pro fans, vitto, alloggio per un esercito, elicottero per gli spostamenti. Ci mancano solo i gettoni per la lavanderia e i buoni per regalare i fiori alle morose.
Sì, ma vuoi mettere il botto di immagine? Sua Presidenza su questo tema non ha timori. Il fido Failoni non ha rivali nella preveggenza al contrario: garantisce ricadute eccellenti. Chi guida la Trentino Marketing spara anche la cifra: 20 milioni. Fosse così, chapeau. Ma per essere così bisogna che almeno la metà dei 120 mila faccia spola tra la landa vicino a Mattarello e la città dei bar e dei ristoranti, paralizzando per altro il paralizzabile. Ci sono mai andati ad un concerto di Vasco questi matematici dell’illusionismo? Nessuno si schioda, dall’Albachiara in poi, dal posto prenotato ma custodito con patologica gelosia. Consumano panini e birre sulle quali “l’organizzazione” guadagna cifre astronomiche. Pare difficile che si facciano arrivare in loco la cena dal Forst o dal Pedavena con frotte di rider.
Non ci siamo. Ci potremmo essere – ipotesi più che remota – se tutte le carte economiche e di compatibilità socio ambientale dell’evento fossero già sul tavolo: trasparenti, al dettaglio, rassicuranti. Ci potremmo essere se alla carboneria di una trattativa tra pochi e non tutti “eletti” consiglieri di sua Presidenza, si fosse preferito un percorso di confronto e di possibile condivisione. A partire da quello, assente, con il Comune di Trento. Non si tratta di essere pro o contro perché Vasco è artisticamente “oltre” ogni divisione. Si trattava e si tratta ancora di capire – laicamente - se e quanto il gioco vale la candela. Si tratta di capire se e quanto Trento ed il Trentino sono in grado di gestire l’impatto di una città di montagna che di colpo “raddoppia”. Senza potersi miracolosamente allungare o allargare, così come succede negli spazi ampi di pianura (vedasi Modena, Imola o CampoVolo).
“No-Vasc” non si nasce ma si può diventare. Purtroppo e mio malgrado corro il rischio. Il mio “No Vasc” è uno stato temporaneo sempre più prossimo al definitivo. È dettato dal disarmo per una Provincia che cento ne pensa e una ne fa. Ma la fa male. Una Provincia che per “fare un piacere” a Trento la mette nelle peste – (libera interpretazione del pensiero espresso dal sindaco proprio qui, su “Il Dolomiti”) – non solo dal punto di vista logistico. Lo fa nel mentre gli “deve” quattro milioni di euro utili “davvero” alla città, ai suoi servizi. Una Provincia che indora pillole promettendo – per il dopo Vasco - Arene stabili per la musica dal vivo. Arene senza che si possa vedere uno straccio di progetto visibile, credibile, praticabile e gestibile. Se l’arena futura sarà l’asfalto di un’area senza strutture e senza servizi, (che costano), sua Presidenza avrà fatto l’ennesima toccata e Fuga…tti dalla serietà.
E allora chiudiamola in dedica. E allora chiudiamo dedicando a Fugatti proprio il Vasco di Basta Poco: “Basta poco per fare impressione, basta poco per andare in televisione, che la gente subito ti riconosce per la strada. Si fa presto a montarsi la testa e d’altronde è questa qui la realtà di questa vita”. A sua Presidenza “Basta poco” per gioire. A noi no.