Contenuto sponsorizzato
Storia

Adunata degli Alpini a Vicenza: un’occasione per riscoprire Mario Rigoni Stern, Antonio Giuriolo e Luigi Meneghello, tre alpini che dissero no al fascismo

Vicenza ospiterà la 95esima Adunata Nazionale degli Alpini. Tra le fanfare, la festa, la memoria dei caduti e qualche inevitabile concessione alla retorica, l’Adunata potrebbe anche essere l’occasione per riscoprire tre grandi alpini vicentini, accomunati dal no al fascismo

di
Michele Santuliana
08 maggio | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Vicenza è ormai pronta a ospitare l’Adunata. Da settimane l’intera provincia è un tripudio di bandiere tricolori, di striscioni di benvenuto, di monumenti più o meno improvvisati al centro delle rotatorie che costellano la pianura vicentina. Venerdì 10 maggio l’apertura dell’evento, che si concluderà con la sfilata per le vie del centro città la domenica successiva. Sono attese 400.000 penne nere: tre giorni di canti, di fanfare, di festa, ma anche di memoria.

 

Ecco, la memoria. In questa Italia in cui la memoria è così labile, l’Adunata potrebbe diventare anche un’occasione per riscoprire tre grandi alpini vicentini, tutti e tre coinvolti nelle vicende della Seconda guerra mondiale e tutti e tre accomunati dall’opposizione al fascismo e dall’adesione alla Resistenza: Antonio Giuriolo, Luigi Meneghello e Mario Rigoni Stern.

 

Dei tre, il più anziano era Giuriolo. Nato a Castello di Arzignano, nell’ovest vicentino, nel 1912, era figlio dell’avvocato Pietro Giuriolo, antifascista picchiato e minacciato dagli squadristi. Nel 1924 la famiglia Giuriolo si trasferì a Vicenza, dove Antonio frequentò il liceo “Pigafetta”. Iscrittosi all’università di Padova, si laureò in Lettere nel 1935; nel frattempo aveva assolto agli obblighi militari a Salerno, uscendo dal corso allievi ufficiali col grado di tenente. Richiamato lo stesso anno e poi all’inizio della Seconda guerra mondiale, dalla fanteria fu destinato al corpo degli Alpini, raggiungendo il grado di capitano.


Antonio Giuriolo, il "Capitano Toni"

 

Giuriolo rifiutò sempre l’iscrizione al P.N.F., vivendo di lezioni private e trascorrendo molto del suo tempo a studiare in biblioteca Bertoliana a Vicenza. Qui ancora oggi una targa, posta nel dopoguerra sopra l’ingresso, lo ricorda. Intellettuale libero e aperto, si avvicinò al movimento “Giustizia e Libertà” e al contempo ebbe contatti con alcuni dei più importanti intellettuali antifascisti italiani, fra cui Aldo Capitini e Norberto Bobbio. L’antifascismo di Giuriolo scaturiva anzitutto come opposizione morale, frutto di una ininterrotta, profonda ricerca interiore, che lo portò a diventare un «nobilissimo esempio di educatore senza cattedra», come appunto lo definì Bobbio.

 

A partire dalla fine degli anni Trenta Giuriolo divenne un punto di riferimento per molti giovani nati nei primi anni Venti e cresciuti sotto il fascismo trionfante. Di lui dirà ancora Norberto Bobbio: «Rappresentò l’incarnazione più perfetta che mai io abbia visto realizzata in un giovane della nostra generazione dell’unione di cultura e vita morale».


La lapide in memoria di Antonio Giuriolo all'ingresso della biblioteca Bertoliana di Vicenza - foto dell'autore

Fu nell’estate 1940 che Luigi Meneghello, nato a Malo nel 1922, incontrò Giuriolo. Si trattò di un incontro destinato a cambiare la sua vita, come scrisse in Fiori italiani. A contatto con Giuriolo Meneghello, allora convinto giovane fascista, vincitore solo pochi mesi prima dei Littoriali nella categoria “Dottrina Fascista”, iniziò quel «processo esaltante e lacerante insieme» che lo condusse a prendere le distanze dal regime. Per la prima volta al giovane Gigi «pareva di pensare, e si sentiva pensare».

 

Giuriolo nel 1942 divenne uno dei principali esponenti del Partito d’Azione in Veneto, formazione a cui aderirono anche Meneghello e il gruppo di amici coetanei a lui vicini, i futuri “Piccoli maestri”.

L’8 settembre 1943 Meneghello era a Tarquinia, allievo ufficiale degli Alpini. Con l’amico Lelio riuscì a rientrare fortunosamente a Vicenza («tenevamo il cappello alpino ora in testa ora in tasca» scrive nei Piccoli maestri), da dove, alcuni mesi dopo, partì per le montagne del Bellunese: là il “Capitano Toni” aveva infatti messo in piedi una banda partigiana.

 

Scrive Meneghello di Giuriolo nei Piccoli maestri: «Senza di lui non avevamo veramente senso, eravamo solo un gruppo di studenti alla macchia, scrupolosi e malcontenti; con lui diventavamo tutt’altra cosa: Antonio era un italiano in un senso in cui nessun altro nostro conoscente lo era; stando vicino a lui ci sentivamo entrare anche noi in questa tradizione. Sapevamo appena ripetere qualche nome, Salvemini, Gobetti, Rosselli, Gramsci, ma la virtù della cosa ci investiva: eravamo catecumeni, apprendisti italiani».

 

La banda si spostò sull’Altipiano dei Sette Comuni nel maggio 1944, dove operò fino ai rastrellamenti del 5-10 giugno, quando i partigiani furono costretti a separarsi. Giuriolo si trasferì a Bologna per curarsi una mano ferita. Qui venne contattato da esponenti della Resistenza locale e accettò di comandare la brigata Matteotti “Montagna” sull’Appennino. Morì combattendo contro i tedeschi in Località Corona di Lizzano in Belvedere il 12 dicembre 1944, ottenendo la medaglia d’oro al Valor Militare alla Memoria. Meneghello, come racconta nei Piccoli maestri, continuò con i compagni la lotta nella Resistenza, dapprima sui Berici e quindi a Padova, fino alla Liberazione. 


Luigi Meneghello

 

L’Altipiano, già teatro di sanguinose battaglie della Prima guerra mondiale, è l’anello di congiunzione fra Giuriolo, Meneghello e un terzo grande maestro di vita morale e scelta antifascista, anche lui alpino: Mario Rigoni Stern. Nato ad Asiago nel 1921, cresciuto nel mito patriottico della Grande Guerra, Rigoni si arruolò negli Alpini nel 1938, a diciassette anni. Superata la dura formazione alla Scuola militare di alpinismo di Aosta, combatté in tutte le principali campagne militari che videro schierati gli Alpini: nel 1940 contro la Francia e la Grecia, esperienza da cui scaturirono diversi racconti e il romanzo autobiografico Quota Albania, nel 1941-43 nelle steppe russe, dove meritò anche una medaglia d’argento al Valor Militare.

 

In Russia Rigoni vide che tipo di guerra era quella dell’Italia mussoliniana e compì il definitivo allontanamento dal fascismo, ciò che Meneghello aveva potuto mettere in atto grazie al contatto con Giuriolo. Come per Nuto Revelli, per Rigoni fu la guerra a far maturare la scelta antifascista: le sofferenze, le violenze patite e compiute per una patria matrigna, lo condussero, dopo la terribile esperienza della ritirata, raccontata nel Sergente nella neve, al no definitivo al “credere-obbedire-combattere” in cui era cresciuto.


Mario Rigoni Stern sull'Ortigara nel 2006

 

Catturato dopo l’8 settembre al Brennero, Rigoni visse il resto della guerra nei lager tedeschi, rifiutando l'adesione alla R.S.I. e sopportando la fame, il freddo, le violenze perpetrate dai nazisti. Solo nella primavera del 1945, fuggito dall’ultimo campo, fece ritorno ad Asiago. Ridotto a 45 chili, malato e traumatizzato, faticò a lungo a godere «delle rondini, del suono delle campane, dei fiori dei ciliegi, del canto dei tordi, delle api sui colchici perché ancora avevo i comandi urlati» (dal racconto La scure).

Nei decenni successivi divenne non soltanto uno fra i più originali scrittori del secondo Novecento, il primo a portare l’ambiente, la montagna, la natura nella letteratura italiana, ma anche uno strenuo difensore del territorio e dei valori autentici della montagna.

 

Antonio Giuriolo, Luigi Meneghello e Mario Rigoni Stern. Tre maestri, tre antifascisti, tre esempi di vita morale e impegno civile. E tre alpini, che in tempi grigi come i nostri ancora ci indicano la strada. Lontano dalle fanfare, agli antipodi dalla facile retorica, ci insegnano quel “no” che Rigoni Stern, in una delle ultime interviste, rivolgeva come testamento alle nuove generazioni: «Imparate a dire no alle lusinghe che avete intorno. Imparate a dire no a chi vi vuol far credere che la vita sia facile. Imparate a dire no a chiunque vuole proporvi cose che sono contro la vostra coscienza. Seguite solo la vostra voce. È molto più difficile dire no che sì».

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Sport
| 22 gennaio | 13:00
Donato al Museo etnografico Dolomiti, è stato esposto dopo un’accurata ripulitura e manutenzione che lo ha portato all'originario splendore
Ambiente
| 22 gennaio | 12:00
Beatrice Citterio, ricercatrice in trasformazioni territoriali alla libera università di Bolzano, è ospite della nuova puntata di Un quarto d'ora per acclimatarsi, il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia
Sport
| 22 gennaio | 11:00
Ad imporsi è stata la Svizzera, che annoverava tra le proprie fila anche ex calciatori di assoluto livello come Benaglio, Mehmedi, Chapuisat e Frei, che in finale ha piegato per 8 a 6 la Germana. L'evento si disputa dal 2010, è giunto alla 13esima edizione e richiama un gran pubblico nella città del Canton Grigioni
Contenuto sponsorizzato