“Un vino che non assomiglia a nessun altro”. A valorizzarlo sono le botti in legno di castagno locale? Dalla Toscana un nuovo approccio alla filiera corta “bosco-cantina”
Diversi progetti sviluppati in Toscana, negli ultimi anni, stanno puntando a recuperare l'utilizzo del legno di castagno locale per realizzare le botti con cui maturare i pregiati vini regionali. Una riscoperta della tradizione e un'opportunità di sviluppo locale per una materia prima rinnovabile molto presente sul territorio
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
“Un vino che non assomiglia a nessun altro”: questa è stata la semplice ma forte affermazione del giornalista e critico enogastronomico Daniele Cernilli a seguito dell’assaggio di un sangiovese toscano maturato in botti di castagno di origine toscana. Botti realizzate nell’ambito del progetto “REVIVAL”, che ha avuto l’obiettivo di rilanciare la filiera legno-vino in un percorso di valorizzazione dei boschi toscani per la produzione di contenitori ad uso enologico.
Non si tratta di una novità, bensì di una riscoperta: il legno di castagno era infatti storicamente molto utilizzato in Toscana per produrre contenitori per la maturazione del vino, ma è stato poi abbandonato negli ultimi decenni preferendo le classiche botti in rovere di provenienza francese o comunque extranazionale. Con questo progetto si è voluto capire se questa filiera potrebbe rappresentare una via percorribile per dare nuove opportunità all’economia forestale locale e per fornire al contempo ai consumatori un vino con spiccata identità legata al territorio e alla tradizione.
Il progetto ha portato in effetti a diversi risultati davvero interessanti. Dal punto di vista forestale è stato dimostrato che gli assortimenti presenti nei boschi locali si prestano bene a questa produzione, anche se occorre fare attenzione alle caratteristiche tecnologiche del legno: la presenza di nodi, di gallerie di insetti e di altri difetti potrebbe infatti compromettere la tenuta delle botti. È quindi necessario operare una selezione molto attenta ad ogni passaggio, dal bosco alla segheria. Per quanto riguarda invece il vino, sembra che le differenze rispetto al classico rovere siano percepibili sia a livello olfattivo che gustativo, ma dato che il castagno porta ad una maggiore astringenza percepita, occorrerà approfondire il suo utilizzo dal punto di vista enologico per bilanciare al meglio il prodotto finito. Giovanni Cappellini, proprietario del Castello di Verrazzano di Greve in Chianti e capofila del progetto, ha dichiarato che i clienti hanno riservato un’ottima accoglienza al prodotto, riconosciuto come originale e strettamente legato al territorio.
Dopo REVIVAL e il precedente PROVACI (nomi di tutto rispetto, vista la storia appena descritta!) un nuovo progetto finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale della Toscana approfondirà l’utilizzo enologico del castagno presente nei boschi regionali. Questa volta si chiama è ToSca ed è stato presentato negli scorsi giorni presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Firenze.
Partendo dalle conoscenze e competenze già sviluppate, l’obiettivo è analizzare in modo ancor più approfondito l’impatto del legno di castagno sulla qualità dei vini ottenuti dalle varietà autoctone della Toscana. L’uso del legno, sottoposto a diverse tostature, sarà ottimizzato sia per l’affinamento dei vini rossi che per la fermentazione e l’affinamento sur lies dei mosti dei vini bianchi.
I vini ottenuti nelle aziende partner del progetto nella vendemmia 2023 e 2024 saranno affinati o fermentati nei carati in castagno da 250 litri ottenuti per lo scopo e sottoposti a diversa tostatura. L’uso del legno di castagno sarà comparato all’interno di un preciso disegno sperimentale con la barrique in legno di rovere e con altri materiali quale l’acciaio. Le analisi periodiche dei parametri chimico-fisici e del risultato sul profilo sensoriale dei vini saranno realizzate ed elaborate dal DISTAM DAGRI dell’Università di Firenze, partner scientifico del progetto.
Il percorso di studio porterà infine ad elaborare e mettere a disposizione delle aziende vitivinicole dei protocolli innovativi di uso della botte in castagno, che saranno in grado di valorizzare le varietà toscane e di esaltarne la connotazione territoriale, legata quindi non solo al prodotto del vigneto ma anche a quello dei boschi locali, spesso vicinissimi alle vigne e alle cantine.
L’utilizzo del legno locale per un prodotto strettamente connesso al territorio come il vino dimostra ancora una volta le potenzialità ancora inespresse che si possono trovare nei nostri boschi, risorsa strategica di molte aree interne del Paese. Storie in grado di unire tradizione e innovazione, qualità e marketing territoriale, tenendo al centro la sostenibilità.
Articolo realizzato in collaborazione con la Rivista Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi