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Cultura

257 chilometri percorsi ogni anno da 500 persone: camminare come atto politico tra le terre mutate dal terremoto nell'Appennino centrale

Dopo il terremoto che ha colpito drasticamente 57 comuni del cratere aquilano, e quello che nel 2016 ne ha colpiti 138 comuni tra Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, e dalla protesta verso la mancata ricostruzione, nasce e prende forma il Cammino nelle Terre Mutate che, attraversa il cuore dell’Appennino, che in 257 chilometri unisce il fulcro dei crateri sismici, Fabriano e L’Aquila,  attraversando due Parchi Nazionali e molti insediamenti urbani duramente segnati dal sisma

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Racconti dagli Appennini in mutazione
19 ottobre | 18:00

a cura Annalisa Spalazzi

 

Mi affaccio dalla finestra. Appoggiati alla fontana ci sono dei ragazzi con uno zainone grande almeno quanto le loro schiene. Ai piedi gli scarponi pieni di terra. Eccoli, sono arrivati altri camminatori! Si prende e si va al Circolo, sicuramente passeranno di là per il timbro. Stavolta c’è Gino a timbrare la credenziale, con lo sguardo accogliente e riservato. Poi, l’immancabile birra di fine tappa. Il Circolo è il luogo del quotidiano, lo spazio di incontro, immancabile appuntamento alla fine della giornata per due chiacchiere o una partita a carte. E poi vedi loro, i camminatori che si amalgamano in quello spazio di paese con i loro zaini buttati in qualche angolo, gli scarponi, le facce stanche e con lo sguardo che timidamente e educatamente cerca quello dei locali. “Come si sta qui?”.

 

Arrivano qui così, con il sorriso di soddisfazione e gli occhi pieni tra l’incanto dei paesaggi e la malinconica emozione attraversando i luoghi del terremoto, alla penultima tappa prima di arrivare all’Aquila: Collebrincioni, che si raggiunge dopo 25 km da Mascioni (Campotosto). Una tappa lunga, stancante, tra dune quasi desertiche ma ricche di dettagli lasciati dai secoli di pascolo delle greggi e dell’agricoltura di montagna. Dune che ti accompagnano dolcemente al paese, l’ennesimo centro urbano di questo viaggio segnato dal sisma; qui quello dell’Aquila del 2009, che dopo 15 anni vive ancora di attese per la ricostruzione.

Dopo quel terremoto che ha colpito drasticamente l’Aquila e 57 comuni del cratere aquilano, nel 2016-17 un’altra sequenza sismica ha sconvolto e trasformato il Centro Italia colpendo – con intensità diversa – 138 comuni tra Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo. Da questa serie di eventi e dalla protesta verso la mancata ricostruzione, nasce e prende forma il Cammino nelle Terre Mutate che, attraversa il cuore dell’Appennino:  in 257 km unisce il fulcro dei crateri sismici, Fabriano e L’Aquila, in 14 tappe, attraversando due Parchi Nazionali e molti insediamenti urbani duramente segnati dal terremoto. Dunque, il Cammino nelle Terre Mutate non nasce come un progetto turistico, ma come una Marcia di solidarietà, portata avanti all’origine da tre associazioni (Movimento Tellurico, Federtrek e APE Roma). Col tempo ed il susseguirsi di passi ha generato un grande movimento di cittadinanza attiva nei paesi terremotati attraverso la pratica del cammino e del dialogo. 

 

Le “Terre Mutate” sono oggi la rappresentazione più genuina del camminare come atto politico attraverso cui persone provenienti da tutta Italia e oltre vedono lo stato della ricostruzione, incontrano le comunità, parlano con le persone e si fanno portatori di un monitoraggio dal basso della ricostruzione e della vita in questi luoghi, continuando a dargli un significato, portando il rumore dei propri passi e del vociare, nel silenzio che aspetta soltanto di essere rotto. Come tutti i progetti del post-emergenza, però, avrebbe perso il suo senso se non fossero stati i territori e chi li abita ad accogliere il Cammino e creare una rete diffusa lungo il percorso, consapevoli che questa pratica può continuare a portare linfa vitale non solo economica, ma soprattutto sociale ed umana.  

Da qui anche il senso di dare valore al “mutare”, ovvero l’accettazione che qualcosa sta cambiando in questi luoghi. La forza della natura ha prodotto cambiamenti nelle terre, nelle architetture e nelle persone. Ma ha anche generato nuove storie, protagonisti, progetti di rinascita e visioni sui luoghi che hanno un valore nell’essere vissuti e raccontati. Parlare di questi luoghi nelle loro mutazioni è un invito a visitarli e risignificarli con le comunità abitanti e portare occasioni di rigenerazione attraverso il passaggio lento, attento e di cura. 

 

Ogni anno passano circa 500 camminatori e camminatrici. Non un grande numero (non è quello che si cerca), ma abbastanza per chi abita per avere un’entrata economica, delle relazioni umane, la compagnia nel dialogo e l’attesa che qualcuno sta arrivando. Passare per queste terre ha generato racconti. Sono nati tre libri, due podcast, ricerche scientifiche e innumerevoli reportage. Il Cammino nelle Terre Mutate è diventato un movimento di rivendicazione del camminare come atto politico di riappropriazione dei luoghi, di monitoraggio dal basso della ricostruzione  che si basa su una semplice domanda passando tra le ferite del sisma: “come si sta qui?".

 

Scontrandosi con la retorica che generalizza il turismo come esclusivamente negativo per i territori (a causa della gentrificazione, turistificazione dei luoghi, perdita di identità e folklorizzazione che appiattisce le culture locali), in queste terre viene da fare una riflessione. Possiamo definire questo tipo di turismo estrattivo? O possiamo invece definirlo rigenerativo?

 

Il turismo rigenerativo ha origine tra le comunità indigene del Sud del Mondo e considera il turismo, non più come un settore economico, ma come un sistema in cui l’incontro è un’occasione di rigenerazione (dal latino ‘re-generare’: far nascere di nuovo) per chi è in viaggio, per le persone con cui si condivide l’incontro e per il luogo che si attraversa. Non è attraversare i luoghi preservandoli come sono, prerogativa della sostenibilità. La rigenerazione accetta il cambiamento, riconosce le trasformazioni in corso, le vive e dà un nuovo senso ai luoghi, agli incontri e all’abitare. Per questo il Cammino nelle Terre Mutate, che attraversa con delicatezza i luoghi e le comunità colpite dal sisma nel Centro Italia, è una pratica di turismo rigenerativo che dà un senso diverso all’abitare nel post disastro. In un certo modo, fa anche ripensare al rapporto delle comunità abitanti con il terremoto. Fa re-immaginare l’abitare queste terre non nella paura, ma riconoscendo l’importanza della prevenzione e della sicurezza, rivendicando il sostegno dei soggetti istituzionali e non che, a diversi livelli, dovrebbero essere responsabili dei processi di pianificazione preventiva ai rischi (per approfondire si rimanda all’inchiesta militante del collettivo Emidio di Treviri: Sul Fronte del Sisma). 

In questo senso, camminare è un atto politico che invita a una rivalutazione delle interazioni umane con gli ambienti costruiti, con quelli naturali e con le economie che ne tessono l’unicità, creando paradigmi culturali alternativi lì dove prevale la rassegnazione e l’abbandono. 

 

Ad oggi, la capacità di rispondere ai disastri è un aspetto cruciale del dibattito contemporaneo, considerando la crescente vulnerabilità ai rischi che si registra in diversi contesti a livello globale. Tali eventi richiedono risposte profonde e trasformative. L’atto di camminare non può da solo trovare queste risposte, ma favorisce le connessioni con sé stessi, con gli altri esseri umani e con l'ecosistema che ci circonda, rendendolo uno strumento attraverso cui poter raggiungere la coesistenza tra umani e ambiente. Può sì essere un atto politico e rigenerativo, se sono le persone che lo vivono ad averne la consapevolezza.

 

Del Cammino nelle Terre Mutate come pratica di turismo rigenerativo nell’immediato post-disastro ho scritto nella rivista scientifica internazionale Tourism Geographies e pubblicato qui. Banalizzare e brandizzare le parole per il marketing territoriale è una pratica sempre più comune, mentre bisogna preservare il valore delle pratiche, nella genuinità con cui nascono. Far sì che il Cammino rimanga quello spazio di cura tra chi è in cerca di risposte e si mette in movimento, i luoghi che si trasformano nell’essere attraversati e gli abitanti che in questo incontro trovano un nuovo senso dello stare, del fare economia, di reimmaginare il loro abitare. Non è il Cammino di per sé ad essere rigenerativo, ma la coscienza politica che muove chi si mette in cammino, chi resta e la nuova ecologia sociale che viene a crearsi da questo incontro in cui i luoghi, le macerie, i paesaggi assumono nuovi significati, mutano, e non per questo perdono valore. Semplicemente, evolvono.

 

Per saperne di più sul Cammino nelle Terre Mutate: https://camminoterremutate.org/ 

 

l'autore
Racconti dagli Appennini in mutazione

Annalisa Spalazzi. Nata in un piccolo paese dell’Appennino Centrale, per diversi anni ha lavorato nelle periferie del Sud e dell’Est Europa occupandosi di programmi di collaborazione e strategie per l’innovazione e cambiamenti climatici, per poi decidere di tornare ad abitare l’Appennino. Oggi dottoranda in geografia economica e scienze regionali al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, nella ricerca, ma anche come abitante e attivista, si occupa di supporto e divulgazione delle pratiche di gestione collettiva delle risorse primarie dell’Appennino, con particolare attenzione ai boschi e alla pastorizia e le forme di economia di comunità che (ri)emergono nelle montagne di mezzo.

 

Francesca Sabatini. Nata a Napoli e vissuta a Roma, negli ultimi anni sta ritrovando le sue origini appenniniche di Pescocostanzo, in Abruzzo: paese di famiglia, montagne e ritorni. È PhD in Geografia, ha fatto un post-doc all’Università degli Studi dell’Aquila e attualmente è assegnista all'Università del Piemonte Orientale per una ricerca sulle geografie contemporanee della transumanza, in Piemonte e in Abruzzo. Si occupa di aree interne, disastri, turismo, metodi creativi e questioni di genere in geografia. Ha pubblicato una monografia per Guerini, articoli scientifici e racconti per riviste culturali. Fa parte del collettivo Emidio di Treviri e dell'APE Smarginando.

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