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Attualità

"Le pluriclassi possono offrire spunti innovativi anche per gli istituti scolastici urbani". Il film 'Un mondo a parte' accende una luce sulle piccole scuole

“Un mondo a parte”, il film di Riccardo Milani con Antonio Albanese e Virginia Raffaele è un successo al botteghino che si riflette su tutte quelle aree interne, spesso di montagna, che si misurano con lo spopolamento. Ma soprattutto, è una luce accesa su un presidio fondamentale per quei territori: le piccole scuole

di
Daria Capitani
13 aprile | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Sabato sera fuori da un cinema di provincia. C’è una lunga fila per entrare. Non succede sempre, anzi. Sul tabellone all’ingresso ci sono i volti di Antonio Albanese e Virginia Raffaele, protagonisti di “Un mondo a parte”, il film di Riccardo Milani che mette al centro la piccola comunità di un territorio di montagna, bucolico e marginale, paesaggi mozzafiato e condizioni ambientali che non fanno sconti. È un successo al botteghino (ne abbiamo parlato qui e qui) che si riflette su tutte quelle aree interne, di cui l’Italia è costellata, che si misurano con lo spopolamento. Ma soprattutto, è una luce accesa su un presidio fondamentale per quei territori che troppo spesso è rimasto in ombra: le piccole scuole.

 

C’è chi si sorprende, al cinema come altrove, dell’esistenza di questi spazi minuti, dove la scuola è una classe, o meglio una pluriclasse, in cui fasce d’età diverse condividono un’aula e un insegnante. E invece le dimensioni del fenomeno sono tutt’altro che piccole. A tenerne traccia costante è INDIRE, l’Istituto Nazionale Documentazione Innovazione e Ricerca innovativa che - dalla collaborazione e dal supporto ad alcune scuole delle piccole isole e delle zone montane per sperimentare modalità di lavoro comune grazie a modelli di didattica a distanza - ha saputo trarre la miccia per dare vita alla Rete nazionale di Piccole Scuole, divenuta Movimento il 10 giugno 2017 a Favignana con la sottoscrizione di un Manifesto di azioni e valori. I tre punti chiave sono semplici ed efficaci: le piccole scuole sono grandi comunità di memoria; le pluriclassi sono una risorsa, non un limite, perché suggeriscono nuove impostazioni del percorso di studi; adottare le nuove tecnologie permette di superare la ristrettezza dell’ambiente sociale.

 


La dottoressa Giuseppina Josè Mangione, prima ricercatrice di INDIRE e responsabile della struttura di ricerca Modelli organizzativi Metodologie e Curricolo, responsabile delle Reti di Innovazione Piccole Scuole e Avanguardie educative e del Nucleo Territoriale Sud.

 

"Si considerano piccole scuole gli istituti dell’infanzia formati da una sola monosezione, le primarie con un numero di alunni iscritti minore o uguale uguale a 125 e le secondarie di primo grado con un numero di alunni iscritti minore o uguale a 75". La dottoressa Giuseppina Josè Mangione è prima ricercatrice di INDIRE e responsabile della struttura di ricerca Modelli organizzativi Metodologie e Curricolo, responsabile delle Reti di Innovazione Piccole Scuole e Avanguardie educative e del Nucleo Territoriale Sud. Le abbiamo chiesto di guidarci in un percorso che ci permetta di conoscere meglio una realtà importante del sistema scolastico italiano che, se adeguatamente supportata, garantisce un'istruzione di qualità nelle aree più fragili del Paese: "Il dato da cui partire è il lavoro prezioso compiuto dall’Atlante delle piccole scuole in Italia, una mappatura che viene aggiornata ogni due anni, condotta da INDIRE in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione e del Merito che identifica la popolazione delle piccole scuole, ne descrive le caratteristiche e la distribuzione sul territorio. Lo strumento indaga, attraverso tre categorie d’analisi (isolamento, perifericità e marginalità), le peculiarità dei territori dove si trovano le piccole scuole. Un valido supporto alla ricerca, di orientamento per i processi di decision making e utile per impostare alleanze tra scuola e territorio".

 

In riferimento all’anno scolastico 2020/21, il totale delle piccole scuole in Italia secondo l’Atlante, come spiega il ricercatore Rudi Bartolini “ammonta a 11.627 per 648.111 alunni coinvolti. La maggioranza di questi istituti si occupa dell’istruzione primaria (7.435 per 529.757 alunni coinvolti), seguita dall’infanzia (2.504 scuole per 45.240 alunni) e dalla secondaria di I grado (1.688 scuole e 73.114 alunni). Di queste, 3.385 si trovano in montagna per un totale di 149.266 studenti e anche in questo caso quasi due terzi sono primarie. Le scuole di montagna con pluriclassi sono 614 e sono frequentate da 11.461 alunni”.

 


Il ricercatore Rudi Bartolini.

 

"Dal 2017 a oggi, la Rete delle Piccole Scuole è cresciuta fino a coinvolgere più di 600 istituti e oltre 4mila plessi - spiega Mangione -. Un risultato importante, che ci permette di svolgere una ricerca al servizio della scuola, in grado di partire dai problemi e intercettare modelli da restituire a tutta la rete. Sono tre le visioni che proponiamo alle piccole scuole: derivano da esperienze nazionali e internazionali". La prima può essere riassunta con il concetto di scuola di prossimità: "Le esperienze maturate durante i mesi di pandemia, e il ritorno alle zone interne, spingono al ripensamento della didattica nelle piccole scuole, rafforzando le alleanze con il territorio e l’uso delle nuove tecnologie per realizzare esperienze diffuse". Mangioni si riferisce ad alleanze sociali volte a "responsabilizzare comunità intere: gli enti locali, le associazioni, le famiglie e più in generale la cittadinanza. Il digitale, in questa visione, assume un ruolo fondamentale. Può diventare un hub educativo di connessione, uno spazio di presenza diffusa, in grado di raggiungere chi ha più difficoltà di accesso alle opportunità educative. Penso a casi di frane o abbondanti nevicate in montagna: l’isolamento può essere superato tramite un collegamento digitale con l’insegnante che non può fisicamente raggiungere la scuola oppure con l’ingresso in aula di genitori esperti che diano continuità al percorso educativo". Tra gli strumenti che favoriscono le alleanze sociali, c'è anche  l'Osservatorio nazionale sui Patti educativi, nato su iniziativa di INDIRE e Labsus per restituire una geografia di attori ed esperienze che si attivano sul territorio nazionale in supporto alla scuola.

 

La seconda visione riguarda proprio la tecnologia per sostenere l’inclusione sociale. "Il lavoro in rete, la connessione a distanza con realtà scolastiche affini rappresenta una modalità efficace per condividere materiali utili per la didattica nelle pluriclassi, per favorire l'apertura e l'estensione dell'aula anche in situazioni di isolamento e per valorizzare strategie di (cross age) peer learning - spiega la collaboratrice alla ricerca Francesca De Santis -. L’integrazione della tecnologia nelle pluriclassi deve tenere conto delle sfide che le scuole rurali devono affrontare. Inoltre, il recente dibattito scientifico sull’intelligenza artificiale sta spingendo il gruppo di ricerca ad approfondirne i principali ambiti di applicazione, per comprendere se e come in un contesto educativo non standard come quello delle piccole scuole sia possibile immaginare usi dell’AI finalizzati a sostenere l’inclusione sociale e culturale, migliorare le pratiche didattiche e garantire una continuità educativa anche in casi di isolamento o assenza dei docenti".

 


La collaboratrice alla ricerca Francesca De Santis.

 

Infine, uno sguardo che permetta alla scuola di andare oltre l’omogeneità: "Nonostante le sfide, le pluriclassi dimostrano una straordinaria resilienza e talvolta offrono spunti innovativi che potrebbero essere adottati anche nelle più grandi istituzioni scolastiche urbane - riprende la dottoressa Mangione -. Gli insegnanti, in particolare, si trovano ad affrontare la responsabilità di insegnare a una classe con diverse sottoclassi. Tuttavia, insieme alle difficoltà, emergono anche numerosi vantaggi, tra cui l’opportunità per gli studenti di apprendere in modo individuale e più personalizzato, sfruttare il potenziale dell’apprendimento tra pari, lavorare in gruppo e sviluppare abilità di leadership. Allo stesso tempo, gli insegnanti possono affinare le proprie abilità critiche mentre affrontano le sfide quotidiane di una gestione curriculare che coinvolge livelli multipli".

 

Un esempio concreto si chiama Pluritec: "Insieme alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera italiana e all’Università degli Studi di Enna "Kore", stiamo costruendo un progetto, ancora in fase di valutazione dal programma internazionale Movetia, che mira a costruire una rete di docenti attivi nell’insegnamento in pluriclassi della scuola primaria tra Svizzera e Italia, due territori con grande esperienza di pluriclassi, in ottica di scambio di strategie di gestione, sperimentazione di nuove opportunità anche tramite le tecnologie digitali e la creazione di una rete transnazionale", aggiunge la dottoressa De Santis. Classi in Rete è invece il risultato di una collaborazione scientifica pluriennale tra INDIRE e il Ministero dell’Istruzione del Québec: il modello, sperimentato per la prima volta nel contesto abruzzese, ha ottenuto risultati importanti in termini di cambiamento di gestione delle classi e pluriclassi, di sviluppo professionale dei docenti e delle competenze degli studenti.

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