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Ambiente

Come rimuovere dalla strada 252 milioni di auto a benzina? Una risposta negli ecosistemi naturali e nella loro capacità di stoccare il carbonio

Un report da poco pubblicato da BirdLife International mette in luce le potenzialità che gli ecosistemi europei hanno, in condizioni ottimali, di assorbire e stoccare il carbonio presente nell'atmosfera. Uno strumento potente che però rischia di essere oscurato da tecnologie costose e di nicchia e dalla volontà di mantenere lo status quo delle "emissioni come sempre"

di
Chiara Bettega e Francesca Roseo
25 gennaio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nel racconto “Qualcosa era successo” lo scrittore bellunese Dino Buzzati ci porta a bordo di un treno direttissimo, lanciato a tutta velocità dal sud verso il nord Italia. Il treno è da poco partito quando il protagonista scorge dal finestrino qualcosa che non va: una contadina appoggiata alla sbarra del passaggio a livello, che sembra esser lì a guardare il convoglio - e magari a salutare i passeggeri, come faceva da piccola - e invece quando il treno passa lei si gira verso un uomo che sta arrivando di corsa, urlando qualcosa che dal treno non si ode. Da quel momento tutta la visione del mondo di fuori che scorre davanti agli occhi del passeggero è portatrice di un presagio, di un’inquietudine: qualcosa è successo, tutti fuori lo sanno e fuggono in direzione contraria al treno, che invece corre inesorabile verso quel qualcosa. Dentro, il passeggero scruta gli altri viaggiatori, che sembrano tranquilli ma forse mascherano la sua stessa inquietudine. O forse no. “Ciascuno forse dubitava di sé, come facevo io, nell'incertezza se tutto quell'allarme fosse reale o semplicemente un'idea pazza, allucinazione, uno di quei pensieri assurdi che infatti nascono in treno quando si è un poco stanchi.

 

Ecco, a volte l’impressione è che il mondo corra su quel treno, il treno del “si è sempre fatto così”, dove quel sempre si riferisce in realtà solo all’ultimo secolo e forse è già troppo, e mentre qualcuno fuori corre e incita tutti a cambiare rotta perché qualcosa è successo e sta succedendo e succederà, tutto prosegue senza battere ciglio. Eppure dentro a quel treno forse c’è anche chi, come il passeggero, inizia a percepire l’inquietudine. Ma magari ci sarà anche qualcuno che lo tranquillizzerà, “vedrai, la tecnologia ci salverà”.

 

Due sono i principali sistemi per ridurre la quantità di carbonio presente in atmosfera: ridurre le emissioni e aumentarne la capacità di stoccaggio. In entrambi i casi la sfida è considerevole e cozza inevitabilmente con negazionismi vari e quella grande difficoltà a scegliere di abbandonare il treno dell'abitudine. Il treno delle emissioni.

In effetti, modificare i nostri stili di vita non è mai semplice, men che meno se qualcuno ci dice, mentendo, che quel cambiamento comporterà inevitabilmente una regressione alla vita medioevale. Se davvero il cambiamento climatico è legato alle nostre emissioni di carbonio, la paventata scorciatoia che ci permette di mantenere lo status quo - quindi continuare ad emettere - sottraendo al tempo stesso quel carbonio di troppo dall’atmosfera, risiede nelle tecnologie CCS, Carbon Capture and Storage, ovvero cattura e stoccaggio del carbonio. Senza entrare nelle specificità di queste tecnologie, per le quali rimandiamo all’approfondimento che il think tank ECCO dedica a proposito, è sufficiente sottolineare che la stessa Agenzia Internazionale dell’Energia IEA ribadisce come le CCS dovrebbero essere impiegate solo per determinati comparti industriali più complessi da decarbonizzare e non, appunto, per mantenere lo status quo.

 

Il paradosso è che, per quanto riguarda la cattura e stoccaggio del carbonio, la soluzione è potenzialmente molto più semplice, in quanto molti ecosistemi naturali hanno la capacità di assorbire e immagazzinare grandi quantità di CO2, nella vegetazione, nel suolo e in alcuni organismi acquatici. Sarebbe inoltre una soluzione praticamente a costo zero, se non fosse che quasi il 60% della superficie terrestre del nostro pianeta è sottoposta ad una notevole pressione antropogenica, che ne causa il degrado e la riduzione della capacità di stoccaggio e quindi necessita di investimenti per il suo ripristino.

Proprio su questi temi è di recente pubblicazione un report della sede europea di Birdlife International, la più grande partnership globale che riunisce le associazioni non governative che si occupano della protezione degli uccelli e dei loro habitat. Secondo il rapporto, gli ecosistemi più efficienti in assoluto nello stoccare il carbonio atmosferico sono foreste, zone umide e torbiere, seguite poi da altri ecosistemi terrestri e acquatici, la cui capacità di assorbimento non è comunque da sottovalutare. In condizioni ottimali, il potenziale di stoccaggio di questi ecosistemi sarebbe di oltre 13 miliardi di tonnellate di carbonio, con una capacità di assorbimento di 378 milioni di tonnellate di CO₂ all'anno, dato che supera ampiamente l'obiettivo dell'Ue per il 2030 di 310 milioni di tonnellate. Per tradurre questi numeri in qualcosa di concreto, sarebbe come eliminare 252 milioni di auto a benzina dalla strada.

Nel 2020 l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) dava però l’allarme sul cattivo stato in cui versano molti ecosistemi in Europa, nonostante molti habitat e specie siano protetti da precise Direttive (ad esempio le Direttive 92/43/CEE "Habitat" e 79/409/CEE "Uccelli"). Considerato quindi il degrado in cui versa la maggior parte degli ecosistemi europei, il rapporto ne stima una capacità di assorbimento che dai 378 milioni di tonnellate di CO2 scende a 75,7 milioni di tonnellate. Un quinto della capacità degli ecosistemi in salute.

Vediamo brevemente quali sono le minacce che riducono la capacità naturale di stoccaggio del carbonio nei principali ecosistemi “assorbitori” del nostro continente.

 

Foreste

Le foreste sono particolarmente influenzate dal cambiamento climatico: l’aumento nell’intensità e nella frequenza di eventi estremi come incendi e tempeste di vento, di periodi siccitosi, o di epidemie come quella di bostrico, mettono e metteranno a dura prova le foreste europee e la loro capacità di stoccaggio del carbonio. Migliorare la gestione forestale in modo da favorire boschi sempre più adatti alla situazione climatica attuale e futura e attuare azioni di prevenzione contro gli incendi saranno le delle chiavi per garantire il funzionamento ottimale degli ecosistemi forestali.

 

Zone umide

La principale minaccia è data dalle operazioni di drenaggio che hanno portato al sensibile calo del livello dell’acqua nelle zone umide d’Europa. Questo, unito agli effetti del cambiamento climatico, potrebbe portare al loro prosciugamento completo e alla loro perdita di funzionalità, ed è pertanto necessario ridurre l’impatto umano su questi ecosistemi e promuovere iniziative di ripristino ambientale.

 

Aree costiere

Gli ecosistemi marini costieri come le paludi salmastre e le praterie di fanerogame marine (le uniche piante da fiore che crescono in mare) svolgono un’importante funzione di assorbimento del carbonio atmosferico. Anche in questo caso, la minaccia è rappresentata dalle attività umane come l’inquinamento delle acque e l’artificializzazione delle coste, sulle quali si inserisce, ancora una volta, il cambiamento climatico.  

 

I termini ricorrenti sono sostanzialmente due: attività umane e cambiamento climatico (a sua volta innescato dalle attività umane).

L’Unione europea ha messo in campo alcuni strumenti per provare a rimediare: la Strategia sulle foreste al 2030, la Strategia sulla biodiversità al 2030 e, ultima ma non meno importante, la Nature Resturation Law, che si pone l'obiettivo di ripristinare entro il 2050 gli ecosistemi in cattivo stato di conservazione su tutto il territorio dell'Unione. E’ necessaria tuttavia anche un’assunzione di responsabilità collettiva, una consapevolezza del potere - sia distruttivo che costruttivo - che le nostre azioni come singoli e come comunità possono avere sugli ecosistemi e il riconoscimento di un altro potere, quello che possono avere i sistemi naturali sani: il potere di salvarci da noi stessi.

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