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Ambiente

"È necessario cambiare l’atteggiamento di negligenza verso la biodiversità". Si è conclusa Cop16 a Cali: un appello urgente all'azione che ha portato lenti progressi

La crisi della biodiversità è una realtà che non può più essere ignorata. Tuttavia, i progressi per contrastarla sono ancora lenti, come emerso al vertice Cop16 di Cali, Colombia, che si è concluso senza un accordo globale definitivo, mostrando quanto siamo ancora impreparati per affrontare seriamente il declino della natura, una sfida che, per alcuni esperti, rappresenta una delle minacce esistenziali più urgenti per l’umanità

di
Sofia Farina
05 novembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La crisi della biodiversità è una realtà che non può più essere ignorata. Tuttavia, i progressi per contrastarla sono ancora lenti, come emerso al vertice Cop16 di Cali, Colombia, che si è concluso senza un accordo globale definitivo, mostrando quanto siamo ancora impreparati per affrontare seriamente il declino della natura, una sfida che, per alcuni esperti, rappresenta una delle minacce esistenziali più urgenti per l’umanità.

 

Fin dall'inizio, il vertice Cop16 si è caratterizzato per la mancanza di un senso d'urgenza. Brian O'Donnell della Campagna per la Natura ha criticato duramente l’atteggiamento di molti paesi e funzionari delle Nazioni Unite, accusati di presentarsi senza il livello di ambizione e impegno necessari. Alla Cop16 si attendevano soluzioni concrete e piani chiari per arrestare la perdita di biodiversità, ma la partecipazione limitata e l’assenza di azioni decise hanno portato alla sospensione del vertice, con una risoluzione rinviata a un incontro intermedio programmato per il 2025 a Bangkok.

 

L’obiettivo di proteggere il 30% delle terre e degli oceani del pianeta entro il 2030, stabilito due anni fa alla Cop15, appare sempre più lontano. Dal 2020, infatti, le aree protette sono aumentate solo dello 0,5%, un dato che evidenzia la lentezza dei progressi. Molti paesi, inclusi grandi stati come l'India e l'Argentina, non hanno ancora presentato piani dettagliati, mentre numerosi altri, soprattutto a basso reddito, lamentano la scarsità di risorse finanziarie per pianificare e attuare azioni efficaci.

 

Eppure, gli allarmi lanciati dagli esperti prima e durante la Cop16 sono chiari e inquietanti. Un rapporto congiunto della Zoological Society of London e del World Wildlife Fund ha rivelato che dal 1970 le popolazioni di vertebrati sono diminuite mediamente del 73%, con un incremento negativo di quattro punti percentuali solo negli ultimi due anni. Allo stesso tempo, l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha evidenziato che il 38% delle specie arboree del mondo è a rischio di estinzione.

 

Questi dati richiederebbero risposte finanziarie adeguate, ma la Cop16 ha messo in luce un grave divario economico: i paesi più ricchi hanno stanziato circa 400 milioni di dollari per aiutare i paesi in via di sviluppo, una cifra ben lontana dai 20 miliardi di dollari promessi entro il 2025. La mancanza di un piano chiaro per colmare questo gap ha portato a un nulla di fatto, lasciando la questione finanziaria in sospeso.

 

Nonostante il fallimento complessivo nel definire un piano globale, la Cop16 ha registrato alcuni importanti successi. Tra questi, un accordo su come raccogliere i fondi derivanti dall’uso di informazioni genetiche del pianeta da parte di aziende farmaceutiche e biotecnologiche. I paesi partecipanti hanno stabilito che le aziende dovranno contribuire allo 0,1% dei ricavi o all'1% dei profitti al nuovo “Fondo Cali”, che sarà destinato alla protezione della biodiversità.

Sebbene questo accordo rappresenti un passo avanti, è solo una vittoria parziale. Secondo le stime delle Nazioni Unite, il fondo potrebbe raccogliere fino a un miliardo di dollari all'anno, ma non è ancora sufficiente rispetto all’urgenza della situazione. Pierre du Plessis, rappresentante dell'Unione Africana, ha sottolineato come l’ammontare sia molto inferiore alle necessità. Inoltre, la natura volontaria dell'accordo pone incertezze sulla sua effettiva applicazione.

 

Un altro successo è stato l'istituzione una piattaforma per garantire alle popolazioni indigene una voce più forte nei negoziati sulla biodiversità. Un passo importante, considerato il ruolo cruciale che queste comunità svolgono nella conservazione degli ecosistemi, ma che non è sufficiente a dare un vero impulso al cambiamento.

 

Uno dei motivi del limitato impatto della Cop16 è la percezione internazionale della biodiversità come una questione secondaria rispetto al cambiamento climatico. Mentre i vertici sul clima attirano centinaia di capi di stato e ricevono ampia copertura mediatica, la Cop16 ha visto la partecipazione di solo sei leader mondiali, un numero esiguo rispetto ai 154 presenti al vertice sul clima dell'anno scorso a Dubai.

 

Questo squilibrio rappresenta un problema: biodiversità e cambiamento climatico sono strettamente legati, con quest'ultimo che aggrava la perdita di biodiversità e gli ecosistemi ricchi di specie che fungono da serbatoi di carbonio. La mancanza di attenzione a questo legame fondamentale ha impedito progressi significativi.

“È necessario cambiare l’atteggiamento di negligenza nei confronti della biodiversità”, ha dichiarato António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, ricordando che i temi della biodiversità e del clima sono “interconnessi e indivisibili”. Tuttavia, per trasformare queste parole in azioni concrete, occorre una collaborazione globale più decisa, sostenuta da impegni finanziari e politiche ambiziose.

 

Mentre i delegati si preparano a riprendere il dibattito a Bangkok, la Cop16 si chiude senza un vero e proprio risultato, lasciando un senso di urgenza e di frustrazione. Se la comunità internazionale non sarà in grado di colmare le lacune evidenziate a Cali, il rischio di un collasso ecologico sarà sempre più reale, con conseguenze irreversibili per il pianeta e per l’umanità.

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