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Ambiente

È meglio alzare le mani e affondare, o provare a nuotare verso il faro? È meglio un riscaldamento globale senza controllo, o continuare a puntare all'obiettivo 1.5°C?

Pochi giorni prima dell’inizio di Cop29, la conferenza dei membri delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, è arrivato il consueto bollettino di Copernicus  sullo stato del surriscaldamento del pianeta con notizie poco sorprendenti ma non per questo meno preoccupanti: “Dopo i primi 10 mesi dell’anno, è ormai virtualmente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato e il primo anno a più di 1,5 °C sopra i livelli preindustriali”. Ma cosa vuol dire e perché proprio 1.5°C?

di
Diario da Cop29
13 novembre | 13:00

Pochi giorni prima dell’inizio di Cop29, la conferenza dei membri delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, è arrivato il consueto bollettino di Copernicus Climate Change sullo stato del surriscaldamento del pianeta con notizie poco sorprendenti (viste le puntate precedenti) ma non per questo meno preoccupanti: “Dopo i primi 10 mesi dell’anno, è ormai virtualmente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato e il primo anno a più di 1,5 °C sopra i livelli preindustriali”. 

 

Sebbene questo superamento temporaneo della soglia di 1,5°C non significhi di per sé che l'obiettivo dell'Accordo di Parigi sia stato violato, sono comunque un chiaro segnale che il nostro pianeta è più caldo di quanto non sia mai stato nelle serie di dati che utilizziamo, e rappresenta quindi un segnale d’allarme importante. Inoltre, il superamento temporaneo non significa che l’obiettivo non abbia più valore. 

Capiamo insieme perché e soprattutto, qual è la storia (e la ragione) dietro a questo numero.

 

L’Accordo di Parigi e la “stella polare”

 

Nel 2015, durante la Cop di quell'anno e in risposta alla crescente urgenza degli impatti climatici, 195 Paesi hanno sottoscritto l'Accordo di Parigi, impegnandosi così a contenere la temperatura del pianeta “ben al di sotto dei 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali” e a “limitare l'aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali”.

 

Da allora, quello di 1.5 è stato l’obiettivo che ha definito le priorità e la narrativa delle successive edizioni delle Cop, fino ad arrivare a essere definito la “stella polare” della presidenza emiratina l’anno scorso a Cop28 a Dubai.

 

Ma perché proprio 1.5°C? 

 

La soglia di 1,5 gradi di riscaldamento è stata identificata come “linea di difesa” entro cui mantenersi per evitare effetti climatici più estremi e irreversibili. ll rapporto completo dell’Ipcc, l’ente intergovernativo che si occupa proprio dello studio dei cambiamenti climatici, sugli impatti di un riscaldamento di una grado e mezzo è arrivato due anni dopo, nel 2018, e si può consultare qui (anche in italiano). Il documento è il risultato del lavoro di 91 scienziati di 44 nazionalità diverse e con 40 diversi paesi di residenza, ma comprende i contributi di più di 130 autori.

Leggendo il rapporto si scopre che le differenze tra un pianeta più caldo di 1.5°C oppure di 2°C sono, ad esempio, relative ai picchi di calore raggiunti nelle regioni abitate, nelle precipitazioni intense, nella probabilità di verificarsi di eventi siccitosi e nell’innalzamento del livello del mare. Di conseguenza, impatti notevolmente differenti nelle due proiezioni di riscaldamento si osservano considerando la biodiversità e la salute degli ecosistemi, l’acidità degli oceani, la fusione dei ghiacciai, e a cascata anche sulla questione idrica, la sicurezza alimentare, i rischi legati al rapporto tra il clima e la salute e così via. 

 

Per fare degli esempi pratici relativi alle terre alte, con un riscaldamento di 1.5°C si prevede che i ghiacciai globali perderanno circa il 36% del loro volume entro la fine del secolo, che implica una significativa riduzione della massa glaciale ma con alcuni ghiacciai alpini ancora parzialmente intatti; mentre con un aumento di 2°C la perdita glaciale salirebbe al 49% del volume, che determinerebbe una perdita dell'80% della massa glaciale entro il 2100.

 

Superamento temporaneo (?)

 

Negli ultimi anni, eventi climatici come il Niño hanno contribuito a far aumentare temporaneamente le temperature globali. Tuttavia, un singolo anno sopra la soglia non implica che abbiamo raggiunto un riscaldamento stabile e permanente di 1,5°C: per parlare di un superamento stabile, la media globale delle temperature dovrebbe restare costantemente sopra questo limite per decenni.

L'obiettivo di 1,5°C, fissato negli Accordi di Parigi, rappresenta un limite ideale che deve spingerci a ridurre le emissioni il più rapidamente possibile, e anche se momentaneamente superato, rimane una guida importante per limitare l'intensità e la frequenza degli eventi estremi legati al cambiamento climatico, come ondate di calore, uragani più intensi, fusione dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare.

 

Cosa facciamo adesso? L’importanza degli sforzi immediati

 

Ieri a Cop29 è iniziato l’evento in cui (quasi) tutti i capi di stato dei paesi che fanno parte delle Nazioni Unite hanno la possibilità di rivolgersi ai partecipanti alla Conferenza (e a tutti coloro che la stanno seguendo da spettatori) per tre minuti. Prima dei premier e dei presidenti, però, hanno parlato le alte cariche delle Nazioni Unite e in particolare António Guterres, che ne è il Segretario Generale. Nel suo accorato discorso ha detto: “Siamo nel conto alla rovescia finale per limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. Il tempo non è dalla nostra parte e scorre veloce”. Citando gli ultimi report provenienti dal mondo della scienza ha ricordato che è quasi certo che questo sarà l'anno più caldo del mondo, e poi, rivolgendosi alla pleatea, ha dichiarato: “In definitiva, solo voi potete realizzare l'ambizione e l'azione nazionale. Solo voi potete battere il tempo e tenere il pianeta sotto i 1,5 gradi”.

 

Per farlo, citando il ritornello che torna nella maggior parte dei discorsi di apertura di questa conferenza, servono risorse economiche ingenti. Citando ancora Guterres: “I finanziamenti per il clima non sono carità, sono un investimento. L'azione per il clima non è facoltativa, è imperativa. Entrambe sono indispensabili: per un mondo vivibile per tutta l'umanità. E a un futuro prospero per ogni nazione della Terra”.

 

E quindi, il messaggio di questo articolo (e di questa Cop) è che se anche nel 2024 si prevede un superamento temporaneo di 1,5°C, l’obiettivo definito a Parigi rimane valido come faro e simbolo degli sforzi necessari per ridurre il riscaldamento globale. Alzare le mani significherebbe arrendersi a un riscaldamento fuori controllo, mentre ogni frazione di grado conta per il benessere delle generazioni attuali e future.

l'autore
Diario da Cop29

Questo spazio è dedicato al racconto della Cop29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si svolge dall'11 al 23 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian. Sofia Farina seguirà i negoziati sul posto per L'AltraMontagna, portando i lettori nel mondo dei negoziati climatici, guidandoli alla scoperta delle questioni più stringenti per i leader del pianeta (e non solo)

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