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Ambiente

Un'opportunità ecologica e una lezione da imparare: il volto nascosto della tempesta Vaia e dell'epidemia di bostrico

I disturbi naturali come la tempesta Vaia e l'epidemia di bostrico giocano un ruolo importante nelle dinamiche forestali, perché favoriscono il rinnovamento del bosco, modificandone la composizione e la struttura. Non solo, tra le piante morte si cela molta più vita di quanto si creda. Se impariamo a guardare con occhi diversi, coglieremo l'opportunità ecologica rappresentata da questi eventi

di
Chiara Bettega
06 luglio | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Con l’inizio dell’estate i boschi delle vallate alpine raggiungono il loro splendore in un tripudio di verdi tonalità. Le chiazze lasciate aperte dalla defogliazione autunnale di faggi, betulle, ontani e via dicendo, si riempiono nuovamente del verde brillante delle foglie fresche; sulle conifere sempreverdi spuntano nuovi aghi chiari, che si accendono alle estremità di ramoscelli verde scuro, come lucciole nell’oscurità della notte. In mezzo a questo verde senza fine di pini, abeti rossi e abeti bianchi, ecco comparire quelle che nei mesi invernali sembravano piante ormai giunte al capolinea, scheletri spogliati in attesa di marcire, che invece tornano a noi quasi come l’araba fenice: ancora una volta ci hanno ingannati, i larici, con i loro aghi che muoiono in autunno e rinascono a primavera.

 

Un caleidoscopio di verdi che si ripete ogni anno, inesorabile. Eppure, negli ultimi anni in queste valli qualcosa è cambiato: l’inizio dell’estate offre nuovi contrasti, con porzioni sempre più vaste di bosco che si tingono del colore della ruggine e spiccano in mezzo al verde intenso degli abeti, formando dei paesaggi che sembrano stereogrammi, a celare chissà quale immagine nascosta.

 

Se siete lettori assidui de l’AltraMontagna avrete già compreso. Se invece ci leggete per la prima volta e non siete frequentatori delle vallate dolomitiche, avete appena letto la descrizione un po’ romanzata dei boschi di abete rosso colpiti dall’epidemia di bostrico tipografo, conseguenza diretta della già distruttiva tempesta Vaia del 2018. Forse ai più quegli stereogrammi forestali restituiscono, comprensibilmente, solo l’immagine della morte, della fine di tutto. L’occhio dell’ecologo vede invece comparire una parola: opportunità.

 

I disturbi naturali come le tempeste di vento, le infestazioni di parassiti o gli incendi giocano un ruolo importante nelle dinamiche forestali, perché favoriscono il rinnovamento del bosco, modificandone la composizione e la struttura. Si tratta chiaramente di dinamiche ben più lunghe della perturbazione che le ha innescate: se Vaia ha distrutto ettari di bosco in una sola notte e il bostrico ne sta distruggendo altrettanti, per tornare a vedere un bosco ben sviluppato dove è passata la distruzione serviranno almeno una sessantina d’anni. Nel frattempo però accadono cose, lì dove c’era il bosco e dove ci sarà.

 

La prima lezione dell’ecologo è che dobbiamo imparare ad osservare l’intero processo, che sarà ricco di passaggi, un’evoluzione continua. Fissarci solo sull’inizio (la distruzione) e sulla fine (il nuovo bosco che verrà) significa soffrire inutilmente e perdere gran parte dello spettacolo.

 

Nelle aree aperte dalla tempesta Vaia stiamo infatti già assistendo alla crescita delle prime piante spontanee: cespugli vari, le prime latifoglie, qualche piantina di abete o di larice. In quelle chiazze arrugginite sempre più estese però, non può davvero esserci vita: piante malate, che in men che non si dica diventano piante morte. L’occhio dell’ecologo però insegna: opportunità. Il mondo naturale ci mostra che morte e vita sono davvero interdipendenti; uno yin e uno yang, due opposti in cui ciascuno contiene il seme per l’altro. Quegli abeti bostricati sono certamente piante morte (e se non lo sono ancora, lo diventeranno presto), ma dentro e fuori di loro pullula un mondo di vita, che di esse si nutre, come molti insetti saproxilici e funghi, che si nutrono appunto di legno morto, o che su di esse trova nutrimento: non è raro infatti osservare il picchio rosso maggiore Dendrocopos major o il picchio nero Dryocopus martius picchiettare la corteccia in cerca di insetti (bostrico compreso!); il picchio tridattilo Picoides tridactylus poi, è addirittura specializzato nell’alimentarsi quasi esclusivamente del coleottero parassita.

Per non parlare poi dell’importante funzione che questi alberi possono svolgere come “strutture ricettive” per animali. I primi ad arrivare sono ancora loro, i picchi, gli ingegneri del bosco, che trovano su questi alberi “terreno facile” in cui scavare le cavità che utilizzeranno come nido e che poi, quando abbandoneranno, diventeranno nuovi nidi o rifugi invernali per una miriade di altre specie, sia di uccelli che di mammiferi e insetti. E se osservate attentamente sotto i lembi di corteccia che si sollevano vi capiterà probabilmente di scorgere un groviglio di rametti, il nido del rampichino alpestre Certhia familiaris.

Nido di rampichino alpestre.

Nido di rampichino alpestre.

La seconda lezione dell’ecologo prende in prestito l’insegnamento del Piccolo Principe non si vede bene che con il cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi, per dirci che dobbiamo osservare con sguardo diverso, oltre la realtà rappresentata da quelle macchie color ruggine e anziché vedere solo morte, scoprire come essa si intreccia con la vita e si alimentino a vicenda.

 

La tempesta Vaia e l’epidemia di bostrico sono state sicuramente un duro colpo per l’economia delle vallate colpite e la sfida per gli anni a venire è costruire un dialogo sempre più interdisciplinare tra tecnici, ricercatori, portatori di interesse e popolazione, che possa portare ad avere boschi migliori anche per le nostre esigenze.

 

Nel frattempo però, l’ecologia ci da qualche strumento per cogliere un po’ di bellezza e speranza anche nell’apparente disfatta.

 

Per saperne di più sul bostrico è di recente uscito SOTTOCORTECCIA. Un viaggio tra i boschi che cambiano, il primo libro targato L'AltraMontagna. 

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