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Ambiente

Un pellegrinaggio di 90.000 persone, nato nel 1700, è minacciato dalla fusione del ghiacciaio. "Era un’esperienza incredibile, molti arrivando qui iniziavano a piangere"

Il ghiacciaio che alimenta questa devozione sta fondendo a un ritmo allarmante e i fedeli non sono più in grado di salire fino alla cima a causa dell'ormai scarsa stabilità

di
Sofia Farina
05 dicembre | 13:45
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Ogni anno, decine di migliaia fedeli percorrono la Valle di Sinaqara per arrivare fino a 6000 metri di quota ai piedi del ghiacciaio Colque Punku, un luogo sacro nelle Ande peruviane, dove si tiene un’importante cerimonia religiosa chiamata Qoyllur Rit’i, che vuol dire “Stella di Neve". 

 

Questo evento dal 2011 è “Patrimonio culturale immateriale dell’umanità" per l’Unesco, e unisce spiritualità cattolica e tradizioni indigene: “Il pellegrinaggio inizia cinquantotto giorni dopo la celebrazione della Domenica di Pasqua di Resurrezione, quando 90.000 persone nei dintorni di Cusco si mettono in cammino verso il santuario” si legge nella motivazione. 

 

Nel santuario, che è situato alla base del ghiacciaio, c'è una roccia raffigurante un Cristo crocifisso davanti al quale i pellegrini si riuniscono per pregare, ballare e rendere omaggio alla natura.

 

Quello del Quyllurit’i è un pellegrinaggio storico, che si svolge dalla fine del 1700, ma che da alcuni anni sta subendo gli effetti dell’aumento delle temperature globali, con conseguenze culturali e spirituali difficili da ignorare. 

 

Infatti, una componente centrale all’interno del rito è costituita dall’asportazione di un pezzetto del ghiaccio che ricopre la cima, che viene trattata come una vera e propria divinità, per riportare così l’acqua sacra nelle proprie abitazioni, come segno di nuova vita.

 

Il ghiaccio che alimenta questa devozione sta fondendo a un ritmo allarmante, e i fedeli non sono più in grado di salire fino alla cima a causa della scarsa stabilità del ghiacciaio, e sono costretti ad accontentarsi di ciò che trovano ai suoi piedi. 

 

Inoltre, non viene più garantita un'area di neve vergine per svolgere i rituali, ma ai rappresentanti delle diverse nazioni indigene, al termine di un lunghissimo viaggio, viene assegnata una sezione di campo fangoso dove un tempo c'era neve a perdita d'occhio. I fedeli da anni esprimono il timore che questo antico stile di vita possa presto scomparire dalla faccia della terra, proprio come i ghiacciai stessi.

 

Willington Callañaupa Quispe, ex presidente della nazione indigena Paruro, recentemente intervistato dal quotidiano The Washington Post, ha ricordato così la sua prima visita al ghiacciaio all'età di sette anni, oltre trent’anni fa: “Era un’esperienza incredibile, l’energia della natura e della neve. Molti, quando arrivano qui, vedendo questa bellezza, iniziano a piangere”. 

 

Ora Quispe accompagna il figlio, che sogna di seguire le orme del padre come leader comunitario, mentre il futuro di questa mistica tradizione appare incerto. “Gli dico che, quando sarà il suo momento, non sarà più lo stesso - ammette con amarezza -. Ci saranno altre usanze, chissà. Rimarremo solo un ricordo”.

 

La gravità della situazione non è confermata solo dai fedeli, che anno dopo anno trovano di fronte ai propri occhi un paesaggio diverso, ma anche dai dati scientifici. Infatti, secondo le ricerche portate avanti dall'Università di Erlangen-Norimberga ha rivelato che i ghiacciai del Perù hanno perso quasi il 30% della loro massa tra il 2000 e il 2016. L'aumento delle temperature legato al cambiamento climatico sta trasformando radicalmente il paesaggio, costringendo le autorità a introdurre restrizioni: non tutti i pellegrini possono salire fino alla cima ghiacciata, e la quantità di acqua santa prelevata viene ora limitata.

 

Nonostante il rapido mutamento delle condizioni naturali, la comunità si mostra determinata a preservare questa celebrazione, nonostante la sua essenza potrebbe essere forzata a cambiare radicalmente nei prossimi anni, adattandosi alle nuove realtà climatiche e culturali.

 

Il caso del Qoyllur Rit’i rappresenta un esempio emblematico di come il cambiamento climatico stia influenzando non solo l’ambiente naturale, ma anche le tradizioni culturali e spirituali di comunità che vivono in stretta connessione con la montagna.

 

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