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Ambiente

Turismo montano: la nuova alta stagione? Andrà da maggio a ottobre. L'assenza di neve invita a ripensare le attività invernali

Attraverso l’innovazione dell’offerta, il turismo nelle zone di montagna potrà beneficiare di una stagione estiva prolungata e di nuove possibilità per quella invernale. Questi i risultati delle ricerche di Enit

di
Sofia Farina
03 novembre | 12:18
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Stagioni estive prolungate da maggio a ottobre, con uno spostamento del periodo ideale per il turismo verso i ‘mesi di spalla’, e stagioni invernali con minore copertura nevosa, che aprono nuove possibilità per le attività outdoor. Sono i due scenari emersi dall’applicazione di un modello previsionale specifico alle Dolomiti Bellunesi-Cortina e che richiedono un’innovazione nell’offerta turistica per poter cogliere a pieno i nuovi flussi turistici in arrivo. 

 

I risultati sono stati presentati al TTG di Rimini, la fiera italiana di riferimento del settore turistico, da parte di Studio Giaccardi & Associati, in collaborazione con Fondazione Santagata per l’economia della Cultura, e fanno parte della ricerca intitolata “Adattamento climatico: nuove scelte di turisti e operatori del turismo” promossa da Enit, l'azienda che si occupa della promozione dell'offerta turistica in Italia. Tra le mission di Enit, infatti, ci sono la destagionalizzazione, la diversificazione dell’offerta e la valorizzazione di strutture e siti turistici.

 

Il progetto presentato, intitolato "Turismo climate-sensitive" (che vuol dire turismo sensibile al cambiamento climatico), include l'applicazione del modello Tourism Climatic Index: si tratta di un modello previsionale che misura l’impatto del cambiamento climatico sulla scelta della destinazione turistica in relazione all’attività che si intende praticare nella destinazione.

 

Considerando la stagione estiva e applicando il modello alle Dolomiti Bellunesi-Cortina con uno scenario di concentrazioni di gas serra basato su una crescita delle emissioni con i ritmi attuali (quello che in gergo più tecnico viene definito RCP8.5) al 2025 e al 2030, le condizioni favorevoli per il turismo estivo mostrano uno spostamento verso i cosiddetti mesi di spalla, che sarebbero maggio, giugno, settembre e ottobre (quelli che i non addetto ai lavori identificano con "bassa stagione"). Ma questo, secondo gli esperti, vuol dire che, ripensando l’offerta turistica con strategie di adattamento climatico, sarà possibile ottenere una sorta di "alta stagione prolungata, che lavori a pieno ritmo anche in mesi come maggio e ottobre". 

 

Risultati analoghi sono stati ottenuti anche in seguito all'applicazione del modello alla situazione invernale. Anche in questo caso, secondo gli esperti, "l’adattamento climatico apre nuovi scenari". In particolare, "per le condizioni climatiche invernali in zone di montagna – spiega Rodolfo Baggio, docente e ricercatore all'Università Bocconi e membro del Comitato Scientifico del progetto – bisogna considerare la rilevanza delle attività legate agli sport invernali. Per questi il fattore principale è la copertura nevosa che va rapidamente diminuendo fino a livelli assolutamente insoddisfacenti. A questo bisogna anche aggiungere la possibile diminuzione, non esaminata direttamente qui, delle risorse idriche che pone seri limiti alle possibilità di innevamenti artificiali".

 

Parte integrante del progetto è stata anche l’indagine di campo effettuata su una popolazione statistica di oltre novemila operatori tra italiani e internazionali, e presentata nello stesso contesto. I risultati dell'indagine confermano l’importanza e l'urgenza di intraprendere azioni di adattamento climatico nel mondo del turismo (montano e non).

Infatti, tra i risultati più rilevanti c’è il valore (percepito) dell’impatto del cambiamento climatico sul turismo, che secondo turisti e operatori, corrisponde a 4,30 su una scala da 1 a 5. A preoccupare maggiormente gli operatori sono i nubifragi e le inondazioni (in particolare, per il 67% degli intervistati), ma anche la siccità (64%). Mentre a impattare sulle scelte delle destinazioni dei turisti sono la condizione limite della temperatura superiore a 40°C (per l'83% degli intervistati, che sale a 95% guardando ai soli tour operator internazionali), seguita dalla prospettiva di una piovosità eccessiva, e, infine, dalla scarsità di neve durante la stagione invernale. 

Proprio per questo, secondo più della metà degli operatori del settore intervistati, il cambiamento climatico deve essere messo al centro delle agende dei territori, promuovendo soluzioni di accoglienza climatica (52%, che sale a 60% per i soli tour operator internazionali), senza dimenticare di coinvolgere gli operatori turistici nei provvedimenti di adattamento climatico (42%). Emerge chiaramente l'interesse di rendere questo processo di adattamento collettivo e partecipato, perché per gli intervistati, in media, il valore del partecipare alle decisioni è di ben 4 punti su 5.

 

Infine, considerando i risultati delle analisi sulla tipologia di vacanze più o meno penalizzate dai cambiamenti climatici, le esperienze più penalizzate dal cambiamento climatico saranno quelle nautiche, sportive e le crociere. Al contrario, acquisiranno popolarità le vacanze enogastronomiche, quelle in montagna e quelle incentrate sul benessere e la cura di sè.

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