Teleferiche e zattere per raggiungere i sopravvissuti: precipitazioni da record in Nepal, dove inondazioni e frane hanno già ucciso quasi 200 persone
A Kathmandu, la capitale del Nepal, le squadre di ricerca e soccorso stanno setacciando le case distrutte mentre le acque alluvionali iniziano a ritirarsi dopo giorni in cui la pioggia non ha dato tregua agli abitanti. Il numero delle vittime accertate è quasi arrivato a 200 e più di 4.000 persone sono state salvate con elicotteri, motoscafi e zattere
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
A Kathmandu, la capitale del Nepal, le squadre di ricerca e soccorso stanno setacciando le case distrutte mentre le acque alluvionali iniziano a ritirarsi dopo giorni in cui la pioggia non ha dato tregua agli abitanti. Dalle terre alte himalayane arrivano immagini delle forze armate che usano teleferiche per attraversare fiumi in piena, squadre di soccorso che scavano a mani nude per liberare i residenti sepolti sotto fango e macerie, o ancora barche ed elicotteri utilizzate per raggiungere le persone bloccate sui tetti.
Poco fa, i funzionari del governo hanno riferito che il bilancio delle vittime delle inondazioni e delle frane è salito a 193, al momento 31 persone risultano disperse e la conta dei feriti è difficile da fare con precisione, ma si tratta di numeri molto alti: interi quartieri di Kathmandu sono stati inondati in seguito a quelle che sono state definite come le piogge più intense degli ultimi vent'anni e la capitale è stata temporaneamente isolata dal resto del paese dopo che le frane hanno bloccato le autostrade.
L'esercito nepalese ha dichiarato che più di 4.000 persone sono state salvate con elicotteri, motoscafi e zattere, e diversi bulldozer sono stati utilizzati per sgomberare quasi due dozzine di tratti delle principali autostrade che portano a Kathmandu, bloccate dai detriti. “La nostra attenzione è rivolta alla ricerca e al salvataggio, anche delle persone rimaste bloccate sulle autostrade”, ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Affari Interni Rishi Ram Tiwari.
Per inquadrare quanto sta succedendo nel contesto locale, è bene sapere che inondazioni e frane mortali sono comuni in tutta l'Asia meridionale durante la stagione dei monsoni, che dura da giugno a settembre e che solitamente contribuisce al 70-80% delle precipitazioni annuali dell'Asia meridionale, con un ruolo vitale per l'agricoltura e la produzione alimentare in una regione che ospita circa due miliardi di persone. Tuttavia, come ormai siamo abituati a scrivere (e leggere), gli esperti spiegano che i cambiamenti climatici li stanno peggiorando.
Secondo gli scienziati del Centro Internazionale per lo Sviluppo Integrato della Montagna, l'Icimod, che ha sede in Nepal, se da un lato i cambiamenti climatici stanno modificando la quantità e la tempistica delle precipitazioni in tutta l'Asia, dall'altro una delle ragioni principali dell'aumento dell'impatto delle alluvioni è l'ambiente edificato, comprese le costruzioni non pianificate, soprattutto nelle pianure alluvionali, che non lasciano aree sufficienti per la ritenzione e il drenaggio dell'acqua.
Conseguentemente, i ricercatori raccomandano ai governi centrali e agli urbanisti di aumentare urgentemente gli investimenti e la pianificazione delle infrastrutture “grigie” (ingegnerizzate) e “verdi” (basate sulla natura), come i sistemi sotterranei per le acque piovane e le fognature, il ripristino delle zone umide o l'introduzione di pavimentazioni permeabili e di “giardini della pioggia” per aumentare la capacità delle città di assorbire l'acqua e aiutare le comunità ad adattarsi.
La pioggia senza precedenti di questi giorni (la stazione dell'aeroporto di Kathmandu ha misurato 240 millimetri di pioggia, la più alta dal 2002), spiegano in un comunicato rilasciato dall'Icimod, è caduta su un terreno già saturo a seguito delle precipitazioni di questo monsone, superiori del 25% alla norma, a Kathmandu e il suo impatto è aggravato da un drenaggio insufficiente dovuto a insediamenti non pianificati/urbanizzazione casuale, costruzioni su pianure alluvionali, mancanza di aree per la ritenzione dell'acqua e invasione del fiume Bagmati.
Sempre con l'intento di inquadrare questa situazione nel contesto himalayano, lontano da noi sia geograficamente che culturalmente, ricordiamo che quest'anno in Nepal sono già morte più di 300 persone in disastri legati alle piogge intense. Si tratta di un problema sempre più frequente e sempre più impattante sulla popolazione locale e che sta ottenendo una attenzione mediatica crescente anche a livello globale.