Sostenere i piccoli imprenditori di montagna con reti locali e valorizzazione di prodotti di qualità è possibile: i progetti di Mountain Partnership nel Mondo
L’alleanza, nata nel 2002, ha tra i suoi obiettivi quello di favorire l’imprenditoria rurale nelle aree montane dei Paesi in via di sviluppo per valorizzare i prodotti nei mercati locali e aumentare la resilienza degli ecosistemi
A cura di Sandy Fiabane
“Mountain Partnership lavora nei Paesi in via di sviluppo promuovendo progetti per sviluppare l’imprenditorialità presso i piccoli produttori e gli agricoltori locali nelle regioni montane, affinché possano rimanere con orgoglio nei loro territori e continuare con soddisfazione a produrre, anziché essere costretti a spostarsi nelle città o migrare verso altri Paesi” afferma Carlo Murer, Value-chain e Marketing Expert del Mountain Partnership Secretariat (Food and Agricultural Organization, Fao).
Mountain Partnership è un’alleanza volontaria di partner delle Nazioni Unite nata per sostenere i produttori locali e proteggere gli ecosistemi di montagna in tutto il Mondo, stimolando iniziative locali che utilizzino risorse, conoscenze e ricchezza dei territori. Ne fanno parte oltre 400 Governi, organizzazioni intergovernative, gruppi come società civile, ong e settore privato, e autorità locali.
Come abbiamo visto, la valorizzazione dei prodotti di montagna incontra molti ostacoli anche in Italia, mettendo in difficoltà il settore produttivo locale. L’approccio di Mountain Partnership, che si rivolge alla tutela di prodotti dal forte valore culturale e legati all’identità territoriale, come alimenti biologici, tessuti e servizi turistici nei Paesi in via di sviluppo, rispecchia proprio quella necessità di sostegno e promozione culturale che permette di continuare a produrre le specificità dei luoghi e, con esse, mantenere in vita attività fondamentali per il presidio dei territori e la cura degli ecosistemi.
Mmp Initiative: supportare le idee dei piccoli produttori di montagna
Abbiamo chiesto a Murer di descriverci alcuni dei loro progetti, nei quali Mountain Partnership fornisce supporto ai produttori per creare imprese, rafforzarne le capacità di marketing e incrementarne i mezzi di sostentamento.
“Il primo progetto a cui ho collaborato è la Mountain Partnership Products (MPP) Initiative, nata per rafforzare la resilienza degli abitanti di montagna, delle loro economie e degli ecosistemi. In sinergia con Slow Food, selezioniamo prodotti che rispecchiano la cultura di un luogo per aiutare i produttori ad arrivare al mercato con l’orgoglio di offrire un prodotto “sacro” appartenente alla storia locale. La loro valorizzazione avviene attraverso la scrittura di una narrative label, un’etichetta che racconta appunto la storia del prodotto e delle persone che hanno contribuito a trasformare la materia prima, le peculiarità del processo produttivo e il perché è importante consumarlo. E l’interesse che riscontriamo da parte dei consumatori è molto elevato nei mercati di tutto il Mondo.
Con questo progetto sono sostenuti 18mila agricoltori, di cui il 60% sono donne. Attualmente coinvolge otto Paesi (Bolivia, India, Kyrgyzstan, Mongolia, Nepal, Panama, Perù e le Filippine), e garantisce con il marchio MPP 45 prodotti, ad esempio il miele di api senza pungiglione delle Ande boliviane e il riso rosa e viola degli agricoltori dell’Hymalaya indiano, ma anche prodotti tessili.
Una rete di garanzia basata sulla collaborazione tra produttori e consumatori
La Mpp initiative ha inoltre creato la prima rete internazionale di sistemi di garanzia partecipativa (Partecipatory Guarantee Systems, PSG) specifici per la montagna, focalizzati sulla qualità a livello locale. Si tratta di un network basato sulla fiducia e i legami sociali per realizzare un sistema di garanzia di qualità basato su una certificazione a basso costo: i piccoli produttori, i consumatori e le parti interessate partecipano infatti attivamente, riunendosi per prendere decisioni, visitare le aziende, sostenersi reciprocamente e assicurare il rispetto degli standard biologici.
“Quando parliamo di biologico – prosegue Murer – non ci riferiamo necessariamente alle certificazioni cui siamo abituati. Come Mountain Partnership usiamo la certificazione partecipata che non richiede l’intervento di un ente terzo certificatore, il cui costo sarebbe insostenibile per i piccoli imprenditori nelle remote aree montane: piuttosto, favoriamo una certificazione gestita dagli agricoltori insieme ai consumatori. È una forma bellissima di certificazione, che incentiva pratiche produttive sostenibili e rigenerative senza pesare sull’attività produttiva.”
Con la Dichiarazione di Ranikhet, firmata nell’aprile 2019, è stata quindi avviata una transizione verso un PSG che certificherà i sistemi agricoli come etici, equi e biologici. Prevede 10 punti, tra i quali rientrano non solo l’adozione di approcci sostenibili per la promozione dei prodotti di montagna, ma anche la creazione di un sistema nel quale dare potere ai piccoli agricoltori sostenendone l’aggregazione in gruppi locali, migliorarne le competenze imprenditoriali per favorire la nascita di microimprese e imprese sociali, stabilire relazioni economiche giuste e rispettose e generare opportunità di mercato a lungo termine.
“L’evoluzione della Mmp Initiative – conclude – è oggi rappresentata da un programma di Incubazione e Accelerazione di piccole realtà imprenditoriali agricole promosse da gruppi di agricoltori nelle regioni montane, chiamato “Business Incubator and Accelerator for Mountains and Islands”. Attraverso questo progetto aiutiamo gli agricoltori a tramutare le loro idee di business in un concreto business plan e, successivamente, a implementarlo nella pratica, grazie anche a specifici finanziamenti che rispondono alle necessità emerse per mezzo della redazione dello stesso business plan.
È un percorso quasi sempre finalizzato al mercato locale, salvo casi in cui può avere senso pensare all’esportazione: in India, ad esempio, abbiamo lavorato con un gruppo di donne che producevano camomilla, unico prodotto possibile per loro perché non serviva difenderla dalle scimmie, ma il mercato locale non era sufficiente per la vendita. Negli altri casi, invece, è fondamentale che il primo interlocutore rimanga la comunità locale.”
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