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Ambiente

"Rifugisti con le branchie al posto dei polmoni". Il Telegrafo anticipa la chiusura: "Crediamo alla funzione di presidio in quota, ma costretti dal brutto tempo"

Una chiacchierata con Alessandro Tenca, gestore del Rifugio Telegrafo, situato sull'omonimo monte a 2.200 metri di quota, per fare un bilancio della stagione appena conclusa, tra difficoltà e momenti di estrema bellezza, alle prese con il meteo incerto e i visitatori impreparati

di
Sofia Farina
25 ottobre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Triste e mesto comunicato. Abbiamo deciso di dare vita alla prima "desmontegada" della storia delle Alpi di rifugisti con con le branchie al posto dei polmoni! A malincuore, perché sapete quanto crediamo alla funzione di presidio in quota dei rifugi, ma costretti dalla realtà degli afflussi nulli col brutto tempo e dalle previsioni meteo per i prossimi giorni, siamo scesi a valle e abbiamo concluso la stagione 2024". Con questo messaggio il gestore del Rifugio Telegrafo ha annunciato la chiusura anticipata (di qualche giorno) della struttura, che riaprirà a maggio 2025.

 

La stagione appena conclusa, racconta infatti Alessandro Tenca, gestore del rifugio situato sul Monte Telegrafo a 2.200 metri, ha presentato non poche difficoltà, prevalentemente connesse al maltempo, alle conseguenti prenotazioni annullate e a un pubblico spesso poco preparato, che mettono in evidenza il bisogno di un approccio più coordinato per gestire i flussi verso le terre alte.

 

Quest’anno abbiamo perso completamente maggio a causa della neve in quota”, spiega Tenca, evidenziando come il maltempo abbia condizionato pesantemente l’inizio della stagione. “Anche giugno non è stato un gran mese, e ottobre, che l’anno scorso era stato generoso, quest’anno è stato totalmente imprevedibile”. Il bilancio della stagione è stato quindi segnato da una forte discontinuità, che ha inciso non solo sugli afflussi, ma anche sulla sostenibilità economica del rifugio. Il Rifugio Telegrafo, raggiungibile solo a piedi, è particolarmente vulnerabile alle condizioni atmosferiche: “Quando il meteo è incerto e ti trovi a gestire un rifugio accessibile solo a piedi, è veramente dura. Quest’anno ottobre poteva darci quel qualcosa in più, ma abbiamo perso anche quello”.

 

Oltre alle sfide meteorologiche, Alessandro ha affrontato difficoltà legate ai turisti, soprattutto stranieri, spesso impreparati per affrontare le condizioni di alta montagna. “Mi è capitato di vedere una famiglia di francesi in maniche di camicia pronti a salire in funivia e poi camminare per un’ora e mezza fino al rifugio. Ho dovuto spiegargli che da 1.000 a 2.200 metri cambia tutto: la montagna non è la stessa cosa del lago di Garda”.

 

 

La gestione delle prenotazioni si è rivelata un altro punto critico: “Quest’anno abbiamo avuto tanti ‘no show’. I turisti prenotavano, ma poi disdicevano all’ultimo minuto per via del meteo. Questo incide pesantemente sui bilanci, soprattutto perché la vera sostenibilità per un rifugio arriva dai pernottamenti, che sono fondamentali per mantenere in vita la struttura”. Il gestore sottolinea questo aspetto cruciale per la sopravvivenza economica dei rifugi, nel presente e nel futuro: “Una branda è lì, se la riempi per 100 giorni, hai fatto bingo. La gestione dei pernottamenti è cruciale, perché ha costi minori rispetto alla ristorazione. Inoltre, pernottare in rifugio è una scelta sostenibile, non erosiva per l’ambiente”.

 

Nonostante le difficoltà, il rifugio è riuscito a gestire adeguatamente le risorse idriche: “Dipendiamo totalmente dall’acqua piovana, ma nonostante un picco di affluenza in agosto, siamo riusciti a mantenere le riserve. L’anno scorso avevamo contattato i vigili del fuoco per portare acqua in quota, ma quest’anno non è stato necessario”.

 

Uno dei temi più importanti sollevati da Alessandro è la necessità di un approccio più coordinato nella gestione delle terre alte. Per lui, è fondamentale accompagnare i visitatori durante tutto il percorso verso i rifugi: “Credo che la montagna debba farsi sempre più saggia e organizzata. È necessario che lungo il percorso verso il rifugio ci siano diversi servizi che accompagnino il visitatore, perché se uno è lasciato a se stesso, è facile che si scoraggi o non sappia come reagire alle difficoltà”.

 

Questa “rete di servizi” potrebbe includere funivie, guide alpine e altre attività, tutte collegate per offrire un’esperienza più sicura e piacevole. “Se un weekend è compromesso, le funivie e altre attività dovrebbero incentivare la fruizione della montagna durante la settimana, quando magari il tempo è bello. Il meteo non guarda le festività, e le montagne devono essere pronte a offrire alternative”.

 

Tenca evidenzia anche la necessità di educare i visitatori: “Molti turisti arrivano in montagna con aspettative irrealistiche, cercando sempre l’idillio. Se piove, si scoraggiano e rinunciano. Ma la montagna non è solo una cartolina perfetta: anche con l’ombrello in mano, ci sono luoghi sicuri e percorribili che possono essere apprezzati. C’è ancora tanto lavoro da fare per educare i turisti su come vivere la montagna in modo responsabile”. Uno degli aspetti cruciali per il gestore è proprio questo: rendere i turisti consapevoli delle difficoltà che la montagna può presentare, ma anche delle sue bellezze, anche quando il meteo non è perfetto: “Bisogna essere pronti all’imprevedibilità del meteo, e la montagna deve diventare più robusta, in modo che il visitatore non si senta perso se il tempo cambia improvvisamente”.

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