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Ambiente

Raffiche oltre i 200 chilometri orari e 120.000 fulmini in sole 48 ore: uno sguardo scientifico sulla tempesta Vaia

Con venti da record, piogge eccezionali e un paesaggio devastato, la tempesta Vaia è ancora oggi un simbolo della vulnerabilità delle Alpi e del ruolo del cambiamento climatico

di
Sofia Farina
29 ottobre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Sei anni fa, proprio in questi giorni, tra il 27 e il 30 ottobre 2018, il nord Italia è stato pesantemente colpito da un evento atmosferico eccezionale (uno di quelli che gli esperti del settore definiscono "eventi estremi"): la tempesta Vaia. Si è trattato di un ciclone extra-tropicale che in tre giorni ha travolto le montagne del Trentino-Alto Adige, del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, provocando la distruzione di circa 14 milioni di alberi e causando danni ingenti alle comunità montane. Ma cosa ha provocato questa catastrofe, e quali fenomeni meteorologici hanno effettivamente caratterizzato Vaia?

 

Una configurazione meteorologica eccezionale: il meccanismo dietro Vaia

 

La tempesta Vaia è stata generata da una combinazione di fattori meteorologici che, insieme, hanno prodotto un evento raro e di straordinaria intensità. A livello atmosferico, la dinamica principale è stata l’interazione tra una vasta area di bassa pressione, di origine atlantica, situata tra la Penisola Iberica e le coste italiane, e un anticiclone di blocco stazionario sull’Europa orientale. Questa disposizione ha creato un “corridoio” di venti intensi che si sono incanalati con straordinaria violenza sulle Alpi.

 

Il profondo minimo di pressione atmosferica della tempesta, sceso fino a 980 ettoPascal, è stato uno dei valori più bassi registrati sulle Alpi italiane. Questa condizione ha favorito un forte gradiente di pressione – cioè una differenza estrema tra alta e bassa pressione – che ha innescato venti tempestosi di intensità eccezionale. Si sono registrate raffiche di oltre 200 chilometri orari: il record è stato toccato a Cima Tognola, vicino a San Martino di Castrozza, dove si sono misurati venti di ben 217 chilometri orari, un valore raramente osservato in montagna.

 

Il contributo del Mediterraneo surriscaldato

 

Una variabile essenziale che ha amplificato l’intensità di Vaia è stata la temperatura eccezionalmente elevata delle acque superficiali del Mar Mediterraneo. Nel periodo che ha preceduto la tempesta, il Mediterraneo presentava anomalie termiche di circa +2-3 °C rispetto alla media, un fenomeno che ha aumentato il tasso di evaporazione e arricchito l’atmosfera di umidità. Questa umidità, trasportata dalla depressione atlantica in combinazione con l’aria calda proveniente dal Nord Africa, ha raggiunto le Alpi, generando intense precipitazioni.

 

I dati pluviometrici relativi alla tempesta Vaia mostrano accumuli impressionanti: in alcune località montane, come nel Cadore, si sono registrati oltre 700 millimetri di pioggia in pochi giorni, con intensità che in alcuni casi hanno superato i 200 millimetri in sole 24 ore. Il suolo, già intriso d'acqua, ha perso la capacità di assorbire ulteriori precipitazioni, creando così le condizioni ideali per frane, smottamenti e esondazioni, che hanno devastato il territorio.

Conseguenze eccezionali e venti tempestosi di tipo tropicale

 

L’eccezionalità della tempesta Vaia è evidente anche nel tipo di venti che si sono manifestati. La loro intensità e persistenza hanno richiamato fenomeni più simili alle tempeste tropicali che non ai sistemi di bassa pressione tipici delle Alpi. I venti hanno abbattuto milioni di alberi, in particolare abeti rossi, meno resistenti alle raffiche: il fenomeno del windthrow, con alberi sradicati e distesi come tessere di un domino, ha modificato irreversibilmente il paesaggio di vaste aree boschive.

 

Questo evento meteorologico non si è limitato a colpire il Triveneto: le forti raffiche sono arrivate anche nelle valli più basse, devastando infrastrutture e aree residenziali, isolando intere comunità e lasciando decine di migliaia di persone senza corrente elettrica. Il bilancio finale parla di circa 41 mila ettari di boschi rasi al suolo, strade interrotte, ponti distrutti e torrenti che hanno eroso e modificato il loro corso naturale.

 

Alcuni numeri, tra i più impressionanti

 

A volte, come in questi casi, avere a mente qualche numero può aiutare a contestualizzare l'intensità e la dimensione di un fenomeno. Ecco allora alcuni dati particolarmente interessanti sulla tempesta Vaia: le raffiche di vento  hanno raggiunto picchi di circa 200 chilometri orari nelle Dolomiti, paragonabili alla forza di un uragano di categoria 3; si stima che siano caduti circa 700 millimetri di pioggia in sole 48 ore in alcune aree montane, l'equivalente delle precipitazioni di diversi mesi condensate in pochi giorni; il temporale ha generato una quantità di fulmini eccezionale, con circa 12.000 fulmini rilevati nelle zone colpite, accompagnati da intense scariche elettriche; circa 8,5 milioni di metri cubi di alberi sono stati abbattuti, corrispondenti a oltre 14 milioni di alberi, una quantità di legname che equivale al fabbisogno di circa 5 anni dell'intero settore italiano; la tempesta ha colpito oltre 41.000 ettari di bosco, concentrati principalmente nelle province di Belluno, Trento e Bolzano; e, infine, i danni complessivi causati dalla tempesta Vaia sono stati stimati in oltre 3 miliardi di euro, considerando le infrastrutture, l'energia, il patrimonio naturale e il settore turistico.


Fulmini caduti durante la tempesta Vaia. Fonte: https://www.lightningmaps.org/

Il cambiamento climatico: eventi estremi sempre più frequenti

 

La tempesta Vaia ha sollevato domande fondamentali sul ruolo del cambiamento climatico. Secondo gli scienziati, fenomeni di questa portata sono destinati a diventare più frequenti man mano che il riscaldamento globale prosegue. I dati evidenziano che le Alpi si stanno scaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale, con un incremento di circa 2 °C negli ultimi decenni. Questo aumento di temperatura amplifica l'energia in gioco negli eventi meteorologici e alimenta la probabilità di perturbazioni estreme, come Vaia.

 

Vaia non è un caso isolato: rientra in un pattern di cambiamenti atmosferici che stanno rendendo le Alpi sempre più vulnerabili. La combinazione di suolo saturo e condizioni di vento estreme potrebbe ripresentarsi in futuro, mettendo nuovamente a rischio le foreste alpine, che già ora sono stressate dal cambiamento climatico e da eventi come le infestazioni di bostrico, un parassita che ha proliferato tra gli alberi indeboliti dalle ferite di Vaia.

 

Tempeste "cugine" di Vaia negli ultimi anni

 

In effetti, negli ultimi anni, l'Europa è stata teatro di diversi eventi simili alla tempesta Vaia, in termini di dinamica meterologica e soprattutto di danni provocati sul territorio. Ad esempio, a gennaio 2018 le tempeste Friederike (anche conosciuta come "la tempesta del secolo") e Eleanor hanno colpito, rispettivamente, l'Europa centrale e occidentale, portando nevicate abbondanti, venti molto forti, piogge intense e causando gravi danni alle infrastrutture, come interruzioni di energia, dissesti stradali e alberi abbattuti. Nei primi mesi del 2020 invece sono state Ciara e Gloria a colpire diverse regioni europee, con inondazioni e interruzioni delle forniture di energia.

 

La storia che risuona maggiormente con quella di Vaia, ad ogni modo, è quella della tempesta Alex, abbattutasi sulle Alpi Marittime francesi e italiane il 2 ottobre 2020. Questa tempesta ha causato tante vittime e danni infrastrutturali devastanti, lasciando dopo il suo passaggio un paesaggio molto simile a quello delle montagne del Nord-Est sei anni fa. Alex è stata una tempesta extratropicale prodotta da un processo di ciclogenesi generato da un sistema di bassa pressione a sud-ovest della Groenlandia. La tempesta ha attraversato il canale della Manica, muovendosi verso sud con un minimo barico che ha raggiunto i 970 ettoPascal al suolo in breve tempo, e portando con sé venti con raffiche superiori ai 140 km/h. Il flusso da sud associato alla tempesta, ha trasportato aria umida e calda dal Mediterraneo verso le Alpi Marittime, generando precipitazioni intensissime (fino a 600 mm in 24 ore - e visto che siamo freschi delle alluvioni dell’Emilia Romagna, sappiamo cosa vuol dire).

 

Cosa ci resta di Vaia, sei anni dopo

 

Oggi, le ferite lasciate da Vaia sono ancora visibili: in molte valli, i tronchi degli alberi spezzati restano a testimoniare la furia della tempesta, e vaste aree alpine appaiono come lande desolate. Tuttavia, Vaia ha anche aperto nuove prospettive per la gestione del territorio. Le autorità e le comunità locali hanno avviato piani di riforestazione e di gestione sostenibile del patrimonio boschivo, in modo da ricostruire foreste più resilienti e preparate per affrontare eventi estremi.

 

La memoria di Vaia è un monito per il futuro delle Alpi e per la necessità di adattarsi alle nuove condizioni climatiche. Con il riscaldamento globale in aumento, investire nella prevenzione, nella gestione forestale e nella tutela delle infrastrutture montane diventa essenziale per ridurre la vulnerabilità delle nostre montagne. Cinque anni dopo, Vaia non è solo un evento meteorologico straordinario da ricordare, ma una lezione preziosa per costruire un futuro più sostenibile e sicuro per le nostre valli alpine.

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