Contenuto sponsorizzato
Ambiente

Può una pompa di calore salvare le Dolomiti dall’aumento delle temperature e dallo scioglimento del permafrost? La risposta del glaciologo e dell'ingegnere

Sul sito del progetto chiamato “Rescue Permafrost” (in italiano “salvataggio del permafrost”), si legge che “l’innovazione principale di questo progetto è la capacità di prevenire o rallentare il processo di scioglimento del permafrost, causato dalla diffusione del calore proveniente dalle masse circostanti”.

Può una pompa di calore salvare le Dolomiti dallo scioglimento del permafrost? Proviamo a vedere di cosa si tratta e cosa “salva” questo progetto

di
Michele Argenta
17 maggio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Aggirandosi per lo Stadio del ghiaccio di Cortina, prima di arrivare alla stazione della Freccia del Cielo che porta sulla Tofana, ci si imbatte in un cartello che spiega un nuovo progetto per salvare la roccia delle Dolomiti dall’innalzamento delle temperature globali. Sul sito del progetto chiamato “Rescue Permafrost” (in italiano “salvataggio del permafrost”), si legge che “l’innovazione principale di questo progetto è la capacità di prevenire o rallentare il processo di scioglimento del permafrost, causato dalla diffusione del calore proveniente dalle masse circostanti.”.

Può una pompa di calore salvare le Dolomiti dallo scioglimento del permafrost? Proviamo a vedere di cosa si tratta e cosa “salva” questo progetto.

 

Cos’è il permafrost e perché fonde?

Con il termine permafrost (n italiano permagelo, composto dalle parole perma(nent), "permanente" e frost, "gelato") si intende la porzione di suolo che presenta per almeno due anni consecutivi una temperatura media annua inferiore a 0° C (come da definizione Brown & Pewé, 1973).

Come spiega il glaciolo Giovanni Baccolo, “il fatto di usare due anni come periodo di riferimento è facile da spiegare: se un terreno rimane costantemente gelato due anni, significa che nemmeno d’estate raggiunge la temperatura positiva e che quindi verosimilmente si trova nelle condizioni di rimanere gelato per periodi molto lunghi. In ambienti montani il permafrost è un vero e proprio “collante” per le rocce. Questo perché l’acqua interstiziale che riempie le fratture presenti nel terreno si trova allo stato solido e tiene insieme le parti che sarebbero altrimenti facilmente soggette a processi di erosione o crollo.” 

L’aumento delle temperature globali e delle estati sempre più bollenti (a luglio 2022 lo zero termico sulle Alpi si è attestato alla soglia record di 5184 metri per poi essere superato nel 2023 con una quota di 5298 metri) determina una degradazione del permafrost e quindi la diminuzione della stabilità e lo sgretolamento dei versanti delle Dolomiti. Degradazione è il termine tecnico che identifica il passaggio della temperatura del permafrost da negativa a positiva.

 

La tecnologia

L’idea di base del progetto “Rescue permafrost” è molto semplice e molto efficace: per evitare la degradazione del permafrost bisogna raffreddarlo. E per raffreddare un pezzo di roccia delle Dolomiti bisogna mettere questa porzione di terreno dentro “un grande frigorifero”. Proprio la tecnologia della pompa di calore è quella impiegata in questo progetto, la quale estrae il calore della roccia tramite una serie di tubazioni installate a distanza fissa per poi, attraverso un circuito frigorifero, rilasciare questo calore in ambiente. 10 sonde geotermiche con una lunghezza di 20 metri ciascuna permettono di mantenere l’area rocciosa attorno ad esse ad una temperatura di circa -8°C.

L’energia in ingresso a questo sistema è la sola energia elettrica che serve a far funzionare il compressore del gas refrigerante che, combinato ad un piccolo campo fotovoltaico, permette di essere virtualmente neutrale a livello di emissioni (senza considerare l’intero ciclo di vita dei componenti del circuito).

Sempre sulle tabelle si legge che questo progetto permette di “invertire il paradigma” e di “sfruttare l'irraggiamento solare che provoca il problema per contrastare il problema stesso” come se questo aumento delle temperature fosse provocato da un'insolita attività solare, mentre è molto chiaro a tutta la comunità scientifica che le cause sono da ricercarsi nelle attività umane. Conoscere le cause del problema che si affronta permette di definire meglio le azioni di adattamento, calibrandole sul proprio territorio. Se questo non viene fatto, il rischio di incappare in qualche scivolone è presto aumentato. In questo caso sembra proprio che gli ideatori del progetto dovrebbero forse tornare ancora un po’ sui libri.

 

I pannelli illustrativi del progetto. Foto Freccia del Cielo

 

Operazione di marketing

Salvare l’intero permafrost che tiene insieme le Dolomiti sarebbe un progetto faraonico, se non mera utopia. Le sonde geotermiche applicate nella roccia sotto la “Freccia del Cielo” permettono di raffreddare la porzione di roccia su cui insiste la stazione di arrivo della funivia che è appunto nella condizione di permafrost. Negli ultimi anni, con l’aumento delle temperature, il permafrost ha iniziato però a cedere, portando ad un abbassamento della quota della stazione e a problemi di stabilità della struttura: da qui la necessità di ricorrere alla tecnologia per tornare a consolidare questo strato roccioso. Il progetto, nella sua correttezza e innovazione tecnologica, cerca di adattare le strutture esistenti della Freccia del Cielo alle nuove temperature che ormai si riscontrano sempre più frequentemente sulle Dolomiti. Sempre sul sito si legge come “l’innovazione tecnologica può però contribuire fattivamente alla conservazione dei delicati ecosistemi di montagna” quando invece si cerca di salvare solo il business turistico delle Tofane tramite un consolidamento puntuale. 

Per salvare il permafrost delle Dolomiti e delle Alpi serve ben altro che dei piccoli circuiti frigo (che possono tornare utili in casi specifici come questo): serve cambiare il paradigma che sta alla base del nostro modello economico il quale prevede una crescita economica infinita in un sistema finito. Solo così potremo sperare di salvare il permafrost alpino dall’aggravarsi della crisi climatica.

 

Come ricorda Baccolo, “questa vicenda ricorda molto quella che vede protagonisti i famosi teli stesi sui ghiacciai per ridurne l’arretramento. I punti di contatto sono molti. Anche in quel caso una tecnica sicuramente efficace viene impiegata, al prezzo di alti costi economici, in contesti specifici, dove il ritorno economico (in quel caso lo sci su pista) permette di affrontare simili spese. Il problema che sta alla base di tutto questo è la corretta comunicazione di simili interventi. Dipingerli come soluzioni è sempre sbagliato, anche perché dal punto di vista economico e ambientale non sono applicabili su vasta scala e non contribuiscono minimamente a risolvere le cause che generano il problema.”

 

Si tratta di interventi di adattamento al cambiamento climatico che non risolvono nulla, anzi. Fanno guadagnare (poco) tempo, rallentando il tasso di fusione del ghiaccio e quello di degradazione del permafrost. Sono minuscole pezze che cerchiamo di incollare alla falla gigantesca aperta dal cambiamento climatico. Non che sia sbagliato farlo, perlomeno in contesti estremamente localizzati, dove gli interessi in gioco sono notevoli. Non dipingiamoli come una soluzione a ogni male. Inconsciamente siamo contenti di sapere che con accorgimenti tecnici relativamente semplici è possibile salvare i ghiacciai o il permafrost alpino, è rassicurante. Il problema è che non è vero.

 

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Attualità
| 22 gennaio | 19:45
A New Orleans si è verificata una tra le nevicate più importanti di sempre. "Il sistema climatico è complesso, non possiamo aspettarci che risponda in modo semplice e lineare. In un mondo sempre più caldo non è assurdo che si verifichino locali e temporanei eventi freddi con una frequenza addirittura più alta che in passato"
Attualità
| 22 gennaio | 18:00
La piana del Fucino, in Abruzzo, è uno dei principali poli spaziali europei. L'area è finita sotto i riflettori dei media perché ospiterà il centro di controllo del progetto "Iris2", una delle più importanti iniziative finanziate dall'Unione Europea per sviluppare una rete di satelliti dedicati a fornire connessioni internet sicure ai cittadini europei
Sport
| 22 gennaio | 13:00
Donato al Museo etnografico Dolomiti, è stato esposto dopo un’accurata ripulitura e manutenzione che lo ha portato all'originario splendore
Contenuto sponsorizzato