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Ambiente

Per il clima è meglio l’albero vero o l’albero finto? L’Università di Firenze risponde a una delle più classiche diatribe delle festività natalizie

Ogni anno, sotto Natale, una domanda scalda gli animi di tantissime persone sui social network, ma anche nei bar e attorno alle tavole imbandite, dando vita ad agguerrite diatribe: per l'ambiente è meglio l'albero vero o quello finto? Come sempre in questi casi la risposta è... dipende. L'Università di Firenze ha messo a confronto un albero vero, prodotto in un vivaio locale, e un albero di plastica prodotto in Cina. Ecco i risultati

di
Luigi Torreggiani
12 dicembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Ha un impatto ambientale maggiore un albero di Natale vero, in “legno e aghi”, oppure un albero di Natale finto, di plastica? E quanto pesa questo impatto?

 

Questa è la domanda che ogni anno, sotto Natale, scalda gli animi di tantissime persone sui social network, ma anche nei bar e attorno alle tavole imbandite, dando vita ad agguerrite diatribe.

 

Per provare ad inserire un punto di vista scientifico in questa discussione, spesso infinita, un gruppo di lavoro dell’Università di Firenze, composto da ricercatrici e ricercatori dei dipartimenti DAGRI e DIEF, ha analizzato l’intero ciclo di vita di due alberi di Natale: uno naturale e uno artificiale.

 

Lo studio scientifico non è stato ancora pubblicato, ma abbiamo cercato di comprenderne i risultati macroscopici contattando il Prof. Giacomo Goli del DAGRI, uno dei componenti del gruppo di ricerca insieme al Prof. Massimo Delogu del DIEF, il Dott. Lapo Azzini e il Dott. Riccardo Paoloni del DAGRI e la Dr.ssa Caterina Dattilo del DIEF.

 

“Abbiamo confrontato due unità funzionali”, spiega Goli, “innanzitutto un albero naturale di 1,8 m di altezza allevato e confezionato in un vivaio di Castel San Niccolò (AR) per poi essere trasportato a Firenze per essere venduto. Poi un albero di Natale artificiale premium (ben folto), sempre di 1,8 m di altezza, fabbricato in Cina e trasportato via nave a Trieste e poi via camion fino a Firenze”.

 

In termini di Global Warming Potential (GWP), quindi di potenziale di riscaldamento globale, il risultato premia senza ombra di dubbio l’albero vero rispetto a quello finto. “In termini di processi e trasporti, senza considerare il fine vita e il carbonio biogenico in esso immagazzinato, un singolo albero naturale produce un GWP di circa 0,7 kg di CO2 equivalente. In pratica, circa la stessa CO2 che si emette percorrendo 6 km in macchina o stando qualche ora davanti alla televisione”, spiega Goli.

 

Ma la cosa sorprendente è che se questo albero, dopo il Natale, venisse compostato, l’impatto risulta molto minore, addirittura con un segno meno.

 

“Se consideriamo che un albero di circa 10 kg contiene al suo interno circa 9 kg di CO2 di origine biogenica (quindi neutrale dal punto di vista climatico, dato che per ogni albero espiantato ne verrà piantato uno nuovo che riassorbirà il carbonio emesso) e che la CO2 contenuta nell’albero a fine vita non viene completamente riemessa, perché rimane in parte immagazzinata all’interno del compost”, sottolinea Goli, “scopriamo che l’albero di Natale compostato, in termini di GWP, ha un impatto di circa -1 kg di CO2 equivalente”. Si tratta quindi di un vantaggio netto per l’ambiente, dovuto alle mancate emissioni del materiale che andrà a formare il compost. Ovviamente quando il compost sarà utilizzato e si degraderà riemetterà in ambiente la CO2 in esso immagazzinata, ma nel frattempo potremmo contabilizzare le mancate emissioni derivanti dal fatto di non aver dovuto approvvigionare altre materie prime per produrre quel compost”. Il conferimento dell’albero naturale in discarica comporterebbe invece emissioni inferiori a 1 kg di CO2 equivalente, che sono sostanzialmente quelle derivanti dalla produzione e dal trasporto.

 

Scenario completamente diverso, ovviamente, per quanto riguarda l’albero artificiale fatto di PVC, acciaio verniciato e nylon. “L’albero artificiale conferito in discarica, in termini di GWP, ha un impatto che può variare tra i 20 e i 40 kg di CO2 equivalente in funzione di quanto sia folto e del metodo utilizzato per il calcolo dell’impatto”, spiega Giacomo Goli commentando i risultati preliminari della ricerca.

 

In termini di impatto sul riscaldamento globale quindi, immaginando uno scenario di compostaggio o di conferimento in discarica, l’impatto di un albero di Natale naturale varia tra -1 e +0,7 kg di CO2 equivalente, mentre l’albero artificiale conferito in discarica varia tra +20 e +40 kg i CO2 equivalente. Il confronto in termini assoluti è quindi chiaramente a favore dell’albero vero compostato, se coltivato localmente in vivaio, che oltre al bassissimo impatto genera anche economia locale in aree marginali.

Giacomo Goli, tuttavia, ci tiene a contestualizzare questi numeri rispetto alle emissioni di CO2 equivalente pro-capite di un cittadino europeo medio, che ogni anno ammontano a circa 7.000 kg.

 

“L’uso dell’albero di Natale artificiale non presenta vantaggi particolari rispetto all’albero naturale, che in qualche modo ne giustifichino la scelta su basi ambientali. La principale ragione per scegliere un albero artificiale risiede unicamente nella sua comodità di impiego e probabilmente nel prezzo”, spiega Goli, “ma è importante sottolineare che, in entrambi i casi, le emissioni sono comunque risibili, visto che un albero artificiale può essere riutilizzato per alcune decine di anni”.

 

Insomma, ogni anno questa diatriba genera tanto rumore per nulla? In parte è proprio così.

 

Ma se, avendone le possibilità, proprio si volesse compiere una scelta etica a favore dell’ambiente, meglio propendere per un albero vero, proveniente da un vivaio a poca distanza dalla propria abitazione. E meglio destinarlo al compostaggio che piantarlo in boschi naturali per allontanare il proprio senso di colpa, perché si rischierebbe du inquinare geneticamente tali aree forestali. Piuttosto, il consiglio è quello di conservare l’albero vero in vaso in modo da riutilizzarlo per più anni. Si darebbe prova, così, non solo della massima sensibilità ambientale, ma anche di un notevole e invidiabile pollice verde.

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