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Ambiente

"Ora le montagne sanguinano": la Cordillera Blanca, il declino dei ghiacciai e il dramma delle comunità andine

In alto nelle Ande peruviane, a quasi 4.000 metri di altitudine, la Cordillera Blanca rappresenta, oltre che una catena di montagne maestose, anche un’importante riserva d’acqua per milioni di persone. Ma questo straordinario paesaggio montano, che ospita la più grande concentrazione di ghiacciai tropicali al mondo, sta vivendo una crisi senza precedenti. Il cambiamento climatico, insieme a peculiari processi geochimici, sta trasformando i suoi fiumi in pericolose correnti acide, mettendo a rischio la vita delle comunità locali e l’intero ecosistema montano

di
Sofia Farina
24 novembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

In alto nelle Ande peruviane, a quasi 4.000 metri di altitudine, la Cordillera Blanca rappresenta, oltre che una catena di montagne maestose, anche un’importante riserva d’acqua per milioni di persone. Ma questo straordinario paesaggio montano, che ospita la più grande concentrazione di ghiacciai tropicali al mondo, sta vivendo una crisi senza precedenti. Il cambiamento climatico, insieme a peculiari processi geochimici, sta trasformando i suoi fiumi in pericolose correnti acide, mettendo a rischio la vita delle comunità locali e l’intero ecosistema montano.

 

Nel villaggio di Jancu, Dionisia Moreno, 70 anni, ricorda con nostalgia un tempo in cui il fiume Shallap era limpido e ricco di trote. Oggi, le sue acque sono rosse, acide e tossiche. "Un tempo, uomini e animali potevano bere direttamente dal fiume senza problemi - racconta Dionisia al The New York Times -. Ora non è più possibile".

 

Non si tratta di inquinamento da attività mineraria, sebbene il Perù sia un grande produttore di rame, oro e argento. La vera causa è lo scioglimento dei ghiacciai, un fenomeno accelerato dal riscaldamento globale. Il ritiro glaciale espone infatti rocce ricche di minerali come la pirite, che a contatto con l’aria e l’acqua provoca reazioni chimiche che rilasciano metalli pesanti e acido solforico nelle acque di fusione. Questo processo, noto come drenaggio acido delle rocce, sta avvelenando le fonti d’acqua in tutta la regione.

 

Le acque del lago Shallap, che alimentano il fiume omonimo, oggi hanno un pH inferiore a 4, simile a quello dell’aceto. Secondo l’Istituto Nazionale per la Ricerca su Ghiacciai ed Ecosistemi Montani (Inaigem), il lago contiene livelli pericolosi di piombo, manganese, ferro e zinco. Le autorità sanitarie hanno vietato l’uso del fiume per il consumo umano, ma molte comunità indigene continuano a irrigare i campi con le sue acque. "Alcune piante muoiono, ma non abbiamo alternative" hanno spiegato i contadini agli .

 

Il problema non è circoscritto al villaggio di Jancu. Degli otto bacini glaciali analizzati da Inaigem, cinque mostrano segni evidenti di acidificazione. Il fenomeno minaccia anche le riserve idriche della città di Huaraz, capoluogo della regione. Una delle sue principali fonti è già stata chiusa per la presenza di manganese. La situazione costringe le autorità a investire in costosi impianti di trattamento, mentre l’acqua disponibile diminuisce a causa del progressivo ritiro dei ghiacciai.

 

Il ritiro glaciale nella Cordillera Blanca ha già superato il 40% dal 1968. Gli esperti prevedono che entro il 2030 tutti i ghiacciai al di sotto dei 5.000 metri scompariranno. Questo non solo ridurrà drasticamente la disponibilità d’acqua, ma lascerà esposti centinaia di ettari di rocce che continueranno a rilasciare metalli tossici.

 

Le comunità indigene, già vulnerabili, sono le prime a subire le conseguenze. A Canrey Chico, gli abitanti avevano costruito un sistema di vasche e canali con piante acquatiche per ridurre l’acidità delle acque del fiume Rio Negro. Tuttavia, il progetto è stato abbandonato dalle autorità provinciali. Vicente Salvador, uno dei promotori, è morto di cancro allo stomaco nel 2021, forse a causa dell’esposizione a metalli pesanti.

 

Anche le sorgenti, un tempo considerate fonti sicure, stanno mostrando segni di contaminazione. A Cacapaqui, l’acqua delle sorgenti ha iniziato a diventare amara, causando disturbi gastrointestinali tra gli abitanti. "Molti di noi hanno dolori di stomaco", racconta il contadino Sixto León. Nel frattempo, l’erba per il bestiame cresce sempre meno rigogliosa.

 

La Cordillera Blanca è una delle aree più sensibili ai cambiamenti climatici, e il suo declino è un monito anche per il resto del pianeta (e, soprattutto, delle sue terre alte). La perdita dei ghiacciai, infatti, non solo distrugge un prezioso ecosistema, ma mina la sopravvivenza di migliaia di persone che dipendono dalle sue acque.

 

"Un tempo le cime erano coperte da neve e ghiaccio - ricorda Dionisia Moreno -. Ora le montagne sanguinano". Parole che riecheggiano i racconti apocalittici che gli evangelici locali le hanno raccontato: "Dicono che i ghiacciai spariranno e i fiumi diventeranno rossi. Sta succedendo davvero".

 

In questo fragile equilibrio tra uomo e natura, la Cordillera Blanca ci ricorda che la lotta al cambiamento climatico non è solo una questione globale, ma un’urgenza locale per le comunità che vivono in prima linea.

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