Nasce "Dolichens", il primo inventario dei licheni delle Dolomiti. Quante specie si contano e come stanno reagendo ai cambiamenti globali?
Grazie alla collaborazione tra i ricercatori delle Università di Bologna, Trieste e Genova, è stato realizzato il primo inventario dei licheni delle Dolomiti. Grazie alla combinazione di analisi degli erbari e della letteratura, ma anche di nuove campagne di campionamento, sono stati raccolti 75mila dati riferibili a circa 1750 specie, più della metà di quelle note per l’intero arco alpino
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna, Trieste e Genova ha realizzato di recente lo studio “The Dolichens database: the lichen biota of the Dolomites”, pubblicato su MycoKeys, che presenta un database consultabile online offrendo un inventario dei licheni delle Dolomiti.
Per richiamare nozioni che forse non tornano alla nostra attenzione da quando eravamo seduti dietro ai banchi di scuola, un lichene è un organismo formato dalla simbiosi tra un fungo e un’alga. Per simbiosi si intende il rapporto di alleanza e collaborazione tra due o più specie che vivono assieme e che traggono il maggior vantaggio possibile da tale situazione. L’alga, attraverso la fotosintesi, fabbrica il nutrimento per il fungo. Il fungo utilizza questo nutrimento e fornisce all’alga acqua e i sali minerali, necessari alla sua sopravvivenza, inoltre la protegge dalle intemperie.
Questi due organismi simbionti convivono traendo reciproco vantaggio: il fungo, sopravvive grazie ai composti organici prodotti dalla fotosintesi dell'alga, e quest'ultima riceve in cambio protezione, sali minerali ed acqua.
Il progetto Dolichens è portato avanti dall'Unità di ricerca del professor Nascimbene dell'Università di Bologna dal 2022 con l'obiettivo di assemblare un inventario dei licheni segnalati nelle Dolomiti a partire dal diciannovesimo secolo. Il sistema informativo con il medesimo nome è aggiornato dalle unità di ricerca del professor Nascimbene e del professor Pier Luigi Nimis dell'Università di Trieste.
In totale, per ora, si parla di circa 75mila dati riferibili a circa 1750 specie, più della metà di quelle note per l’intero arco alpino. Questi dati sono ricavati a partire dall'analisi degli erbari e della letteratura, ma anche da nuove campagne di campionamento.
La scelta di concentrarsi sulle Dolomiti deriva dal fatto che queste appartengono alle aree lichenologicamente più note d'Italia, e l'interesse verso di esse è legato alla "varietà delle condizioni climatiche e dei substrati". Il Trentino-Alto Adige, in particolare, è la regione italiana più ricca dal punto di vista lichenologico, con oltre 1600 taxa di funghi lichenizzati segnalati fino ad oggi, un numero che racconta la storia dell'esplorazione lichenologica a partire dal diciannovesimo secolo. Infatti, come raccontato all'interno del database, la maggior parte dei contributi storici è attribuita a Ferdinand Arnold (1828-1901), che negli ultimi anni dell'Ottocento effettuò indagini in Alto Adige e pubblicò i risultati in una nota serie intitolata "Lichenologische Ausfluge in Tirol (1868-1897)", mentre enlla prima metà del ventesimo secolo, questi territori sono stati esplorati soprattutto da Pio Bolzon (1867-1940) e Maria Cengia Sambo (1888-1939), che hanno pubblicato diversi contributi sulla flora lichenica locale.
Nonostante il chiaro interesse lichenologico delle Dolomiti, mancava ancora una sintesi della diversità lichenica dell'area, eppure inventari di questo tipo sono di grande importanza per sviluppare ricerche in ambito naturalistico e soprattutto per promuovere la conservazione della biodiversità. Infatti, l'analisi dei licheni fornisce informazioni di base sulla distribuzione e sull'ecologia delle specie e talvolta innescano dei progressi tassonomici, tra cui la descrizione di nuove specie, fondamentali per rivelare i modelli di biodiversità e fornire linee guida efficaci per la conservazione.
In uno scenario di cambiamento globale in cui molte specie di licheni potrebbero essere a grave rischio di estinzione, spiegano i ricercatori, e l'assenza di questa sintesi dedicata potrebbe portare alla perdita di biodiversità nascosta ancor prima della sua scoperta.
"Ci aspettiamo che questo inventario di dati aperti contribuisca a comporre e mantenere il puzzle di una memoria lichenologica delle Dolomiti - spiega il team che porta avanti il progetto - permettendoci di seguire il suo biota lichenico attraverso le epoche, affrontando la sfida dei rapidi cambiamenti globali".
Non solo, questo progetto “promuove futuri studi volti alla conservazione e alla valorizzazione dei licheni. Avere a disposizione dati di due secoli di esplorazioni, con informazioni accurate sulla località di raccolta, ci fornisce infatti gli strumenti fondamentali su cui basare future ricerche di tipo biogeografico, tassonomico e floristico, finalizzate a comprendere a fondo le risposte dei licheni ai cambiamenti globali”.