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Ambiente

Monte Tamaro: dove la riconversione dell'offerta turistica invernale è avvenuta 20 anni fa, in seguito alle modifiche delle precipitazioni nevose

Sul Monte Tamaro, in Ticino, negli anni '80 ci si è resi conto che gli inverni si stavano "facendo incerti" e che "l'innevamento necessario non fosse più garantito" e così, al posto di investire sull'innevamento artificiale, negli anni hanno potenziato l'offerta estiva, arrivando ad una riconversione totale nel 2003

di
Sofia Farina
30 maggio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Al confine tra l’Italia e la Svizzera, in Ticino, c’è una montagna alta 1962 metri, servita da una telecabina e dotata di diverse “attrazioni” per i visitatori, che da vent’anni ha riconvertito la sua intera offerta da quella invernale sciistica a quella estiva: il Monte Tamaro.

 

La realizzazione degli impianti di risalita sul Monte Tamaro risale agli anni ‘60. Come si legge dalla storia del comprensorio, nel 1965 hanno iniziato a essere realizzati i primi progetti della funivia e degli ski-lift, anche in seguito alle valutazioni di noti maestri di sci di St. Moritz che avevano giudicato “eccellenti le qualità della neve nella regione”.

 

L’apertura dell’area, che offre un ristorante e ski-lift all’Alpe Foppa, avviene nei primi anni ‘70, anni di grande successo della zona che accoglie anche gli scialpinisti con una gara, la Traversata del Tamaro. 

 

Tuttavia, già negli anni ‘80 gli inverni “si fanno incerti e l’innevamento necessario non è più garantito, rendendo incerti i ritorni finanziari fondamentali per il funzionamento dell’attività”. Come si legge nella pagina dedicata alla storia del comprensorio, in quegli anni si ragione su un progetto per gli impianti di innevamento artificiale, che “viene però abbandonato a causa delle forti opposizioni di ecologisti e associazioni”. E così, a partire da metà degli anni ’80, sul Monte Tamaro si inizia a lavorare anche sulla stagione estiva.

 

L’investimento sulla stagione estiva avviene con interventi di diverso genere, dalla posa della statua bronzea della “Madonna con bambino” dello scultore Antonio Danzi di Viggiù nel 1985 alla costruzione della Chiesa Santa Maria degli Angeli progettata da Mario Botta nel 1996.

I primi anni 2000 segnano la conversione completa dell’impianto, che dal 2003 vede la sua apertura definitiva diventare solo da aprile a novembre. Da allora, sono stati portati avanti numerosi altri interventi mirati ad attrarre un pubblico quanto più variegato, come l’introduzione del Parco avventura alla stazione intermedia della telecabina, della slittovia situata alla stazione di arrivo, ma anche la posa di altre sculture, come “Il Guardiano del Tempio” di Luca Marcionelli e “Cubo Sospeso” di Jaya Schürch, e l’avvio di una biennale d’arte. 

 

Negli anni più recenti, il monte Tamaro ha visto un investimento sulle infrastrutture, con la ristrutturazione del Ristorante Alpe Foppa, realizzata con materiali naturali e con la mano delle maestranze locali e, proprio quest’anno, la sostituzione della vecchia telecabina, che ha compiuto cinquant’anni.

 

Grazie ad un’attenta progettazione e minuziosa pianificazione del cantiere, sarà possibile realizzare il nuovo impianto in poco più di un anno, permettendo un normale svolgimento di tutte le attività durante la stagione in corso e limitando i mesi di chiusura. “Le emozioni sono tante, sia per noi come famiglia, che per le collaboratrici e i collaboratori dell’azienda”, ha affermato il presidente Luca Cattaneo.

Inoltre, i gestori dell’area hanno scelto di investire fortemente in obiettivi di sostenibilità a “breve, medio e lungo termine”, utilizzando prevalentemente prodotti locali e regionali, impegnando maestranze locali, cercando di favorire l’impiego di materiali riciclati e ottenendo la certificazione Swisstainable (Swiss + Sustainable) per “promuovere un’offerta turistica che non sia solo attrattiva, ma soprattutto sostenibile”.

 

Il Monte Tamaro si presenta oggi come un esempio di successo per la riconversione dei comprensori che insistono su montagne già fortemente antropizzate e dotate di numerose infrastrutture, da un modello che si ostina a puntare sulla monocultura dello sci da discesa, anche quando le condizioni ambientali necessarie vengono a mancare, ad uno che punta tutto sulla stagione estiva (allungata), rinunciando a sostanziosi e poco lungimiranti investimenti sugli impianti di innevamento artificiale. E, come se non bastasse, lo fa da ormai vent’anni, mentre poco distante da esso, continuiamo ad assistere a investimenti che si rifiutano di tenere conto del cambiamento climatico in corso.

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