L’Argentiere, il ghiacciaio che pare in salute ma che in realtà dal paese è diventato quasi invisibile (dopo che è stato usato anche come ghiacciaia)
Pensando al Monte Bianco e ai suoi vasti ghiacciai, il pensiero corre facilmente alla Mer de Glace, il più celebre e visitato. Nella vallata accanto, verso settentrione, c’è un altro grande ghiacciaio la cui storia è per certi versi ancora più significativa, sia negli aspetti glaciologici che riguardo il rapporto delle genti del posto con il ghiacciaio e le montagne d’intorno
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
I ghiacciai, inutile rimarcarlo, raccontano molto dei territori montani che li ospitano e non solo dal punto di vista climatico e ambientale. Essendo elementi peculiari e referenziali delle alte quote alpine e dei loro paesaggi, dei quali condizionavano tanto la geografia quanto la percezione culturale, hanno sempre influito pure sulla presenza in essi dell’uomo. Il quale, dopo aver visto lassù il regno di draghi, demoni e mostri d’ogni sorta, rappresentazione superstiziosa delle sue paure per quelle alte terre inospitali, ha cercato di capire come potesse relazionarsi con le grandi masse glaciali, in fondo così “inevitabili” nella dimensione abitata e vissuto delle proprie montagne.
Nel massiccio del Monte Bianco, adornato da alcuni dei più grandi apparati glaciali delle Alpi, facilmente il primo ghiacciaio al quale si pensa è la spettacolare Mer de Glace, oggi frequentemente citato anche per l’ingente regresso che lo caratterizza, emblematico dell’epoca climatica in corso. Nel vallone accanto, verso la Svizzera, c’è un altro grande ghiacciaio la cui storia è altrettanto significativa per i monti che lo ospitano e le genti che li abitano: è il ghiacciaio d'Argentiere (glacier d'Argentière), il cui ampio e spettacolare circo superiore, quasi pianeggiante e peraltro fino al secolo scorso congiunto al bacino della Mer del Glace, è posto ai piedi del Mont Dolent nei pressi della cui vetta si congiungono i confini di Francia, Svizzera e Italia (è una delle rare triplici frontiere del mondo).
Nonostante la sua notevole estensione possa far pensare a un ghiacciaio meno sofferente di altri degli effetti del riscaldamento climatico, è invece tra quelli dai bilanci di massa maggiormente negativi: l’Argentiere in meno di vent’anni – tra il 2003/2004 e il 2020/2021 - ha perso più di 20 metri di acqua equivalente (la differenza tra l’accumulo e le perdite per ablazione, cioè dalla fusione di neve e ghiaccio, espressa come volume equivalente di acqua). D’altro canto l’Argentiere è un ghiacciaio temperato, vista la sua quota relativamente bassa: in profondità la temperatura della sua massa glaciale si mantiene costantemente a 0°C.
In ogni caso, più dei dati numerici sono le immagini che al solito rendono meglio l’idea della situazione: così, se nel 1877 - anno al quale si riferisce l’immagine sopra riprodotta - la fronte del ghiacciaio lambiva e minacciava l’abitato di Argentiere, a 1250 m di quota, oggi la stessa fronte (peraltro spezzata in due parti delle quali l’inferiore si sta rapidamente coprendo di detrito roccioso, che di contro protegge parzialmente la massa glaciale residua dall’ablazione termica) è pressoché invisibile dal paese, nascosta in alto oltre i rilievi del vallone ormai ampiamente boscato, come si vede nell’immagine sottostante datata luglio 2023.
A proposito di relazioni antropiche con il ghiacciaio funzionali alla presenza umana in quota, la condizione di apparato glaciale temperato e la relativa facilità di accesso ha fatto sì che negli anni Settanta del Novecento sotto l’Argentiere, a circa 2000 metri di quota, siano state realizzate delle captazioni per portare tramite condotte sotterranee l’acqua di fusione verso il bacino della diga di Emosson, posto già in territorio svizzero sull’opposto versante idrografico. Ciò ha permesso di rilevare la velocità di scorrimento verso valle del ghiacciaio, che a differenza di quanto verrebbe da pensare non si ferma nemmeno nei mesi invernali: la velocità media rilevata è infatti di ben 40 cm/giorno nella stagione fredda e di 60-65 cm/giorno in estate, con punte di 5-6 cm all’ora dopo un temporale. Peraltro, essendo misurazioni eseguite fino agli anni Novanta, si può ritenere che con gli effetti sempre più ingenti del riscaldamento globale in corso le velocità di scorrimento attuali siano ancora maggiori.
Infine, sempre riguardo il legame tra l’Argentiere e le genti del posto, una cosa curiosa da conoscere ma che fa ben capire quanto sia cambiata la montagna in relativamente poco tempo e, appunto, in molti aspetti della relazione dell’uomo con il suo ambiente, è che per la sua vicinanza al fondovalle il ghiaccio della fronte dell’Argentiere dal 1908 al 1951 fu scavato e tagliato per rifornire gli hotel della zona durante la stagione estiva. I blocchi intagliati venivano calati a valle con una teleferica e la richiesta di ghiaccio era così ingente che in piena stagione turistica si raggiungeva una produzione di 24-30 tonnellate al giorno, che tuttavia si interruppe quando negli hotel i frigoriferi divennero di uso comune. Dunque si può dire che, almeno in quella circostanza, il progresso umano servì per “preservare” il ghiacciaio; peccato non abbia poi saputo farlo più estesamente in altri modi.
(L'immagine fotografica in testa all'articolo, del 2009, è di Gnomefilliere, opera propria, BY-SA 3.0, fonte commons.wikimedia.org.)