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Ambiente

La raccolta di piante medicinali del Parco Jigme Dorji in Bhutan: una pratica secolare minacciata (non solo) dal cambiamento climatico

Il Parco Nazionale Jigme Dorji, situato nel nord-ovest del Bhutan, rappresenta una delle più importanti riserve naturali del paese, custodendo una ricca biodiversità e proteggendo numerosi simboli nazionali. Ma questo Parco, oltre ad essere un santuario per la fauna e flora nazionali, è anche un tesoro di erbe medicinali di inestimabile valore, una risorsa fondamentale per le comunità locali

di
Sofia Farina
29 settembre | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Il Parco Nazionale Jigme Dorji, situato nel nord-ovest del Bhutan, rappresenta una delle più importanti riserve naturali del paese, custodendo una ricca biodiversità e proteggendo numerosi simboli nazionali. Tra le specie emblematiche che abitano questo parco spiccano il cipresso himalayano (Cupressus torulosa), albero nazionale del Bhutan, il takin (Budorcas taxicolor), l'animale nazionale con il caratteristico aspetto "a metà tra una mucca e una capra", e il papavero blu (Meconopsis grandis), fiore nazionale. Oltre a queste specie iconiche, il parco è anche rifugio per il corvo imperiale (Corvus corax), uccello simbolo del paese.

 

Ma questo Parco, oltre ad essere un santuario per la fauna e flora nazionali, è anche un tesoro di erbe medicinali di inestimabile valore, una risorsa fondamentale per le comunità locali. La raccolta di queste piante è centrale per il sostentamento delle popolazioni montane che vivono all'interno e attorno al parco, come è emerso durante il “Lingzhi - Laya Walkshop”, un'iniziativa dell'Icimod, il Centro Internazionale per lo Sviluppo Integrato delle Montagne, per comprendere le necessità delle comunità montane di fronte al cambiamento climatico.

 

All'interno del Parco, la raccolta di piante medicinali è una pratica secolare che permette alle comunità locali, come i pastori di yak, di integrare i loro redditi. Tra le piante più ricercate c'è il fungo bruco (Ophiocordyceps sinensis), chiamato localmente yartsa gunbu, che viene tradotto come "verme invernale, erba estiva" e che è anche noto anche come "oro dell'Himalaya" per il suo valore economico, Infatti, è molto richiesto nella medicina tradizionale per le sue proprietà curative, tra cui il trattamento di malattie renali e epatiche, e la sua fama come afrodisiaco.

 

Altre specie di piante medicinali raccolte nel parco includono il kutki (Picrorhiza kurroa) e la jatamansi (Nardostachys jatamansi), entrambe utilizzate per curare una vasta gamma di disturbi, tra cui problemi digestivi e stress. La raccolta di queste erbe consente alle comunità di diversificare le proprie fonti di reddito e di affrontare meglio le incertezze legate al cambiamento climatico, come l'erosione dei pascoli e le condizioni meteorologiche estreme.


Il Parco Nazionale Jigme Dorji (fonte: Wikimedia Commons)

Nonostante l'importanza economica e culturale della raccolta delle erbe medicinali, questa pratica affronta numerose sfide. Una delle principali è l'invasione di specie vegetali invasive, come alcune varietà di rododendri, che competono con le piante medicinali autoctone e riducono lo spazio per la loro crescita. Inoltre, il cambiamento climatico sta alterando i cicli di crescita delle piante, con un impatto diretto sulla loro disponibilità. Le piogge irregolari e l'erosione del suolo, causate da eventi meteorologici estremi, hanno ulteriormente danneggiato le aree di raccolta.

 

Un altro problema è rappresentato dalle pratiche di raccolta non sostenibili. Con la crescente domanda di piante medicinali, il numero di raccoglitori è aumentato, e spesso la raccolta avviene in modo intensivo, senza seguire metodi di raccolta responsabili. Questo ha portato a una diminuzione delle popolazioni di erbe medicinali in alcune aree, mettendo a rischio l'intero ecosistema.

 

Per garantire la sostenibilità della raccolta delle erbe medicinali e la protezione degli habitat naturali, è essenziale adottare tecniche di raccolta adeguate. Gli esperti di Menjong Sorig, un'azienda statale del Bhutan che segue la tradizione medica del Sowa Rigpa, sottolineano l'importanza di raccogliere solo piante abbondanti e di limitare la quantità di piante prelevate, preferibilmente non oltre il 30-50% della popolazione. Tecniche come il "diradamento" e la copertura delle buche dopo la raccolta sono fondamentali per preservare l'ambiente e prevenire l'invasione di parassiti.


Il Leontopodium himalayanum, che si trova ad una altitudine compresa tra i 3800 e i 5500 metri sul livello del mare.

Nonostante le difficoltà, le piante medicinali rimangono ancora abbondanti nella regione, offrendo opportunità per il futuro e la ricerca di nuove sostanze medicinali a partire dalle risorse naturali può rappresentare un'importante fonte di reddito per le comunità locali, stimolando lo sviluppo di un'economia sostenibile basata sulla natura.

 

L'Icimod, attraverso il suo programma Hi-Reap (Himalayan Resilience Enabling Action Programme), sta lavorando per promuovere lo sviluppo di catene di valore e imprese legate a queste pratiche in Bhutan e Nepal, con l'obiettivo di creare un ambiente favorevole che permetta alle comunità montane di sfruttare in modo sostenibile le risorse naturali, migliorando al contempo il loro benessere economico. Le esperienze raccolte nel Parco serviranno da modello per implementare soluzioni basate sulla natura in altre regioni himalayane. Questesoluzioni non solo affrontano le sfide ambientali, ma offrono anche benefici tangibili per la biodiversità e il benessere umano, contribuendo a garantire un futuro più sostenibile per le comunità montane.

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