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Ambiente

La diga che cambiò il paesaggio perché non venne realizzata: breve storia del progetto della Greina, in Svizzera, che oggi protegge la natura locale

Vi sono grandi dighe e infrastrutture idroelettriche che hanno radicalmente modificato la geografia e il paesaggio di numerosi valli alpine, ma pure alcune che lo hanno ugualmente cambiato con la loro assenza. In queste settimane di accesi dibattiti intorno al progetto della diga del Vanoi, uno dei nuovi impianti ipotizzati sulle montagne italiane, appare quanto mai emblematico il caso della “diga mancata” della Greina, in Svizzera, che “cambiò” a sua volta radicalmente il paesaggio nel quale doveva essere realizzata contribuendo alla sua tutela istituzionale, e non solo a quella

di
Luca Rota
17 settembre | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Vi sono grandi dighe e infrastrutture idroelettriche che hanno radicalmente modificato la geografia e il paesaggio di numerosi valli alpine, ma pure alcune che lo hanno ugualmente cambiato con la loro assenza. In queste settimane di accesi dibattiti intorno al progetto della diga del Vanoi, uno dei nuovi impianti ipotizzati sulle montagne italiane, appare quanto mai emblematico il caso della “diga mancata” della Greina, in Svizzera, che “cambiò” a sua volta radicalmente il paesaggio nel quale doveva essere realizzata contribuendo alla sua tutela istituzionale, e non solo a quella.

 

Nel corso del Novecento numerose valli alpine sono state radicalmente trasformate dall’edificazione di altrettanti impianti idroelettrici: le grandi dighe con i relativi bacini artificiali, le opere di presa e di trasporto dell’acqua, le infrastrutture accessorie hanno ridisegnato la geografia fisica di qui territori e non di rado anche quella umana, in certi casi con risultati anche apprezzabili e impatti ambientali tutto sommato “assimilati” dal paesaggio locale, in altri meno. Poi quell’epoca di grandi costruzioni in quota finì, in parte per lo shock generato nell’opinione pubblica dal disastro del Vajont, in parte per il sostanziale esaurimento – almeno nelle Alpi italiane - dei territori maggiormente adatti alla creazione dei bacini, infine per l’apporto produttivo di nuove fonti energetiche che hanno reso meno interessanti gli investimenti nell’idroelettrico.

 

Oggi, in tempi di cambiamento climatico e transizione energetica verso forme più sostenibili che consentano lo svincolo dall'uso dei combustibili fossili, si è tornati a discutere su alcuni progetti idroelettrici: il caso italiano probabilmente più eclatante è quello del Vanoi, tra Trentino e Veneto, per il quale è palese la differenza di vedute sul tema tra una parte della politica locale, gli esperti e la società civile, quest’ultima preoccupata per un possibile ulteriore stravolgimento profondo di un territorio montano, del paesaggio locale e del suo ecosistema a fronte di vantaggi materiali insufficienti e comunque opinabili.

 

Già in passato sono stati diversi i casi di progetti di edificazione di nuove grandi dighe, a volte già avviati, che avrebbero inciso profondamente sulla geografia dei territori coinvolti, infine sospesi e cancellati dopo mobilitazioni di varia natura. Ma ci fu un caso particolare, forse più di ogni altro, per il quale una nuova grande diga contribuì in concreto a cambiare significativamente il paesaggio… proprio perché non venne realizzata. È quello che coinvolse l’Altopiano della Greina, posto a oltre 2200 m di quota in Svizzera tra il Canton Ticino e i Grigioni (ma a solo due ore d’auto o poco più da Milano), un rarissimo esempio di tundra alpina i cui biotopi assolutamente particolari riportano alla mente paesaggi prettamente scandinavi e rappresentano una delle zone più intatte e meno contaminate di tutte le Alpi.


Veduta dell'altipiano da nordest, dalla zona del Punt La Greina. Foto di Whgler, opera propria, CC BY-SA 4.0, fonte commons.wikimedia.org

Nel 1980 venne reso pubblico il progetto per la costruzione di una grande diga con infrastrutture idroelettriche annesse – siamo nella valle accanto a quella ove sorge la grande diga di Luzzone, tra le più alte d’Europa, dunque in una zona già nelle mire dell’industria idroelettrica - che pure quassù avrebbe cancellato un ecosistema peculiare di grande valore biologico e paesaggistico. In Greina la protesta contro il progetto si fece da subito ben organizzata e determinata: venne fondata un’associazione apposita, la “Fondazione Svizzera della Greina”, che raccolse in poco tempo un grande consenso e attivò la partecipazione ampia e variegata da parte di abitanti locali, ambientalisti, politici e semplici appassionati del luogo.


Il Terrisee, o Laghet la Greina. Foto di Martingarten, opera propria, CC BY-SA 3.0, fonte commons.wikimedia.org

Come riporta e ricorda il sito web del Club Alpino Svizzero, quella per il salvataggio della Greina fu una delle dispute emotivamente più forti tra quelle intraprese contro i progetti di infrastrutturazione idroelettrica del tempo. La protesta conobbe un forte sostegno su scala nazionale e, in retrospettiva, può essere considerata il precursore della resistenza a molti altri progetti previsti allora nelle valli alpine svizzere e poi cassati. La Fondazione non solo riuscì a ottenere la cancellazione del progetto e la protezione istituzionale dell’Altopiano (la Greina figura oggi nell’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali, che le assicura una tutela duratura e ineludibile) ma anche ad acquisire per i comuni di Vrin e Sumvitg, sottostanti alla Greina sul versante grigionese, il diritto a pagamenti annuali da parte della Confederazione in compensazione dei mancati introiti delle infrastrutture non più realizzate, pari a 1 Franco (poco più di 1 Euro) per chilowatt di produzione lorda.

 

Queste compensazioni, poi comunemente denominate «Centesimo per il paesaggio», sono state sancite tramite legge federale nel 1995 e vengono regolarmente pagate dall’anno successivo: oggi vengono applicate anche in altri casi simili, così che comuni finanziariamente deboli possono ottenere tale forma di sostegno quando rinuncino agli introiti derivanti dall’eventuale costruzioni di impianti idroelettrici e preservino la Natura e l’ambiente dei loro territori.


L'aspetto assolutamente "scandinavo" dei monti della Greina. Foto di Alexander Gächter su Unsplash

La Fondazione Svizzera della Greina è tutt’oggi ben attiva e continua a salvaguardare l'Altopiano della Greina nonché altri paesaggi alpini naturali e fluviali elvetici, in collaborazione con le istituzioni e le popolazioni locali: un perfetto esempio di rigenerazione relazionale e identitaria di quelle genti con le proprie montagne, il loro Genius Loci e con la cultura che ne scaturisce e forma il prezioso patrimonio comune. Per i territori alpini, così spesso marginalizzati e ancora un po’ ovunque in preda a fenomeni di abbandono e di spaesamento, il caso della “diga mancata” della Greina rappresenta veramente un modello emblematico di tutela del paesaggio e di sviluppo sostenibile alternativo a certi progetti di sfruttamento delle risorse montane francamente illogici e fuori dal tempo.

 

(La foto in testa all'articolo è di Martingarten, opera propria, CC BY-SA 3.0, fonte commons.wikimedia.org.)

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