Jet privati: 15,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica nel 2023. La crisi climatica è (anche) una questione di classe?
Tra il 2019 e il 2023 le emissioni dovute a viaggi in jet privati sono aumentate del 46%. Quali sono gli impatti in termini di giustizia climatica e perché è necessaria una regolamentazione per affrontare il crescente impatto del settore sul cambiamento climatico?
Poche ore fa, su Nature, è stato pubblicato un articolo che compie una valutazione delle emissioni di gas climalteranti dovute all’aviazione privata (ai jet privati, per intenderci). Questo perché sebbene il ruolo dell’aviazione commerciale in termini di surriscaldamento globale fosse acclarato, quello dell’aviazione privata non era mai stato quantificato con precisione.
Per farlo i ricercatori hanno utilizzato i dati del volo di 25.993 aerei privati per un totale di 18.655.789 voli individuali effettuati in solo quattro anni, tra il 2019 e il 2023. I risultati principali si possono riassumere così: i voli dei jet privati hanno contribuito alle emissioni dirette di almeno 15,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica nel 2023, con una media di circa 3,6 tonnellate per volo, che è quanto una mucca da latte emette in un anno o quanto un’automobile nuova emette percorrendo 25.000 chilometri. Inoltre, quasi la metà dei voli sono più brevi di 500 chilometri e i viaggi sono effettuati prevalentemente per motivi di svago e per eventi culturali e politici. Ultimo dato di grande interesse, tra il 2019 e il 2023 le emissioni dovute a viaggi in jet privati sono aumentate del 46% e le previsioni sono che l’industria continui a crescere con la medesima rapidità.
La conclusione che ne trae il team di ricerca è che: “È necessaria una regolamentazione per affrontare il crescente impatto sul cambiamento climatico”. Ma qual è la lettura che possiamo dare di questo dato allargando la nostra visuale, utilizzando la lente della giustizia sociale e climatica? Fortunatamente, non ci tocca compiere grandi sforzi intellettuali perché, come spesso accade, ci sono interi team di esperti che ci lavorano da tempo e che condensano i risultati di anni di studi in dei leggibili e comodi documenti, come ad esempio il rapporto sulla “carbon inequality” pubblicato pochi giorni fa da Oxfam. Con queste parole (che forse potremmo tradurre come “diseguaglianza climatica”, ma la realtà è che questi termini raramente vengono tradotti) si parla della diseguaglianza in termini di emissioni di gas serra da parte della fetta più ricca e quella più povera della popolazione globale.
“Il solo modo per sconfiggere il collasso climatico e garantire la giustizia sociale è ridurre radicalmente le disuguaglianze”, l’edizione 2024 del rapporto di Oxfam si apre con queste parole. Riassumendone brutalmente il contenuto, possiamo dire che il documento rivela come gli impatti catastrofici sul clima siano generati principalmente dalle azioni degli individui più ricchi del mondo, ma a pagarne le conseguenze sono le fasce più povere della popolazione globale.
“La poca anidride carbonica che possiamo ancora emettere in sicurezza viene bruciata indiscriminatamente dai super ricchi” dichiara il rapporto, in cui sono contenuti dati relativi allo stile di vita di 50 tra le persone ricche al mondo (parliamo di miliardari, per intenderci), come informazioni sull’utilizzo di yacht e jet privati, o anche investimenti in industrie e settori fortemente inquinanti.
La ricerca di Oxfam (che, per inciso, è un’organizzazione globale che si occupa proprio di combattere la povertà e le disugualgianze) mostra che le emissioni dell'1% dei super-ricchi del mondo stanno causando perdite economiche quantificabili in trilioni di dollari. Impegnandoci a fare uno sforzo di astrazione per visualizzare queste percentuali, leggiamo questo dato: la metà delle emissioni globali proviene dal 10% delle persone più ricche. Con un ulteriore sforzo, leggiamo questi: l’1% di persone più ricche del globo (in termini di reddito) è responsabile del 16% delle emissioni, che vuol dire più di quello che emettono i due terzi più poveri della popolazione mondiale.
Per rendere più facile la comprensione di questi valori, possiamo vederla così: se tutti quanti emettessimo come i membri del top 10% globale, il budget di carbonio che abbiamo ancora a disposizione (secondo le stime dell’Onu per non superare il “punto di non ritorno”) sarebbe esaurito in meno di un anno e mezzo; se invece tutti emettessimo come il top 1%, basterebbero meno di cinque mesi; se invece ancora vivessimo tutti come le 50 persone più ricche del globo, il budget di carbonio ancora utilizzabile dall’umanità sarebbe esaurito in due giorni.
Ultimo paragone, per rafforzare il concetto: le emissioni prodotte dagli investimenti, dai jet privati e dai superyacht di 50 persone tra le più ricche del mondo è superiore alle emissioni dei consumi del 2% delle persone più povere (155 milioni di persone) messe insieme.
Ora, all’interno del documento pubblicato da Oxfam ci sono diverse informazioni interessanti relative al settore dei trasporti, in particolare a quello dell’aviazione (pubblica e privata) e quello della navigazione privata (quella realizzata con gli yacht e i super yacht), che ci permettono di ampliare il dato prettamente scientifico con cui si apriva questo articolo. Scopriamo così che la maggior parte delle persone contribuisce in misura minima alle emissioni prodotte dai viaggi aerei. Infatti, il 2-4% della popolazione mondiale vola a livello internazionale e solo l'1% delle persone è responsabile della metà di tutte le emissioni degli aerei.
Se queste cattive notizie non fossero sufficienti, aggiungiamo un ultimo pezzo a questo puzzle: le vendite di jet privati sono raddoppiate negli ultimi due decenni e i governi non stanno disincentivando questo comportamento. Basti pensare che su una tipica tratta percorsa usando l’aviazione privata come quella che collega Parigi e Londra, le tasse impattano solo nella misura del 2% del prezzo del volo, un valore che va confrontato con il (circa) 43% della classe economica dei voli commerciali che tutti utilizziamo.
Su 50 dei miliardari più ricchi al mondo, 23 possiedono jet privati, che hanno utilizzato per una media di 184 voli ciascuno nell'arco di un anno, emettendo mediamente circa 2.074 tonnellate di CO2 per miliardario, una quantità che equivale a 300 anni di emissioni per una persona comune o addirittura a oltre 2.000 anni per qualcuno che appartiene alla metà più povera della popolazione globale. In alcuni casi, come quello di Elon Musk, i jet emettono ogni anno una quantità di anidride carbonica che supera di oltre 800 volte l'impronta di carbonio annuale di un cittadino medio.
Al di là dei numeri, delle percentuali e dei documenti degli esperti, il messaggio è molto semplice: lo stile di vita delle persone più ricche del pianeta sta accelerando il surriscaldamento globale e a pagarne le conseguenze sono le fasce di popolazione e le comunità più povere e più vulnerabili ai cambiamenti che la terra sta attraversando. Combattere questo meccanismo vuol dire perseguire la giustizia climatica, uno degli obiettivi dei negoziati globali per il clima che stanno per prendere avvio a Baku, in Azerbaigian, per la ventinovesima volta nella storia dell'umanità.
Questo spazio è dedicato al racconto della Cop29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si svolge dall'11 al 23 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian. Sofia Farina seguirà i negoziati sul posto per L'AltraMontagna, portando i lettori nel mondo dei negoziati climatici, guidandoli alla scoperta delle questioni più stringenti per i leader del pianeta (e non solo)