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Ambiente

(Il VIDEO) Enormi cataste di legname accumulate negli alvei dei fiumi: dalla Liguria immagini impressionanti che fanno riflettere, in questi giorni di pesanti alluvioni

Un breve video-documentario, realizzato da Compagnia delle Foreste nell'entroterra savonese, mostra immagini impressionanti: enormi cataste di legname spezzato e accumulato negli alvei di fiumi e torrenti, potenzialmente molto pericoloso in caso di piene per i danni che potrebbe causare a strade, ponti, case e altri manufatti. Un'altra faccia dell'abbandono del territorio e della gestione forestale, che deve farci riflettere sul tema della sicurezza idraulica nelle Terre Alte

di
Luigi Torreggiani
01 luglio | 19:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

In questi giorni caratterizzati da eventi meteorologici estremi, che hanno causato pesanti alluvioni nelle montagne dell’Italia nord-occidentale, il tema del diffuso dissesto idrogeologico del nostro territorio è tornato alla ribalta. Si tratta di un argomento assai delicato e complesso, che si interseca con numerosi fattori, sia naturali che antropici. Uno di questi è indubbiamente la gestione forestale: come vengono o non vengono gestite le foreste di montagna è un elemento importante accelerare o tentare di frenare il dissesto. Non a caso, la prima legge forestale italiana - datata 1923 ma in vigore ancora oggi (la cosiddetta “Legge Serpieri”) - era nata proprio per arginare il dissesto idrogeologico attraverso una corretta gestione del patrimonio boschivo, allora molto minore in termini di superficie e molto più sfruttato di oggi.

 

Ma in boschi, come quelli italiani, attivamente utilizzati da millenni dalle popolazioni rurali (quindi non più “naturali” in senso stretto ma derivanti da una lunga storia selvicolturale) anche l’abbandono della loro gestione può rappresentare un grosso problema. Un esempio eclatante è quello dei cedui di castagno: boschi favoriti e diffusi dall'uomo, storicamente tagliati a turni regolari per produrre paleria e travatura e conservati nel tempo grazie alla capacità delle latifoglie (e del castagno in particolare) di “ricacciare”, cioè di creare nuovi fusti a partire dalle ceppaie tagliate.

 

Proprio l’abbandono gestionale dei cedui di castagno rappresenta oggi un grave problema per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, in particolare a causa della tendenza al ribaltamento delle grandi ceppaie “invecchiate”, che una volta scalzate creano le condizioni per l’innesco di frane superficiali.

Un altro problema altrettanto serio, ma meno noto, dell’abbandono di questi boschi, riguarda l’accumulo di legno morto (necromassa) all’interno degli alvei: vere e proprie dighe, formate da decine e decine di metri cubi di legname accatastato, che in caso di piene rappresentano un grande rischio per i manufatti - ponti, strade, case - posti a valle dei corsi d’acqua.

La Liguria, com’è noto, è un territorio molto fragile per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, spesso esposto ad eventi climatici estremi oggi amplificati dal cambiamento climatico. Eventi che provocano piogge molto intense, con conseguenti alluvioni e fenomeni franosi. Proprio in Liguria i cedui di castagno in abbandono sono molto comuni: la loro condizione precaria, con numerose piante secche in piedi o a spezzate terra, pone molti interrogativi gestionali, legati al rischio incendi, alla loro mancata valorizzazione socioeconomica e, non ultimo, proprio alla sicurezza idraulica.

Un progetto di animazione territoriale, chiamato INVOUDERM, punta al recupero gestionale dei boschi locali in stato di abbandono proprio per dare risposta ai vari interrogativi e ai problemi connessi all’abbandono. In questo particolare contesto, il ripristino della “coltivazione regolare” dei cedui di castagno permetterebbe infatti di diminuire il rischio incendi, di evitare il grande accumulo di legname in alveo, di mantenere un elemento paesaggistico importante nonché un habitat tutelato e, infine, di produrre legname potenzialmente utilizzabile in filiere locali. Il castagno, infatti, può essere valorizzato per produrre paleria a uso agricolo, travature per l'edilizia e manufatti da falegnameria, ma anche per estrarne il tannino e, con gli scarti di queste filiere, per trasformarlo in cippato (legno triturato in scaglie) utilizzato per generare energia termica rinnovabile in caldaie moderne e ad alta efficienza.

 

Per sensibilizzare su questo tema, il progetto INVOUDERM, in collaborazione con l’Università di Torino, ha promosso la realizzazione di un breve video-documentario, che è stato realizzato da Compagnia delle Foreste e diffuso sia sul proprio canale YouTube che attraverso la rivista tecnico-scientifica “Sherwood – Foreste e Alberi Oggi”.

 

Le immagini, girate nell'entroterra savonese, sono impressionanti e spingono a una profonda riflessione. I boschi non hanno bisogno degli esseri umani, sono pienamente in grado di autoregolarsi naturalmente, ma ciò avviene anche attraverso situazioni che, per noi, possono rappresentare un pericolo o una mancata opportunità di utilizzo sostenibile di una risorsa rinnovabile. È ovvio che le enormi dighe mostrate nel video, in una foresta vergine, non creerebbero alcun problema, anzi! Rappresenterebbero un potenziale habitat temporaneo utilizzabile da varie specie. Ma se a poche centinaia di metri al di sotto di quelle dighe c’è un ponte, una strada, o peggio un paese, la questione cambia radicalmente: per questo in alcuni contesti è necessario intervenire.

 

Un vecchio motto forestale, nato proprio negli anni della legge del 1923, recitava che: “La pianura si difende da monte”. Oggi, di fronte all’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi a causa della crisi climatica, questa frase risulta più attuale che mai.

 

Il video-documentario:

 

 

Articolo realizzato in collaborazione con la Rivista Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi

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