Il febbraio più caldo mai registrato per Alpi e Appennini
Il finto inverno che si avvia alla conclusione è ufficialmente il più caldo della storia, non solo a livello globale ma anche (e soprattutto) per le nostre montagne
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
L’assegnazione del titolo di “più caldo mai registrato” al febbraio appena concluso da parte di Copernicus, il centro europeo dedicato allo studio del cambiamento climatico, ha probabilmente determinato poco stupore. Il febbraio 2024 è stato il più caldo registrato a livello globale, con una temperatura media dell'aria superficiale 0.81°C al di sopra della media 1991-2020 per il mese di febbraio e soprattutto 1.77°C più elevata rispetto alla stima della media di febbraio per il periodo 1850-1900, il periodo di riferimento preindustriale.
Allargando leggermente lo sguardo e considerando marzo insieme agli 11 mesi che l’hanno preceduto, Copernicus ha rilevato che la temperatura media globale tra marzo 2023 e febbraio 2024 sia stata la più alta di sempre e ben 1.56°C più alta rispetto al periodo pre-industriale. Questo, in termini più semplici, vuol dire che nell’ultimo anno abbiamo superato abbondantemente il noto limite di un grado e mezzo di surriscaldamento.
C’è chi riesce a cogliere immediatamente la gravità di queste parole, chi invece (forse per difesa personale) non si sente personalmente toccato da dati che riguardano medie fatte sull’intero pianeta. Cerchiamo allora di fare un’operazione di ingrandimento, passando dal globale al nazionale e finendo a considerare le aree montane italiane.
Anche considerando la sola penisola italiana l’ultimo febbraio è stato il più caldo della storia, come confermano i dati dell’ISAC-CNR. Guardando alle elaborazioni grafiche dell’istituto, scopriamo che i numeri, in questo caso, sono ancora più spaventosi: la temperatura media di Febbraio, in Italia, è stata di 3.09°C superiore al periodo di riferimento 1991-2020 (e, notate, qui stiamo parlando di un periodo di riferimento molto più vicino rispetto all’era pre-industriale). Così come quello globale, forse anche questo dato non desterà grande stupore, visto che lo scorso mese ci hanno fatti sentire in piena primavera più che in pieno inverno.
Continuiamo allora la nostra operazione di zoom, per concentrarci sulle aree montane e facciamolo con due casi esemplificativi del territorio appenninico, gli Appennini toscani e abruzzesi, e del territorio alpino, il Trentino.
Il Lamma, Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale per lo sviluppo sostenibile della regione Toscana, ha certificato l’inverno del 2023-2024 il più caldo degli ultimi settant'anni per l’Abetone. In particolare, il trend positivo delle temperature medie è iniziato a risultare sempre più accentuato a partire dagli anni 2000, ma precedentemente le anomalie termiche erano minori e meno usuali rispetto agli ultimi anni. Le temperature del corrente “inverno” si attestano ben 3.3°C al di sopra delle medie stagionali del trentennio 1991-2020 e addirittura 3.7°C se considerate invece rispetto al periodo 1981-2010. Dati molto simili, e addirittura peggiori, sono stati condivisi dal Cetemps, Centro di Eccellenza dell’Università dell’Aquila in Telerilevamento e Modellistica previsionale di eventi severi. Infatti, la temperatura del secondo mese del nuovo anno si è attestata ad un +4°C rispetto alle medie di riferimento sul periodo 1991-2020.
Nell’arco alpino le cose non vanno meglio, come dimostrano, ad esempio, i dati appena pubblicati da MeteoTrentino. Nell’intera provincia, la temperatura media mensile di febbraio è stata di 8.3 °C , la più alta mai registrata in tutta la serie storica (che parte dal 1921!). La temperatura massima, pari a 18.1°C è stata toccata il 19 febbraio, ed è di ben 3°C superiore alla media delle massime.
Una stagione, quella del finto inverno 2023-2024, che si sta concludendo con delle apprezzate e attese nevicate grazie al passaggio di due perturbazioni che hanno coinvolto l’intera penisola, ma che non ci devono far abbassare la guardia. Infatti, il monitoraggio delle temperature va di pari passo con quello delle risorse idriche, e anche su questo fronte l’assenza di un vero inverno si sta facendo sentire, come emerge dall’ultimo report settimanale dell’Osservatorio dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi) sulle risorse idriche.
Le precipitazioni dell'ultima decade di febbraio sono riuscite, solo al Nord, a stabilizzare un bilancio idrico negativo, soprattutto a causa della rapida fusione del già scarso manto nevoso, dovuto alle alte temperature. Questo ha permesso il riempimento dei bacini settentrionali ma, allo stesso tempo, sta costringendo al rilascio di enormi quantità d'acqua, che vanno inevitabilmente disperse, come succede ai laghi Maggiore e Benaco, costretti a far defluire il massimo delle portate.
In Piemonte, gli ultimi 10 giorni di Febbraio hanno portato 158 millimetri di pioggia e la neve è caduta abbondante anche sui rilievi Sud-Occidentali, che per tutto l'inverno erano rimasti quasi totalmente brulli, migliorando la situazione delle acque sotterranee e aumentando le portate di molti fiumi, che sono ora nettamente superiori alla media del periodo (fonte: ARPA Piemonte). Anche nelle Alpi liguri è tornata la neve sulle Alpi (49 centimetri a Triora) e in Lombardia le riserve idriche sono tornate in linea con i valori normali, anche se persiste un deficit nivale significativo in diversi bacini. In Veneto, grazie alle perturbazioni di fine mese, la cumulata di pioggia mensile è aumentata del +192% con picchi che hanno portato al rischio alluvione nel vicentino. Le recenti nevicate sono riuscite a colmare il deficit nivale sulle Prealpi, mentre sulle Dolomiti ora è superiore alla media.
Al Sud, invece, le precipitazioni di questi giorni non sono state sufficienti a ripianare il grave deficit idrico determinato da oltre 7 mesi di siccità. A differenza delle Alpi, sull'Appennino continua a scarseggiare la neve e sulla cima dell'Amiata, così come in Garfagnana, ci sono solamente 8 centimetri di coltre. Le precipitazioni dell’ultima settimana hanno bagnato anche le Marche e sui monti Sibillini, sopra i 2000 metri, sono presenti 63 centimetri di neve (monte Bove). Condizioni molto simili si osservano anche nell’Appennino laziale, dove mancano circa 50 centimetri (monte Terminillo e Campo Catino) di manto nevoso rispetto all’anno scorso, e abruzzese, che ha recentemente visto le sue cime più alte imbiancarsi.