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Ambiente

"I migratori più spettacolari di tutti". I valichi montani sono importanti luoghi di passaggio non solo per l'uomo, ma anche per gli animali

Storicamente i valichi montani sono stati crocevia di uomini, merci e culture. Oggi questo ruolo non è più lo stesso, ma se cambiamo prospettiva e guardiamo al mondo naturale, essi diventano fondamentali per il passaggio di molte specie animali, che li utilizzano durante le migrazioni e consentono loro non solo di raggiungere i quartieri di svernamento o di riproduzione, ma di realizzare numerose altre funzioni importanti per gli ecosistemi

di
Chiara Bettega
07 settembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

I valichi montani sono da sempre luoghi di passaggio per l’uomo, brecce nelle barriere di roccia, corsie obbligate che mettevano in comunicazione tra loro le vallate, consentendo scambi di materiale di varia natura - non solo cibo e merci ma anche culture, lingue e, ahimè, pure cannoni e soldati. Attraverso i valichi montani si è fatta la storia e la si è trasportata, da una parte all’altra.

Oggi, la storia la si fa altrove e sulle nostre montagne i valichi sono divenuti per lo più luoghi di transito turistico, da cui godere della vista di cosa c’è “di là e li qua”.

Tuttavia, se abbandoniamo la prospettiva antropica e ci immergiamo nel mondo naturale, questi punti di incanalamento dei flussi umani possono tornare a rivestire quel ruolo di connettori fondamentali.

 

Nella nostra epoca i maestosi fenomeni della natura possono ancora essere ammirati, ma raramente con quel gusto in più, permesso agli antichi, di scoprire. Queste cose sono state viste prima, e le aggiunte alla conoscenza provengono oggi da coloro che enumerano l’ordinario nel loro giardino. Una volta nella vita forse, l'ecologista viene ritrasformato in un naturalista, grazie alla possibilità di imbattersi in uno spettacolo che unisce la grandezza alla novità. Questa fu la nostra fortuna al Passo di Gavarnie il 13 ottobre 1950”.

Così iniziava un articolo pubblicato nel 1951 sulla rivista Journal of Animal Ecology, firmato dagli ornitologi e coniugi britannici Elisabeth e David Lack. Un incipit che oggi considereremmo insolito per un articolo scientifico, ma non infrequente all’epoca e che ben rappresenta quello che i due studiosi sperimentarono.

 

Il 13 ottobre 1950 Elisabeth e David salgono al Passo di Gavarnie (o Passo di Bujaruelo), un valico dei Pirenei situato a 2273 m sul confine tra Francia e Spagna. Nel versante francese, dal paese occitano di Gavarnie l’omonima valle si insinua per qualche chilometro verso sud, terminando in uno spettacolare circo glaciale circondato da pareti di oltre 500 metri, dalle quali numerose cascate si gettano a picco. Circa a metà strada tra Gavarnie e il circo glaciale, la Valle di Pouey d’Aspé si dirama verso sud-ovest, culminando proprio nello stretto Passo largo solo una trentina di metri, protagonista di quello spettacolo che unisce la grandezza alla novità.

 

I due ricercatori vi si recano con l’obiettivo di osservare e documentare la migrazione autunnale degli uccelli, risaputi utilizzatori dei valichi montani durante il loro viaggio stagionale; finiranno col documentare un evento eccezionale e fino allora inedito per le catene montuose: la migrazione di un numero impressionante di insetti, i migratori più straordinari di tutti, come li definiranno. Il loro articolo documenterà le specie di uccelli e insetti rilevate in quella giornata d’autunno, riuscendo solo a stimare il numero complessivo di invertebrati osservati. Nonostante l’eccezionale scoperta, che alimenterà la curiosità di diversi ricercatori nel triennio a seguire, il Passo di Gavarnie/Bujaruelo rimarrà ben poco studiato fino al nuovo secolo.

 

Settant’anni dopo infatti, un gruppo di ricercatori dell’Università di Exeter (UK) sale al Passo, questa volta con la precisa intenzione di quantificare in maniera sistematica, attraverso conteggi visuali, apposite videocamere e trappole, la migrazione giornaliera di insetti attraverso il valico da settembre ad ottobre. Iniziano nel 2018 e ripeteranno i conteggi per altri 3 anni. Lo studio, pubblicato lo scorso mese di giugno, rivela cifre impressionanti: una media di 17 milioni di insetti migratori si muovono ogni anno attraverso il Passo, provenienti dalle aree interne d’Europa e della Gran Bretagna e diretti a sud nella penisola iberica o addirittura fino all’Africa subsahariana. I video realizzati mostrano picchi di 3500 insetti al minuto per metro lineare, il che significa circa 105.000 individui se si considera l’intera ampiezza del Passo.

Durante il loro viaggio attraverso l’Europa, questi insetti utilizzano il sole per orientarsi e i venti come propulsore e quando raggiungono la barriera dei Pirenei si incanalano attraverso le valli più strette, quasi dei passaggi obbligati verso i passi. Un viaggio che può superare i 1000 chilometri, assolutamente comparabile con la ben più studiata migrazione degli uccelli, che già ci meraviglia quando pensiamo alla manciata di grammi di qualche Passeriforme migratore. Per le minuscole creature che sono gli insetti, possiamo davvero definirli i migratori più straordinari.

 

 

Video realizzato dalla videocamera installata dai ricercatori dello studio, che mostra la migrazione di insetti nel Passo di Gavarnie/Bujaruelo nell’autunno del 2021. Wotton, Karl R.; Hawkes, Will L. (2023). figshare. Media. https://doi.org/10.6084/m9.figshare.24755181.v1

 

 

Oltre a contare, i ricercatori di Exeter si sono preoccupati anche di identificare le specie che migrano attraverso il valico. Il 90% dei migratori è rappresentato da Ditteri, ovvero quelle che comunemente chiamiamo mosche, ma che comprendono una grande varietà di specie, mentre meno del 2% è rappresentato da farfalle e libellule, nonostante esse siano tra gli insetti migratori più conosciuti. L’aspetto davvero importante è che quasi il 90% degli insetti censiti sono impollinatori; migrando, essi trasportano il polline a grandi distanze, “collegando” tra loro popolazioni di piante lontane e isolate e così facendo ne favoriscono la diversità genetica e ne migliorano la salute. Il 36% delle specie rilevate è costituito da parassiti di colture, mentre il 20% è dato da specie antagoniste, quindi fondamentali per il comparto agroalimentare. Infine, poco più di un terzo delle specie gioca un ruolo importante nella decomposizione della sostanza organica, contribuendo a ridurre l’impatto dell’acidificazione e dell’eutrofizzazione (l’eccessivo accumulo di nutrienti) dei suoli. Tutti questi insetti sono infine vettori di nutrienti, in quanto il loro corpo contiene fosforo e azoto; quando muoiono, queste sostanze si depositano nel suolo, nutrendolo e fertilizzandolo. I ricercatori considerano che il movimento di insetti migratori sia il maggiore flusso di nutrienti terrestre, forse ancora più grande di quello trasportato negli ecosistemi marini.

 

 

Valichi come il Passo di Gavarnie/Bujaruelo sono chiamati “colli di bottiglia” della migrazione degli insetti, in quanto la topografia del territorio e quindi le correnti che si creano li costringono non solo ad un passaggio obbligato, ma ad un volo quasi radente, rendendone possibile il conteggio. Colli di bottiglia come il valico franco-iberico si trovano anche nell’Europa centrale; i più studiati in tal senso sono la stazione di ricerca di Randecker Maar nelle Alpi sveve (Germania) e il Col de Bretolet nelle Alpi svizzere.

 

Ciò che vediamo oggi può però essere molto meno di quello che sperimentarono i coniugi Lack nel 1950. Uno studio recente realizzato proprio nel collo di bottiglia tedesco ha rilevato che dagli anni ’70 ad oggi il numero di specie di insetti che si nutrono di afidi - quindi fondamentali regolatori di parassiti di molte piante coltivate - è diminuito del 97% a causa della frammentazione degli habitat, dell’uso di pesticidi e del cambiamento climatico.

 

Per quanto tempo ancora i valichi montani vedranno transitare la vita?

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