"I fiumi alpini tesoro di biodiversità e patrimonio storico": Stefano Fenoglio racconta le attività del centro per lo studio dei fiumi alpini "Alpstream"
Tra le realtà che hanno trovato a Ostana lo spazio in cui svilupparsi c'è anche il Centro per lo studio dei fiumi alpini, Alpstream, che dal 2019 impegna un team interdisciplinare nello studio e la divulgazione di "un patrimonio unico, irripetibile e indispensabile ma anche estremamente fragile". Lo racconta Stefano Fenoglio, docente dell'Università di Torino
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Una delle realtà che ha trovato nel paese di Ostana uno spazio in cui stabilirsi e fiorire è Alpstream, il Centro per lo studio dei fiumi alpini, che costituiscono “un patrimonio unico, irripetibile e indispensabile ma anche estremamente fragile, che si regge su un delicato equilibrio di processi biotici e abiotici, molti dei quali messi a rischio dai cambiamenti climatici in atto e dall’impatto delle attività umane”.
Per raccontare questo progetto abbiamo intervistato Stefano Fenoglio, docente ordinario dell'Università di Torino, e autore del libro “Uomini e fiumi, storia di un'amicizia finita male” edito da Rizzoli.
“Nel 2019 è nata l'idea di unire persone che lavoravano in diversi campi accomunate dal medesimo interesse e oggetto di ricerca che sono i fiumi, e in particolare i fiumi alpini - racconta Fenoglio - e grazie al supporto del Parco del Monviso abbiamo partecipato a un bando Interreg italo-francese mirato a finanziare proprio dei centri di ricerca e abbiamo presentato l’idea di un centro di ricerca focalizzato sui fiumi alpini”. Come racconta il professore, la scelta è ricaduta su Ostana per diversi motivi, dalla location strategica, facile da raggiungere da Torino, al comune che è molto attivo e accogliente.
“Il centro di ricerca è mirato allo studio dei fiumi alpini perché i fiumi alpini da un lato sono un tesoro di biodiversità, infatti ospitano ancora una situazione ambientale spesso nettamente migliore rispetto ai fiumi di pianura, da sempre più antropizzati e inquinati, dall'altro costituiscono anche un patrimonio storico importantissimo perché la vita sulle Alpi così come noi l'abbiamo conosciuta è stata possibile proprio grazie alla alla gestione oculata dei fiumi. Basti pensare a mulini, sistemi di irrigazione: i nostri vecchi per secoli si sono rivolti alle acque dei fiumi per poter vivere in un ambiente così severo come quello alpino”.
Fenoglio sottolinea come attualmente la nostra pressione ambientale su questi ambienti sia cresciuta molto: dalla capillare diffusione all'idroelettrico alla eccessiva alterazione e cementificazione degli alvei. In generale, “quel rapporto plurisecolare tra l'uomo e i fiumi nelle nostre Alpi è venuto meno perché l'uomo, essenzialmente, ha abbandonato questi territori per cui non possiamo più contare su quella manutenzione, quella cura, quella gestione quotidiana dei sistemi fluviali, in tempi più recenti siamo stati più approssimativi, abbiamo canalizzato, alterato gli alvei senza poi fare la necessaria manutenzione e quindi c'è una serie di problemi di corretta gestione a cui si somma il cambiamento climatico che colpisce le Alpi più di altri territori”.
I fiumi, infatti, sono delle ottime sentinelle del cambiamento climatico in atto: “Se non piove più, se non nevica più, se le temperature si alzano, i primi che vanno in sofferenza sono gli ambienti acquatici”.
Di conseguenza, ci troviamo ad avere “da un lato delle sfide che agiscono a livello locale, come una corretta gestione dei fiumi e dall'altro sfide che agiscono a livello globale, come il cambiamento climatico”. Sono proprio queste le sfide che hanno portato alla creazione di un gruppo di lavoro che coinvolge diverse realtà, volutamente interdisciplinare, in cui naturalisti, biologi e ingegneri lavorano insieme su questi temi.
La prima missione è quella della ricerca: conoscere meglio i nostri sistemi fluviali ci permette di tutelarsi perché "si riesce a proteggere solo quello che si conosce". Racconta Fenoglio: "Facciamo attività di ricerca sugli ecosistemi fluviali, dalle alghe, agli invertebrati, ai pesci per analizzare la biodiversità di questi ambienti e ciò che la minaccia, e soprattutto per studiare metodologie per tutelarla".
Nel centro c'è anche un sistema di fiumi artificiali che hanno permesso di entrare in una rete di centri di ricerca che studiamo i mesocosmi, che sono qualcosa a metà fra il laboratorio e la natura. “Non puoi portare un fiume in un laboratorio, allora quello che fai è portare il laboratorio sul fiume”. Fenoglio racconta come all'interno del progetto abbiano “ricreato, grazie alla collaborazione con il Politecnico di Torino, sei fiumi artificiali vicini al Po. Questo ci permette di simulare e studiare cosa succede se si verifica un'alluvione o una serie di alluvioni o una secca ripetuta: come rispondono gli organismi, i batteri, le alghe, gli invertebrati a questi episodi”. Inoltre, Alpstream è così entrato a far parte di una "rete in cui ci sono centri di ricerca di tutta Europa che hanno dei laghi artificiali, degli estuari artificiali" e alla quale il centro di Ostana contribuisce con "il fiume alpino artificiale", che attira numerose collaborazioni, infatti racconta Fenoglio: "Faremo degli esperimenti con l'Università di Pisa, abbiamo avuto dei ricercatori arrivati dalla Germania".
E se una prima grande missione è fare ricerca, conoscere meglio i fiumi, chi li vive, conoscere meglio le interazioni con il contesto. La seconda missione quella della didattica: “Vogliamo formare i nuovi professionisti sul campo, postiamo i giovani studiosi sul campo con delle summer school, con dei corsi in cui è prevista una parte sul campo”.
Infine, ci dedichiamo con grande cura alla divulgazione, dalle scuole alle Università: “Parlare di fiumi è importante perchè noi siamo una specie che deve tantissimo alle loro acque, basti pensare all'agricoltura, l'idroelettrico, la biodiversità, l'innevamento artificiale”. Tra le varie modalità scelte per questo racconto, il progetto Alpstream è anche diventato un cortometraggio dal titolo "I fiumi non cantano più", che è stato presentato al Festival Cinema Ambiente.